Cosa accadde agli ebrei che vennero deportati ad Auschwitz ma che non furono lì registrati?
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COSA ACCADDE AGLI EBREI CHE VENNERO DEPORTATI AD AUSCHWITZ MA CHE NON FURONO LI’ REGISTRATI? [1]
Conferenza Di Jurgen Graf (2000)
Introduzione
Secondo la versione ufficiale o standard della storia del 20° secolo, milioni di ebrei europei vennero assassinati in camere a gas ad Auschwitz e in altri campi d’epoca durante la seconda guerra mondiale. Questo sterminio venne presuntamente effettuato come parte di una politica sistematica da parte del Terzo Reich per sterminare gli ebrei d’Europa.
A sostegno di questo giudizio, gli storici ortodossi dell’”Olocausto” non citano nulla oltre a testimonianze “oculari”—testimonianze che si contraddicono l’una con l’altra in ogni modo possibile, e che sono piene di impossibilità tecniche, scientifico-naturali, e logiche.[2]
Prove fattuali o documentarie di una politica tedesca per sterminare gli ebrei europei, o dell’esistenza di camere a gas omicide, semplicemente non esistono. Al contrario, l’enorme quantità di documenti tedeschi dell’epoca non solo non fornisce prove dell’esistenza di una politica di sterminio, ma indica il contrario. Per citare solo un esempio: vi sono negli archivi del Museo di Stato di Auschwitz in Polonia documenti tedeschi che mostrano che 15.706 detenuti, quasi tutti ebrei, ricevettero cure mediche nell’ospedale di Auschwitz III (Monowitz) tra il Luglio del 1942 e il Giugno del 1944. Di questi prigionieri, 766 morirono nell’ospedale, mentre il resto venne dimesso. [3] Questo fatto semplicemente non quadra con una politica di sterminio.
I sopralluoghi effettuati dai revisionisti mostrano che i resoconti dei “testimoni oculari” dello sterminio, come pure della presunta sistemazione dei cadaveri, sono impossibili. Queste indagini tecnico-scientifiche hanno stabilito anche che le presunte “camere a gas” non furono costruite per scopi criminali e, per ragioni tecnico-strutturali, non avrebbero potuto essere utilizzate come camere a gas omicide. Inoltre, le possibilità dei crematori erano terribilmente inadeguate per cremare il gran numero di cadaveri delle presunte vittime.[4]
Quelli che difendono la storia dell’”Olocausto” riferita allo sterminio degli ebrei nelle camere a gas non dispongono di risposte coerenti ai risultati delle indagini dei revisionisti. In particolare, essi non hanno risposta per le scoperte materiali degli esperti revisionisti. Tra gli “sterminazionisti”, solo il ricercatore francese Jean-Claude Pressac ha cercato di provare sistematicamente che gli stermini nelle camere a gas, come pure la cremazione del numero presunto di cadaveri, fossero tecnicamente possibili.[5]I suoi argomenti sono stati confutati in grande dettaglio da Robert Faurisson e Carlo Mattogno.[6] Chiunque può confrontare da solo gli argomenti e le prove presentati da entrambi i versanti della controversia. Tale confronto parla da solo.
Nelle discussioni con scettici e avversari, i revisionisti sono immancabilmente messi di fronte alla questione: “Se non furono uccisi, cosa è successo agli ebrei mancanti?” Questa questione merita seria considerazione. Noi revisionisti non ci dovremmo accontentare di confutare semplicemente la storia ufficiale dell’”Olocausto”; noi dovremmo anche tentare di spiegare, il più chiaramente possibile, quello che accadde veramente. Naturalmente questo implica la questione di dove siano finiti gli ebrei mancanti.
In questa relazione, affronterò il problema del destino degli ebrei che vennero deportati ad Auschwitz ma non furono lì registrati. Per cominciare voglio dire che nessuno può fornire una risposta completa a questo problema. Se noi avessimo i documenti che potrebbero chiarire questa questione, la mia relazione sarebbe superflua. Come talvolta accade, i documenti su questo aspetto della storia del campo sono molto lacunosi e incompleti. Per il momento siamo perciò obbligati ad avvalerci, per la maggior parte, di ipotesi, e ad indicare i compiti che i revisionisti dovranno probabilmente affrontare in futuro.
La prima fase “distruttiva” del lavoro dei revisionisti—la confutazione della storia ufficiale dell’”Olocausto” – è ampiamente dietro di noi. E’ venuto il momento di concentrarsi sulla seconda, e più difficile, fase “costruttiva”, che consiste nel fornire un quadro più completo del reale destino degli ebrei europei durante la seconda guerra mondiale. Sebbene autori quali Arthur Butz, Walter Sanning, Steffen Werner, Enrique Aynat e Jean-Marie Boisdefeu abbiano già realizzato qualche lavoro pionieristico, questa seconda fase della ricerca revisionista è ancora ai suoi inizi.
- Un resoconto “ufficiale” del numero di ebrei deportati ad Auschwitz
Poco dopo la presa del campo di Auschwitz da parte dell’Armata Rossa, nel Gennaio del 1945, i sovietici dissero al mondo che quattro milioni di persone erano morte lì.[7]Sebbene questa cifra assurda sia stata largamente citata in Occidente, e venisse ufficialmente difesa in Polonia sino al 1990, pochi storici occidentali la accettarono. Poi, nel 1993, il capo-reparto della ricerca storica del Museo di Stato di Auschwitz, Franciszek Piper, presentò nuovi calcoli del numero delle vittime di Auschwitz, cifre che rappresentano una drastica riduzione delle cifre “ufficiali”.[8] La pubblicazione di Piper del 1993 sul numero delle vittime dei Auschwitz è lo studio più attentamente ponderato su questa questione presentato finora da uno storico “ortodosso”. In contrasto con storici come Raul Hilberg, che non ritengono necessario fornire prove o fonti per i propri numeri,[9] Piper ha spiegato con qualche dettaglio come è arrivato alle sue cifre.
Piper ha scritto che vennero portate ad Auschwitz complessivamente un milione e 300.000 persone, delle quali vennero registrate solo 400.000. Tra coloro che furono deportati c’erano un milione e 95.000 ebrei, dei quali 205.000 vennero registrati e 890.000 non furono registrati. Secondo Piper, dei 400.000 detenuti registrati, ebrei e non ebrei, 200.000 sopravvissero all’internamento nel campo—vale a dire, la metà. Similmente, egli valuta, circa metà dei prigionieri ebrei registrati—vale a dire, circa 100.000 – sopravvissero all’internamento ad Auschwitz. Poiché si presume che quasi tutti gli ebrei non registrati siano stati gassati nelle camere a gas, Piper conclude che “almeno un milione e 100.000 persone furono uccise o morirono nel campo.”[10]
Il ricercatore dell’Olocausto Jean-Claude Pressac ha fornito delle stime delle vittime di Auschwitz che sono significativamente più basse di quelle di Piper. Nell’edizione tedesca del 1994 del suo secondo libro, Pressac valuta il numero totale delle vittime di Auschwitz tra le 631.000 e le 711.000 unità.[11] E’ però interessante notare che a Pressac non è stato permesso di citare queste cifre in una importante antologia semi-ufficiale, Anatomy of the Auschwitz Death Camp, una raccolta di due dozzine di saggi scritti da Pressac e vari storici “ortodossi” dell’Olocausto.[12] Considerando queste circostanze, si può concludere che le valutazioni di Piper riflettono la storiografia corrente “ufficiale”.
Le valutazioni di Piper del numero dei detenuti registrati ad Auschwitz (sia ebrei che non ebrei), sono ben fondate. Riguardo al numero dei deceduti tra questi detenuti, tuttavia, i ricercatori revisionisti Carlo Mattogno e Franco Deana arrivano ad una cifra più bassa. Nel 1994 essi hanno valutato il numero totale dei prigionieri registrati—sia ebrei che non ebrei—che morirono ad Auschwitz, in una cifra valutabile dai 160.000 ai 170.000 individui.[13] (Mattogno, il principale specialista revisionista di Auschwitz, sta lavorando attualmente ad uno studio dettagliato sul tasso di mortalità del campo nel quale egli ha leggermente ridotto le proprie cifre del 1994.)
Riguardo al numero delle vittime tra i prigionieri registrati ad Auschwitz, il principale esperto “sterminazionista” (Piper) e lo specialista revisionista meglio informato (Mattogno) giungono così a delle cifre che, se differiscono dalle 30.000 alle 40.000 unità, coincidono essenzialmente quanto all’ordine di grandezza. Tuttavia, la situazione è radicalmente differente quanto ai prigionieri non registrati. Piper sostiene che, oltre agli 890.000 ebrei non registrati ad Auschwitz, ci fossero anche approssimativamente 15.000 non ebrei non registrati presenti nel campo.
Per la maggior parte dei paesi europei di provenienza, i documenti tedeschi dell’epoca di guerra mostrano abbastanza chiaramente quanti ebrei furono deportati ad Auschwitz. Noi sappiamo, ad esempio, che più di 75.000 ebrei furono deportati dalla Francia, dei quali 69.000 vennero inviati ad Auschwitz. [14] Similmente una documentazione attendibile mostra quanti ebrei vennero deportati ad Auschwitz dalla maggior parte degli stati europei di provenienza. Per questi paesi, le cifre di Piper possono difficilmente essere contestate. Non così chiare, tuttavia, sono le sue valutazioni del numero di deportati dai due paesi da cui, di gran lunga, il numero più grande di ebrei arrivò—e cioè Ungheria e Polonia.
I telegrammi spediti a Berlino nel 1944 dall’ambasciatore aggiunto tedesco a Budapest, Edmund Veesenmayer,[15] pongono il numero degli ebrei ungheresi deportati a 437.000. Nella sua classica opera revisionista The Hoax of the Twentieth Century, Arthur Butz sostiene che almeno alcuni dei dispacci di Veesenmayer sono contraffazioni, e che il numero reale degli ebrei deportati dall’Ungheria è molto più basso—solo una frazione di quello che è stato affermato.[16] Mi soffermerò su questo argomento più in dettaglio più avanti, ma a questo punto dirò semplicemente che la tesi di Butz, che ho appoggiato nel mio libro Der Holocaust Schwindel,[17] è probabilmente non valida. Personalmente accetto ora il numero di 437.000 ebrei ungheresi deportati come un’ipotesi di lavoro.
Piper valuta il numero degli ebrei polacchi deportati ad Auschwitz a 300.000, una cifra che è certamente troppo alta. A supporto di ciò, egli si rimette al Kalendarium, un importante opera polacca, semi-ufficiale, su Auschwitz compilata da Danuta Czech.[18] Piper pone il numero dei deportati dalla Polonia a 225.000, e aggiunge a questi dai 55.000 ai 65.000 ebrei deportati da Lodz ad Auschwitz che non sono stati considerati dalla Czech. Piper perciò conclude che un totale compreso tra i 280.000 e i 290.000 ebrei polacchi vennero deportati ad Auschwitz, una cifra che egli arrotonda a 300.000. Ma in realtà la cifra del Kalendarium dei 225.000 deportati deve essere ridotta di almeno 43.000 unità, perché circa 30.000 ebrei arrivarono ad Auschwitz da campi polacchi di lavoro, e sono stati così contati due volte. Altri 13.000 ebrei polacchi che vennero presuntamente deportati ad Auschwitz in automobili chiuse ermeticamente e condotti alle camere a gas senza selezione, esistono soltanto nei racconti dei “testimoni oculari”; essi sono, per così dire, “persone non esistenti”, come scriverebbe George Orwell. E infine, il numero degli ebrei portati da Lodz ad Auschwitz fu non più di circa 20.000 unità. Per queste ragioni, la cifra dei 300.000 ebrei polacchi (presuntamente) trasportati ad Auschwitz è largamente gonfiata, e deve essere ridotta di circa 100.000 unità.
Per riassumere: secondo Franciszek Piper, 1.1 milioni di ebrei vennero deportati ad Auschwitz—di cui 300.000 erano ebrei polacchi. Da quest’ultima cifra noi sottraiamo 100.000 unità mentre, nello stesso tempo, accettiamo le sue cifre per tutti gli altri paesi, Ungheria inclusa (almeno provvisoriamente), e arriviamo, perciò, a circa un milione di ebrei deportati nel più grande dei campi di concentramento tedeschi. Di questo milione, 200.000 vennero registrati. Secondo Piper, metà di loro sopravvissero al campo, mentre Mattogno e Deana arrivano ad una percentuale più alta di sopravvissuti. Perciò, arriviamo a qualcosa come 800.000 ebrei che giunsero ad Auschwitz ma non furono registrati lì (almeno secondo i registri del campo). Secondo la storiografia ufficiale, praticamente tutti questi ebrei non registrati vennero gassati ad Auschwitz. Secondo i telegrammi di Veesenmayer del 1944 spediti da Budapest a Berlino, più della metà di questi 800.000, vale a dire 410.000, giunsero ad Auschwitz dall’Ungheria, dei quali solo 28.000 furono registrati nel campo.
Ritornerò sulla questione degli ebrei ungheresi nella parte finale di questa relazione, ma per ora mi soffermerò sul destino degli ebrei non registrati degli altri paesi.
- I prigionieri ebrei non registrati di provenienza non ungherese
E’ risaputo che molti documenti tedeschi dell’epoca di guerra parlano di “evacuazione” (“evakuierung”) o di espulsione (“abschiebung”) degli ebrei. Un buon esempio è il memorandum del 21 Agosto 1942 di Martin Luther, un funzionario di alto rango (Unterstaatssekretar) del Ministero degli Esteri (e che rappresentò il Ministero alla Conferenza di Wansee del 1942). Riferendosi ad una decisione di Hitler di due anni prima di allontanare gli ebrei dall’Europa, Luther scrisse:[19]
“Il principio della politica ebraica da parte del governo tedesco dopo la presa del potere [nazionalsocialista] è stato di promuovere l’emigrazione ebraica con tutti i mezzi…Questa guerra dà alla Germania l’opportunità e anche il dovere di risolvere la questione ebraica in Europa…L’evacuazione [Evakuierung] degli ebrei dalla Germania ebbe inizio sulla base della direttiva del Fuhrer summenzionata [Fuhrerweisung]. E’ stato logico includere immediatamente i cittadini ebrei dei paesi che avevano parimenti adottato misure anti-ebraiche… Il numero degli ebrei deportati [abgeschobenen] in questo modo ad Est non sarà sufficiente a coprire lì il bisogno di manodopera.”
Gli storici che sostengono che “evacuazione” e “risistemazione” sono termini di camuffamento sinistro per “sterminio”, avranno qualche difficoltà a spiegare l’osservazione nel memorandum di Luther che “il numero degli ebrei deportati in questo modo ad Est non sarà sufficiente a coprire lì il bisogno di manodopera.”
Persino più problematica per gli storici dell’Olocausto, forse, è la deportazione di un numero considerevole di ebrei da paesi europei occidentali nei territori sovietici occupati (in particolare nelle terre baltiche e in Bielorussia). Le deportazioni di ebrei tedeschi e cechi a Riga (Lettonia) e Minsk (Bielorussia) sono state trattate in dettaglio da Raul Hilberg, che ha anche sottolineato nel suo studio in tre volumi l’importanza economica dei prigionieri ebrei che lavoravano in quei territori. Egli scrive, ad esempio, di una “domanda su vasta scala di lavoratori ebrei”, e che a Riga ebrei tedeschi e lettoni lavoravano per le SS, l’esercito, la marina, l’aeronautica, le ferrovie, e in ditte commerciali.[20]
Degli ebrei vennero deportati dalla Germania a Riga nel Dicembre del 1941. Nello stesso mese, secondo la storiografia ortodossa, venne aperto il primo cosiddetto “campo di sterminio” a Chelmno, e nel Marzo del 1942, divenne presuntamente operativo un secondo “campo di sterminio” a Belzec. Dato che un campo non appare di notte, la decisione di costruire Chelmno e Belzec deve essere stata presa qualche tempo prima. Nell’opinione di Hilberg, tutto rimanda ad una decisione che sarebbe stata presa da Hitler prima della fine dell’Estate del 1941, di sterminare gli ebrei, vale a dire, almeno due mesi prima della deportazione degli ebrei tedeschi a Riga e a Minsk.[21] Se così è stato, perché allora degli ebrei che erano presuntamente destinati allo sterminio vennero deportati nelle lontane Riga e Minsk piuttosto che nei molto più vicini “campi di sterminio” di Chelmno e Belzec? L’argomento che essi furono temporaneamente risparmiati perché c’era bisogno di loro come lavoratori nei territori sovietici occupati semplicemente non regge. Come Hilberg riferisce, molti di questi deportati erano “mutilati, invalidi di guerra, e persone sopra i 70 anni di età”[22] assolutamente inabili al lavoro. Tali persone avrebbero dovuto “logicamente” essere condotte nei “campi di sterminio” (se fossero esistiti).
Nell’Ottobre del 1942 il principale settimanale della comunità ebraica svizzera, l’ Israelitisches Wochenblatt fur die Schweiz, riportava:[23]
“Per qualche tempo c’è stata la tendenza a disfare i ghetti in Polonia. Questo è stato il caso di Lublino, e ora seguirà Varsavia. Non si sa fino a che punto questo piano è stato già realizzato. Gli ex abitanti dei ghetti stanno andando molto più ad Est, nei territori russi occupati. Essi sono stati parzialmente rimpiazzati da ebrei provenienti dalla Germania…Un testimone oculare, che è stato a Riga fino a poco tempo fa ed è riuscito a fuggire, riferisce che ci sono ancora 32.000 ebrei nel ghetto di Riga. Dall’inizio dell’occupazione, sono morti migliaia di ebrei. Gli ebrei si devono riunire la mattina per effettuare lavori forzati fuori della città…Recentemente, a Riga, sono stati notati trasporti di ebrei dal Belgio e da altri paesi europei occidentali, che, tuttavia hanno proseguito oltre, per destinazioni sconosciute.”
La letteratura ufficiale dell’”Olocausto” è silenziosa riguardo al trasporto di ebrei polacchi nei territori sovietici occupati. Si ritiene che gli ebrei polacchi evacuati dai ghetti siano stati gassati nei “campi di sterminio”. Né c’è alcuna menzione nella letteratura ufficiale della deportazione di ebrei del Belgio a Riga. Secondo l’Enciclopedia dell’Olocausto, ad esempio, “di gran lunga la maggior parte dei deportati [dal Belgio] perì ad Auschwitz; qualche piccolo gruppo venne anche inviato a Buchenwald, Ravensbruck e Bergen Belsen.”[24] Come abbiamo visto, l’Israelitisches Wochenblatt menziona anche nell’Ottobre del 1942 trasporti di ebrei da altri paesi europei occidentali a Riga, da dove essi proseguivano per destinazione sconosciuta. Secondo la storiografia ufficiale, tuttavia, c’erano [già] sei campi di sterminio nell’Ottobre del 1942. Se così era, perché gli ebrei deportati sarebbero stati trasportati più lontano e ad Est dei sei “centri della morte”, nei territori sovietici occupati? I difensori della storia ortodossa dell’”Olocausto”, secondo cui agli ebrei del Belgio non sarebbe mai stato permesso di raggiungere i territori orientali occupati, sono semplicemente incapaci di rispondere a delle domande tanto elementari.
E’ del tutto ovvio che per molti ebrei provenienti dal Belgio e da altri paesi europei occidentali, Auschwitz fungeva semplicemente come un campo di transito L’articolo del settimanale ebraico svizzero summenzionato non è un caso isolato. Due autori revisionisti, lo spagnolo Enrique Aynat e il francese Jean-Marie Boisdefeu,[25] hanno trovato esempi ulteriori. Qui ne abbiamo alcuni:
Un ebreo slovacco, Gisi Fleischmann, riferì nel Marzo del 1943 che nella zona di Lublino (Polonia) egli incontrò altri ebrei slovacchi, come pure ebrei provenienti dal Belgio.[26]
Nel 1942 degli ebrei provenienti dal Belgio, dai Paesi Bassi e dalla Francia giunsero con il treno a Lvov (Lviv), Ucraina, secondo la testimonianza del testimone oculare I. Hertz, fornita nel 1946 dal Comitato antifascista ebraico dell’URSS.[27]
Il giornale comunista francese clandestino Notre Voix riferisce nel suo numero dell’Aprile 1944:[28]
“Notizie che piaceranno a tutti gli ebrei di Francia sono state trasmesse da Radio Mosca. Chi tra noi non aveva un fratello, una sorella, una sposa o un genitore tra coloro che furono deportati da Parigi? E chi non si rallegrerà quando saprà che 8000 ebrei parigini sono stati salvati dalla gloriosa Armata Rossa! Uno di loro ha riferito a Radio Mosca di come egli venne salvato dalla morte insieme ad altri 8.000 ebrei parigini. Essi si trovavano tutti in Ucraina al tempo dell’ultima offensiva sovietica, e i banditi delle SS volevano fucilarli prima di lasciare il paese.”
Si potrebbe obbiettare, naturalmente, che tali rapporti non sono documenti tedeschi dell’epoca, e di conseguenza non sono decisivi. Nondimeno, essi forniscono un sostegno aggiuntivo alla tesi che Auschwitz fungeva anche da campo di transito. Perché mai un foglio comunista clandestino dovrebbe aver pubblicato nell’Aprile del 1944 un rapporto con false notizie riguardante ebrei salvati dall’Armata Rossa in Ucraina? E perché mai il comitato ebraico antifascista dell’Unione Sovietica dovrebbe aver diffuso false informazioni sulla deportazione di ebrei francesi e belgi in Ucraina? Non esiste una ragione valida per ritenere che tali rapporti siano falsi.
Inoltre, alcuni documenti tedeschi sopravvissuti si riferiscono parimenti alla deportazione di ebrei europei occidentali nei territori sovietici occupati. Il 28 di Agosto del 1942, si tenne a Berlino una conferenza delle SS sulla “questione ebraica”, nella quale vennero discussi specifici problemi sorti con le deportazioni. Il verbale ufficiale della conferenza includeva il seguente estratto sulla deportazione di ebrei apolidi dalla Francia:[29]
“Durante il corso della discussione, il tenente colonnello [Obersturmbannfuhrer] Eichmann rese noto che il problema corrente dell’evacuazione (deportazione degli ebrei apolidi) dovesse essere concluso con la fine dell’anno secondo il calendario. La fine di Giugno del 1943 viene anticipata come termine massimo per la deportazione dei rimanenti ebrei stranieri… Eichmann ha richiesto l’immediato acquisto delle baracche che erano state ordinate dal Comandante della Polizia di Sicurezza a l’Aja. Questo campo deve essere costruito in Russia. Il trasporto delle baracche può essere predisposto in modo tale che da tre a cinque baracche possano essere trasportate con ogni trasporto ferroviario.”
L’implicazione di questo documento è chiara: solo una parte degli ebrei che erano stati deportati dalla Francia ad Auschwitz rimasero nel campo. I rimanenti vennero trasferiti più ad Est, e cioè nei territori occupati orientali (Russia), dove doveva essere costruito un campo per loro. Le baracche per questo campo dovevano essere trasportate con i treni.
Nel suo Mémorial de la Déportation des Juifs de France, Serge Klarsfeld menziona un trasporto del Maggio 1944 di 878 ebrei francesi diretti a Tallin, Estonia, e a Kaunas, Lituania. Tra i deportati, c’erano anche bambini tra i 12 e i 15 anni, dei quali la maggior parte era precisamente troppo giovane per lavorare. Così perché furono inviati negli stati baltici?
Questa non è la sola prova documentaria per mostrare che gli ebrei che non potevano lavorare non furono uccisi ad Auschwitz, ma piuttosto furono portati più ad Est. Un memorandum delle SS del Luglio 1942 sulle deportazioni ebraiche riferisce:[30]
“Il 20 di Luglio del 1942, le SS Tenente Colonnello Eichmann e Tenente [Obersturmfuhrer] Nowak dell’Ufficio Principale della Sicurezza del Reich [RSHA] IV B4 [sezione degli affari ebraici] hanno telefonato. Con la SS Tenente Colonnello Eichmann, è stata discussa la questione della risistemazione dei bambini. Egli ha deciso che appena il trasporto nel Governatorato Generale [polacco] sarà di nuovo possibile, il trasporto dei bambini inizierà. La SS Tenente Nowak ha assicurato che per la fine di Agosto o l’inizio di Settembre approssimativamente saranno possibili sei trasporti nel Governatorato Generale. Essi comprenderanno tutte le categorie di ebrei (inclusi gli inabili al lavoro e gli anziani).”
Questo memorandum si riferisce al trasporto di bambini ebrei come pure degli ebrei inabili e anziani nel Governatorato Generale. Auschwitz non faceva parte del Governatorato Generale ma piuttosto di una zona della Polonia sud-occidentale che era stata annessa alla Germania nel 1939. Ebrei inabili e anziani non furono gassati ad Auschwitz, ma piuttosto vennero inviati più ad Est, indubbiamente per essere alloggiati lì in un ghetto. L’obiezione che essi furono forse uccisi in un campo di sterminio orientale sarebbe irragionevole perché non ci sarebbe stata ragione di distogliere tali persone dalle “camere a gas” di Auschwitz per ucciderle nelle “camere a gas” di Treblinka.
Nel 1945, ne sono convinto, gli Alleati vittoriosi presero delle misure per eliminare quei documenti tedeschi che chiaramente non collimavano con le voci alleate sullo sterminio degli ebrei, e questo è il motivo per cui documenti come quelli che abbiamo citato qui sono disponibili solo in numero scarso. Con tutta probabilità, questa è la ragione per la quale non è disponibile quasi nessun documento riguardante i presunti campi di sterminio di Treblinka, Sobibor e Belzec. Quasi certamente questi tre campi dell’”Operazione Reinhard” nel territorio del Governatorato Generale occupato dai tedeschi furono campi di transito attraverso cui i deportati ebrei – specialmente ebrei polacchi, ma anche un certo numero di ebrei europei occidentali – proseguirono il loro tragitto verso i territori orientali occupati.
Secondo la storiografia ufficiale dell’”Olocausto”, Treblinka, Sobibor e Belzec funzionavano puramente come centri di sterminio, nei quali tutti gli ebrei sopraggiungenti venivano immediatamente messi a morte (eccetto per un manipolo di “ebrei lavoratori” [Arbeitsjuden] che venivano temporaneamente risparmiati). Ma non c’è dubbio che Treblinka, per esempio, funzionasse come un campo di transito. Questa conclusione è avvalorata da vari resoconti di testimoni oculari. Ad esempio, un ebreo polacco chiamato Samuel Zylbersztain riferì qualche tempo dopo la fine della guerra che nel 1943 egli, insieme ad altri 500 ebrei, venne trasferito da Treblinka a Majdanek (Lublino).[31] Ma perché questi 500 ebrei vennero deportati a Majdanek? Certamente non per esservi gassati. Dopo tutto, egli sopravvisse anche a questo secondo “campo di sterminio”. In realtà, egli sopravvisse in seguito ad otto ulteriori campi di concentramento (regolari). Egli è ancora un altro dei testimoni viventi che i tedeschi non sterminarono gli ebrei.
In un libro interessante pubblicato in Germania nel 1990, Die zweite babylonische Gefangenschaft (“La seconda cattività babilonese”), Steffen Werner fornisce prove delle deportazioni di guerra tedesche di ebrei da vari paesi in Bielorussia.[32]
Infine, desidero sollevare la questione del destino degli ebrei che vennero deportati nei territori sovietici occupati. Indubbiamente la mortalità era molto alta a causa delle privazioni del tempo di guerra, specialmente in considerazione del fatto che molti dei deportati erano vecchi e fisicamente inabili al lavoro. Mi sembra possibile che molti degli ebrei polacchi sopravvissuti scelsero di rimanere in Unione Sovietica alla fine della guerra perché la Polonia era stata devastata durante la guerra e perché l’antisemitismo era lì dilagante. D’altro canto, ritengo improbabile che molti ebrei sopravvissuti di provenienza occidentale siano rimasti volontariamente in Unione Sovietica.
Werner e Boisdefeu suppongono che gli ebrei europei occidentali deportati nei territori sovietici occupati che sopravvissero alla guerra furono probabilmente radunati dai sovietici e deportati nei campi siberiani. A quel tempo Stalin e il regime sovietico già sostenevano il mito dello sterminio degli ebrei nelle camere a gas, e un ritorno massiccio di ebrei nell’Europa occidentale dall’URSS avrebbe screditato tale storia. Tuttavia, queste sono solo supposizioni, e Werner e Boisdefeu non possono provare questa tesi. Queste questioni irrisolte potrebbero presumibilmente essere chiarite solo per mezzo di documenti conservati negli archivi in Russia e in altri paesi dell’ex Unione Sovietica. Ci sono ragioni per sperare che un futuro governo nazionalista in Russia renderà un giorno pubblici tali documenti. Non c’è bisogno di spiegare per filo e per segno le conseguenze ovviamente drammatiche e politicamente importanti di un tale passo.
- Gli ebrei ungheresi non registrati
E’ generalmente riconosciuto che l’ebraismo ungherese subì tre grandi ondate di deportazione nel 1944.
Tra il 15 Maggio e il 9 Luglio, furono effettuate deportazioni di massa dalle province. Come già menzionato, l’ambasciatore aggiunto della Germania a Budapest, Edmund Veesenmayer, riferì in telegrammi a Berlino che complessivamente 437.000 ebrei erano stati deportati nel Reich. Questa era circa la metà della popolazione ebraica dell’Ungheria dell’epoca (Nel 1944 lo stato ungherese era molto più grande di quanto sia oggi, poiché nel 1939 e nel 1940 aveva annesso parti della Cecoslovacchia, della Iugoslavia e della Romania, che perdette nuovamente nel 1945). Consapevole del peggioramento della situazione militare, e in risposta alle proteste da parte degli Alleati e dei governi neutrali, il capo di stato ungherese, Miklos Horthy, ordinò di fermare le deportazioni il 9 Luglio del 1944. Come risultato, gli ebrei della capitale Budapest, che erano in lista per essere deportati, vennero risparmiati.
Nella seconda metà di Giugno, 20.000 ebrei ungheresi vennero deportati nel campo di Strasshof, vicino Vienna. La maggior parte di essi sopravvisse alla guerra.[33]
Dopo la caduta del governo Horthy nell’Ottobre del 1944, e la presa del potere da parte di Ferenc Salasi e del suo movimento “fascista” delle Croci Frecciate, migliaia di ebrei di Budapest vennero avviati ai confini del Reich per costruire bastioni contro i carri armati sovietici. Un numero considerevole di costoro deve essere morto, ma poiché tali morti non sono direttamente correlate all’”Olocausto”, non ne parlerò. Mi limiterò a trattare della prima e più grande ondata di deportazioni.
Secondo la versione originale della storia dell’”Olocausto”, tutti gli ebrei ungheresi deportati tra il Maggio e il Luglio del 1944 vennero inviati ad Auschwitz e gassati al loro arrivo, eccetto circa 28.000 ebrei che vennero lì registrati. In un articolo scientifico pubblicato nel 1983, lo storico ebreo-francese George Wellers ha calcolato che 409.640 ungheresi vennero uccisi ad Auschwitz-Birkenau.[34] In realtà, la cifra di Wellers fu un inganno deliberato. Già nel 1964, la storica polacca Danuta Czech rivelò, nella prima edizione del suo Kalendarium di Auschwitz, l’esistenza del cosiddetto campo di transito (Durchgangslager) ad Auschwitz-Birkenau.[35] Alle data del 14 Luglio 1944, ella ha scritto:
“Gli ebrei non registrati (i cosiddetti “ebrei in transito”) non ricevettero i numeri del campo, né vennero tatuati con numeri. Essi furono temporaneamente alloggiati nel campo BIIc, nel campo evacuato degli zingari, o in un campo chiamato “Messico” dai prigionieri. Quest’ultimo era il terzo settore incompiuto del campo che sulle piante era designato come BIII (Bauabschnitt III). Questo è il settore dove le donne venivano alloggiate.”
Alla data del 22 Agosto 1944, il Kalendarium di Danuta Czech riferisce che quel giorno ci furono 30.000 ebrei ungheresi non registrati nel “campo di transito” di Birkenau.[36] Tutto questo è prova inconfutabile che molti ebrei di Birkenau non furono né registrati né gassati, ma furono semplicemente trasferiti altrove.
Per quanto riguarda il numero delle vittime tra gli ebrei ungheresi deportati ad Auschwitz, gli storici “ortodossi” forniscono cifre contraddittorie:
Secondo l’Enciclopedia dell’Olocausto, “la maggior parte degli ebrei ungheresi furono gassati a Birkenau poco dopo il loro arrivo”. In maniera prudente, tuttavia, non viene data alcuna cifra di questi ebrei “gassati”.[37]
Nel suo studio in tre volumi, Raul Hilberg sostiene similmente che “la grande maggioranza” dei deportati dall’Ungheria venne “gassata” all’arrivo ad Auschwitz.[38] Più avanti nella stessa opera, tuttavia, egli contraddice sé stesso, ponendo le perdite totali dell’ebraismo ungherese ad “oltre 180.000”,[39] che implica che una indubbia maggioranza dei deportati deve essere sopravvissuta. Ma dove e come? Hilberg menziona “diverse migliaia” che furono trasferiti altrove,[40] ma non fornisce informazioni sul destino degli altri ebrei ungheresi che sopravvissero.
Jean-Claude Pressac fissa (arbitrariamente, come sembra) il numero degli ebrei ungheresi che morirono ad Auschwitz a 292.000.[41]
Tutte queste cifre sono fondamentalmente impossibili perché cremare tali masse di cadaveri nel preteso periodo di otto settimane non era tecnicamente fattibile. Nemmeno nel Terzo Reich le leggi di natura furono sospese. Durante il periodo della deportazione degli ebrei ungheresi, Maggio-Luglio 1944, erano in funzione quattro crematori per un totale di 46 muffole. Come Carlo Mattogno ha stabilito, la capacità massima teorica dei crematori di Birkenau era di 1248 cadaveri al giorno.[42] Per l’intero periodo dei 55 giorni, quando gli ebrei ungheresi arrivarono al campo (dal 15 Maggio al 9 Luglio 1944), la capacità massima teorica di cremazione sarebbe stata perciò di 68.640 cadaveri. In realtà anche questa cifra è eccessiva. Grazie ai molti documenti tedeschi dell’epoca sui crematori e la cremazione che sono sopravvissuti alla guerra, sappiamo che i forni crematori spesso si rompevano e dovevano essere riparati. Infine bisogna tenere conto che oltre al numero ipotetico degli ebrei ungheresi assassinati, dovevano essere cremati anche i cadaveri degli altri prigionieri (non ungheresi) che morirono durante questo stesso periodo. Anche se accettiamo la cifra relativamente bassa di Hilberg dei 180.000 ebrei ungheresi che morirono ad Auschwitz-Birkenau, questa eccede di almeno 111.000 unità il numero di cadaveri che avrebbero potuto essere cremati durante questo periodo.
Qualche scrittore dell’”Olocausto”, evidentemente colpito da tali considerazioni tecniche, ha largamente esagerato la capacità dei crematori di Birkenau. Citando testimonianze oculari, come quella di Filip Muller, [43] essi affermano che i cadaveri di molte delle presunte vittime gassate furono inceneriti in fosse all’aria aperta (nel cortile del crematorio [Krema] V, e vicino ai crematori II e III, e vicino al “Bunker 2”). Grazie ad una coincidenza fortunata, Birkenau venne fotografata due volte da velivoli alleati in ricognizione il 31 Maggio del 1944,[44] un giorno nel quale 15.000 ebrei ungheresi arrivarono al campo. Inoltre, ci è stato detto autorevolmente, qualcosa come 184.000 ebrei erano arrivati lì dall’Ungheria durante i precedenti 14 giorni – per una media giornaliera di circa 13.000. Le fotografie di ricognizione aerea non mostrano la più piccola traccia della pretesa azione di sterminio: nessuna traccia di fosse, nessuna fila di persone davanti ai crematori, nessuna prova di roghi all’aria aperta nelle zone menzionate dai testimoni.
I documenti tedeschi di questo periodo rivelano chiaramente la ragione della deportazione di massa degli ebrei ungheresi nel Reich: la Germania aveva urgente bisogno di manodopera per armamenti e altre iniziative di guerra. Il 9 Maggio del 1944, Heinrich Himmler riferì in una lettera al capo dell’ufficio dell’amministrazione economica centrale (WVHA) che dovevano essere assegnati 10.000 soldati a guardia dei lavoratori impegnati nel programma di costruzione Jaeger (aereo da caccia), perché altrimenti “il collocamento, la sorveglianza e l’impiego di circa 200.000 ebrei” sarebbe stato impossibile.[45] Un rapporto due giorni più tardi spiegava ulteriormente:[46]
“Il Fuhrer ha ordinato che per la sorveglianza dei 200.000 ebrei, il Reichsfuhrer SS [Himmler] invierà 10.000 soldati delle SS Waffen, con i loro ufficiali e sottufficiali, che saranno assegnati ai campi di concentramento del Reich per impiegarli nella grandi costruzioni dell’organizzazione Todt e per altri compiti militarmente importanti.”
Riguardo a questi 200.000 ebrei Himmler deve aver pensato all’azione di deportazione ungherese, che era quasi all’inizio, perché a quel tempo nessun altra deportazione su larga scala di ebrei era in corso o imminente.
Il 15 Agosto del 1944, il dipartimento per i campi di concentramento dell’ufficio centrale WVHA delle SS riferì che erano disponibili 524.286 detenuti, e che ulteriori 612.000 prigionieri sarebbero stati aggiunti al sistema dei campi. Di quest’ultimo gruppo 90.000 erano ebrei che sarebbero stati introdotti come parte del “Programma ungherese (azione ebraica).”[47]
Secondo me, questi documenti non solo discreditano le familiari affermazioni sullo sterminio a Birkenau – che era comunque tecnicamente impossibile – essi confutano anche la tesi proposta da Arthur Butz nel libro The Hoax of the Twentieth Century, che i telegrammi del 1944 di Veesenmayer sono, almeno per la maggior parte, contraffazioni.[48] A supporto della propria tesi, egli presenta diversi punti, il più importante dei quali è forse il Rapporto del Comitato Internazionale della Croce Rossa sulle sue attività durante la seconda guerra mondiale.[49] Questo documento dettagliato del 1948 non menziona in alcun modo le deportazioni di ebrei dall’Ungheria nella primavera e nell’estate del 1944, e, al contrario, riferisce che fu solo nell’Ottobre del 1944 che iniziò “la piena ondata delle grandi tribolazioni degli ebrei ungheresi”. Dato che i delegati della Croce Rossa a Budapest erano a quell’epoca alloggiati nello stesso edificio del Consiglio Ebraico Ungherese, è impensabile che i rappresentanti della Croce Rossa Internazionale non sapessero di misure su larga scala prese contro gli ebrei ungheresi.
Non ho difficoltà ad ammettere che mi trovo in imbarazzo a spiegare il misterioso rapporto dell’ICRC. Ma anche tra i delegati della Croce Rossa devono esservi stati degli incompetenti, ed è a tali persone che i difetti del rapporto dovrebbero probabilmente essere attribuiti.
I documenti tedeschi dell’epoca suggeriscono chiaramente che centinaia di migliaia di ebrei ungheresi vennero deportati, e che, perciò, la cifra dei telegrammi di Veesenmayer non è un’esagerazione. Ricordiamo le cifre: nel Maggio del 1944, Himmler, rivolgendosi a Hitler, parlò di 200.000 ebrei che dovevano essere impiegati in lavori connessi con la guerra. Il 15 Agosto, venne riferita l’integrazione in corso dei 90.000 ebrei ungheresi nel sistema dei campi, e una settimana dopo, viene detto che 30.000 ebrei dall’Ungheria si trovano ancora nel “campo di transito” di Birkenau.
Dato che un’alta percentuale degli ebrei ungheresi deportati era o inabile o solo parzialmente abile al lavoro, queste cifre suggeriscono che furono complessivamente deportate diverse centinaia di migliaia di ebrei ungheresi. Come già detto, i telegrammi di Veesenmayer danno una cifra di 437.000. Una contraffazione intesa a screditare i tedeschi e/o gli ungheresi avrebbe avuto senso solo se il numero reale fosse stato molto più basso. Se, per esempio, fossero stati deportati 350.000 ebrei ungheresi, la differenza non sarebbe stata abbastanza importante da giustificare una contraffazione così sofisticata ed elaborata.
Un altro forte argomento a favore della validità della cifra di tali telegrammi è che è confermata quasi esattamente dalle liste di trasporto dell’epoca fornite da Laszlo Ferenczy, il capo della polizia ungherese. Ferenczy fissò il numero totale dei deportati a 435.000. Questi documenti Ferenczy furono sottoposti come prova al processo Eichmann del 1961 a Gerusalemme.[50] Quando Carlo Mattogno ed io visitammo gli Archivi Nazionali Ungheresi nel Marzo del 1999, ci venne detto che le liste di trasporto erano scomparse dal sotterraneo di qualche ministero non meglio identificato. In una conversazione privata, uno dei principali esperti ungheresi dell’”Olocausto” confermò questa informazione, e ci confidò che la “scomparsa” di questi documenti era dovuta a “intrigo politico”.
Si potrebbe sospettare che questi documenti siano stati nascosti o distrutti perché mostrano cifre di deportati che sono molto più basse di quelle che sono state generalmente accettate. Sebbene questa possibilità non possa essere totalmente esclusa, mi sembra molto più probabile che le liste Ferenczy siano imbarazzanti per la storiografia ufficiale perché indicano la destinazione dei deportati. Se le liste “scomparse” mostrassero che anche una minoranza considerevole dei deportati non era destinata ad Auschwitz, questo implicherebbe, naturalmente, che la deportazione su larga scala degli ebrei ungheresi nel 1944 non venne organizzata come parte di un programma di sterminio. (Secondo la storia ufficiale dell’”Olocausto”, Auschwitz era il solo campo di sterminio operativo tra il Maggio e il Luglio del 1944).[51]
Importanti a questo riguardo sono le liste di trasporto del 1944 conservate nell’archivio dell’ex campo di concentramento di Stutthof. Questi registri mostrano che tra il 29 Giugno e il 28 Ottobre del 1944, un totale di 48.619 prigionieri (in maggioranza donne ebree) giunsero nel campo di Stutthof (ad Est di Danzica ). Circa metà di questi deportati – 25.043 – erano arrivati da due campi baltici: Kaunas (Lituania) e Riga (Lettonia). Questi prigionieri erano stati evacuati davanti all’avanzata dell’Armata Rossa. Quasi altrettanti – 23.566 – erano giunti da Auschwitz.[52] Per tre dei grandi trasporti da Auschwitz (Agosto 14, 16 e 28, 1944) noi abbiamo le liste più o meno complete dei deportati, con nomi e nazionalità. Oltre il 99% dei deportati nei primi due di questi tre trasporti erano donne ebree provenienti dall’Ungheria. Quante di loro erano state registrate ad Auschwitz, e quante di loro erano state trattenute nel “campo di transito” di Birkenau senza essere registrate, rimane sconosciuto.
E’ interessante notare come alcune delle donne ebree trasferite a Stutthof da Kaunas e Riga erano di nazionalità ungherese. Ad esempio, più del 90% delle donne ebree che costituirono il trasporto del 4 Agosto da Kaunas provenivano dall’Ungheria. Un certo numero dei 9.537 che giunsero a Stutthof nei trasporti da Riga del 9 Agosto e del 1 Ottobre erano parimenti donne ebree ungheresi. E’ possibile che queste donne ebree fossero mandate dapprima nelle regioni baltiche via Auschwitz, ma è parimenti possibile che fossero mandate in Lituania e Lettonia direttamente dall’Ungheria. Nelle regioni baltiche esse furono impiegate senza dubbio in lavori che erano importanti per l’economia di guerra, probabilmente per la Todt, fino a che l’avanzata dell’Armata Rossa costrinse i tedeschi ad evacuarle a Stutthof. Lì queste ebree vennero impiegate nei numerosi sotto-campi, in maggioranza nel lavoro industriale, ma qualcuna anche in agricoltura.[53]
Pezzo dopo pezzo, questi frammenti di documentazione forniscono una visione complessiva dell’importante periodo del Maggio-Luglio 1944. Sebbene rimangano ancora alcuni buchi, emerge tuttavia un’immagine coerente e logica. Circa 437.000 ebrei furono deportati dall’Ungheria. Questo avvenne, prima di tutto, perché a quel tempo la Germania aveva disperatamente bisogno di lavoro. (Virtualmente ogni uomo tedesco abile al lavoro era stato chiamato alle armi). Inoltre, quasi certamente le condizioni di sicurezza giocarono un ruolo. A quel tempo, un’invasione dell’Ungheria da parte dell’Armata Rossa era diventata una possibilità reale, e la numerosa popolazione ebraica ungherese naturalmente (e comprensibilmente) si sarebbe schierata a fianco dei sovietici. Auschwitz fu la prima destinazione per la maggior parte, e forse di quasi tutti, degli ebrei deportati dall’Ungheria. Qualcosa come 28.000 di questi deportati ebrei vennero registrati ad Auschwitz, ma i restanti o rimasero nel “campo di transito” di Birkenau per qualche tempo o vennero presto assegnati a vari campi di lavoro o a gruppi di lavoro. Nel Marzo del 1999 a Budapest, Carlo Mattogno ed io incontrammo di persona uno di questi deportati. Egli ci disse che aveva passato solo pochi giorni ad Auschwitz prima di essere inviato al campo di lavoro di Gross-Rosen.
Nella edizione tedesca del 1994 del suo secondo libro, Jean-Claude Pressac scrive:[54] “Alla fine della guerra, secondo l’Encyclopaedia Judaica, ebrei ungheresi maschi e femmine furono trovati in 386 campi di concentramento e di lavoro, come pure in gruppi di lavoro, dove essi erano sopravvissuti ad un reale martirio. Essi furono visti dovunque, dalle poche centinaia nei gruppi di lavoro alle migliaia dei campi più grandi.”
Non abbiamo ragione di dubitare della veracità di questa affermazione. Uno dei problemi cruciali irrisolti è la questione di dove furono alloggiati gli ebrei ungheresi inabili al lavoro. Birkenau semplicemente non li poteva ospitare tutti. Non conosciamo documenti riguardanti un campo situato all’esterno di Auschwitz dove queste persone furono ospitate. Se questi documenti sono esistiti, essi furono probabilmente distrutti o nascosti dai vincitori, essendo radicalmente incompatibili con la leggenda della fine degli ebrei ungheresi nelle camere a gas di Birkenau.
Il fatto che tra gli ebrei ungheresi deportati vi fosse un certo numero di bambini è dovuto, molto probabilmente, alla politica tedesca di non separare le famiglie. (Naturalmente, sarebbe stato meglio per questi bambini se essi non fossero stati deportati affatto, ma questa è un’altra questione). I bambini ebrei non furono affatto eliminati come “bocche inutili”, come la storia ufficiale dell’”Olocausto” sostiene. A prova di questo vi sono i documenti che Mattogno ed io abbiamo trovato durante il nostro terzo viaggio di ricerca negli archivi russi. Mi riferisco in particolare ad un rapporto di 217 pagine scritto all’inizio del 1945, poco dopo la liberazione di Auschwitz da parte dei sovietici. Venne scritto, in tedesco, sotto il patrocinio dei sovietici da quattro ex detenuti del campo, i medici ebrei Lebovits, Weil, Reich e Bloch. Esso contiene più di mille nomi di prigionieri di Auschwitz, quasi tutti ebrei, con informazioni sull’età e la data di imprigionamento di ognuno. Questi prigionieri erano stati trovati nell’ospedale di Auschwitz il 27 Gennaio del 1945, quando l’Armata Rossa prese il controllo del campo. Tra questi pazienti vi erano 97 bambini e 83 bambine, di età oscillante tra i pochi mesi e i 15 anni.[55] Uno di questi era un bambino ebreo ungherese di tre anni, J. J. Malek, e un’altra era una bambina ebrea di undici anni, R. M. Salomon.[56] Il primo era arrivato ad Auschwitz nel Maggio del 1944, e la seconda nel Luglio dello stesso anno. Secondo la storia ufficiale dell’”Olocausto”, questi due bambini ebrei non sarebbero mai riusciti a vedere l’anno 1945; essi sarebbero stati gassati immediatamente al loro arrivo.
Nelle circostanze attuali, non è naturalmente possibile determinare il numero delle vittime tra gli ebrei ungheresi deportati, ma tale numero fu probabilmente nell’ordine di numerose decine di migliaia. E’ un fatto risaputo che innumerevoli prigionieri soccombettero alle malattie nei caotici mesi finali della guerra. Ad ogni modo, gli ebrei non furono esattamente una categoria in pericolo nell’Ungheria postbellica. Essi dominarono quasi completamente il partito comunista e la temutissima polizia segreta durante i primi anni del brutale regime imposto dai sovietici, guidato dall’ebreo Matyas Rakosi.[57] Per un periodo all’inizio degli anni ’50, c’era solo un non ebreo nel comitato centrale del partito comunista ungherese. ( Secondo una storiella dell’epoca, gli era stato dato questo incarico per assicurarsi che qualcuno del comitato centrale potesse comminare sentenze di morte il giorno del Sabbath).
Conclusione
Con i loro argomenti storici e tecnici, i revisionisti hanno demolito le leggende dell’”Olocausto” e delle camere a gas. Ma il loro compito è lungi dall’essere completo. Fino ad oggi, essi sono riusciti solo parzialmente a dimostrare quello che accadde realmente agli ebrei europei durante la seconda guerra mondiale.
Molti revisionisti considerano il libro del 1993 di Walter Sanning, The Dissolution of Eastern European Jewry, [58] come la risposta definitiva a questa questione. E sebbene Sanning ha in realtà prodotto un lavoro ammirevole che nessun serio ricercatore può ignorare, quello che ho detto sul libro di Arthur Butz può essere ugualmente applicato allo studio demografico di Sanning: anche un lavoro eminente può contenere errori. Il libro di Sanning ha due difetti: l’autore non prende in considerazione il “rapporto Korherr”,[59] il più importante documento tedesco dell’epoca di guerra sulla popolazione ebraica dell’Europa, ed inoltre fa troppo affidamento sulle fonti sovietiche. Ad esempio, egli si basa pesantemente su David Bergelson, capo del Jewish Anti-Fascist Committee, che ha detto che più dell’80% degli ebrei sovietici venne evacuato prima dell’arrivo delle forze tedesche, e perciò non finì sotto il controllo tedesco. Sanning non considera la possibilità che Bergelson abbia esagerato il numero degli ebrei sovietici evacuati per accrescere l’immagine del regime sovietico come “salvatore degli ebrei dal fascismo”. Le dichiarazioni di un propagandista sovietico dovrebbero essere considerate con scetticismo.
Un progresso decisivo nell’indagine sul destino degli ebrei europei durante la seconda guerra mondiale, incluse stime attendibili delle perdite ebraiche, potrà avvenire solo dopo che gli storici avranno accesso a documenti in precedenza sconosciuti dagli archivi dell’Europa orientale e dell’ex Unione Sovietica. Quando dico “storici” naturalmente intendo i revisionisti, perché i nostri avversari non affronteranno questo compito.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v19/v19n4p-4_Graf.html
[2] Vedi Manfred Kohler, Der Wert von Aussagen und Gestandnissen zum Holocaust, in Ernst Gauss (Germar Rudolf), editore, Grundlagen zur Zeitgeschichte, Tubingen, 1994 [disponibile in inglese all’indirizzo: http://www.codoh.com/found/fndvalue.html ] ; Jurgen Graf, Auschwitz: Tatergestandnisse und Augenzeugen des Holocaust, Wurenlos, 1994.
[3] Panstwowe Muzeum w Oswiecimiu (Archivi del Museo di Stato di Auschwitz), Syg. DAul-III-5/1, 5/2, 5/3, 5/4.
[4] Fred A. Leuchter Jr., [Rapporto Leuchter] An Engineering Report on the Alleged Execution Gas Chambers at Auschwitz, Birkenau and Majdanek, Toronto, 1988 [disponibile all’indirizzo: http://vho.org/dl/ENG/tlr.pdf ]; Germar Rudolf, Das Rudolf Gutachten: Gutachten uber die Bildung and Nachweisbarkeit von Cyanidverbindungen in den “Gaskammern” von Auschwitz, London, 1993 [disponibile in inglese all’indirizzo: http://www.vho.org/GB/Books/trr/ ]; Walter Luftl, The Luftl Report, The Journal of Historical Review, Inverno 1992-93, pp. 391-420 [disponibile in inglese all’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v12/v12p391_Luftl.html ]. Vedi anche Wolfgang Schuster, Technische Unmoglichkeiten bei Pressac, Tubingen, Giugno 1991, pp. 9-13; Mark Weber, Fred Leuchter: Courageous Defender of Historical Truth, The Journal of Historical Review, Inverno 1992-93, pp. 421-428 [disponibile in rete all’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v12/v12p421_Weber.html ] ; vedi anche la testimonianza dell’ingegnere austriaco Wolfgang Frohlich nel processo in Svizzera a Jurgen Graf e Gerhard Forster, in Swiss Court Punishes Two Revisionists, The Journal of Historical Review, Luglio-Agosto 1998, pp. 2-4 [disponibile in rete all’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v17/v17n4p-2.html ].
[5] Jean-Claude Pressac, Auschwitz: Technique and Operation of the Gas Chambers, New York, 1989; Jean-Claude Pressac, Les crématoires d’Auschwitz: La machinerie du meurtre de masse, Paris, 1993.
[6] Robert Faurisson, Antwort an Jean-Claude Pressac, e, Carlo Mattogno, Auschwitz: Das Ende einer Legende, entrambi in Auschwitz: Nackte Fakten: Eine Erwinderung an Jean-Claude Pressac, Berchem, 1996 [disponibile in inglese all’indirizzo: http://vho.org/dl/ENG/apf.pdf ]. Lo studio di Mattogno è stato pubblicato in inglese: Auschwitz: The End of a Legend, 1994 [disponibile in rete all’indirizzo: http://www.vho.org/GB/Books/anf/Mattogno.html ] . La dettagliata critica di Faurisson a Pressac è stata pubblicata anche in francese nella Revue d’Histoire Revisioniste, n°3, Novembre-Dicembre 1990-Gennaio 1991, pp. 65-154 [disponibile in rete all’indirizzo: http://www.vho.org/aaargh/fran/archFaur/1991-1994/RF94reponseJCP1.html ], e in inglese nel Journal of Historical Review, Primavera 1991, pp. 25-66 (Parte prima), e nell’Estate del 1991, pp. 133-175 (Parte seconda). Altre recensioni e analisi del libro di Pressac del 1989 che sono apparse nel Journal of Historical Review includono: Mark Weber, Estate 1990, pp. 231-237; Carlo Mattogno, Inverno 1990-91, pp. 461-485; Arthur Butz, Some Thoughts on Pressac’s Opus, Maggio-Giugno 1993, pp. 23-37; Serge Thion A French Scholar Responds to a Widely-Acclaimed Anti-Revisionist Work, Luglio-Agosto 1994, pp. 28 ff [disponibile in rete all’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v14/v14n4p28_Thion.html ]. Vedi anche: R. Faurisson, An Orthodox Historian Finally Acknowledges: There Is No Evidence for Nazi Gas Chambers, Luglio-Agosto 1998, pp. 24-28 [disponibile in rete all’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v17/v17n4p24_Faurisson.html ] ; Mark Weber, Tell-Tale Documents and Photos from Auschwitz, Primavera 1991; The Jewish World Against Pressac, Gennaio-Febbraio 1996, p. 41.
[7] Documento di Norimberga USSR-008. Tribunale Militare Internazionale (IMT), Nuremberg “blue series”, Vol. 39, pp. 241, 261; IMT, Vol. 7, p. 589.
[8] Franciszek Piper, Die Zahl der Opfer von Auschwitz (Verlag Staatliches Museum in Oswiecim, 1993). Vedi anche Franciszek Piper, The Number of Victims, in Y. Gutman e M. Berembaum, editori, Anatomy of the Auschwitz Death Camp, Bloomington, Indiana University Press [pubblicato con lo US Holocaust Memorial Museum, Washington, DC], 1994, pp. 61-76.
[9] Hilberg afferma che qualcosa come un milione e 250.000 persone (un milione di ebrei e 250.000 non ebrei) morirono ad Auschwitz, ma egli non fornisce fonti per le proprie valutazioni. R. Hilberg, The Destruction of the European Jews, New York, 1985, pp. 894, 1219.
[10] Franciszek Piper, Die Zahl der Opfer von Auschwitz, già citato, pp. 200-202; Franciszek Piper, The Number of Victims, in Y. Gutman e M. Berembaum, editori, Anatomy of the Auschwitz Death Camp, già citato, p. 71.
[11] Jean-Claude Pressac, Die krematorien von Auschwitz, Munich/Zurich, 1994, p. 202. Nella versione originale francese, Les crematoires d’Auschwitz,(Paris, 1993, p. 148) Pressac aveva menzionato una cifra più alta (dai 775.000 agli 800.000). Vedi la critica di Robert Faurisson nel Journal of Historical Review, Gennaio-Febbraio 1995, p. 24.
[12] Y. Gutman e M. Berembaum, editori, già citato, pp. 183-245; Robert Faurisson, Zur englischen Ausgabe von Pressacs neuestem Buch, in Auschwitz: Nackte Fakten, già citato, p. 163.
[13] Carlo Mattogno e Franco Deana, Die krematoriumsofen von Auschwitz und Birkenau, in E. Gauss (G. Rudolf), editore, Grundlagen zur Zeitgeschichte, già citato, p. 307 [disponibile in rete in inglese all’indirizzo: http://www.codoh.com/found/fndcrema.html ].
[14] Serge Klarsfeld, Le Mémorial de la Déportation des Juifs de France, Paris, 1978, senza numero di pagina.
[15] Documenti di Norimberga NG-5573, NG-5615, NG-5616. Citati da Arthur Butz in: The Hoax of the Twentieth Century, 1997, pp. 155-156 [disponibile in rete in versione integrale all’indirizzo: http://vho.org/dl/ENG/Hoax.pdf ], e da Raul Hilberg in: The Destruction of the European Jews, già citato, p. 849.
[16] Arthur Butz, op. cit., pp. 152-158, 169 e 234, e specialmente le pp. 158-160.
[17] Basel, 1993.
[18] Franciszek Piper in Anatomy of the Auschwitz Death Camp, già citato, pp. 68, 74, (nota 47). Due edizioni del Kalendarium: Danuta Czech, Auschwitz Chronicle: 1939-1945, London/New York, 1990; D. Czech, Kalendarium der Ereignisse im Konzentrationslager Auschwitz-Birkenau 1939-1945, Hamburg, 1989.
[19] Documento di Norimberga NG-2586-J. Pubblicato, in tedesco e in inglese, in (John Mendelsohn editore): The Holocaust: Selected Documents in Eighteen Volumes, New York, 1982, Vol. 11, pp. 148-186. Una traduzione in inglese è stata anche pubblicata in Nuremberg Military Tribunals (NMT), “green series”, Vol. 13, pp. 243-249, e in Arthur Butz, op. cit., pp. 205-210.
[20] Raul Hilberg, op. cit., edizione del 1985, pp. 359-360.
[21] Raul Hilberg, op. cit., edizione del 1985, pp. 402, 406.
[22] Ibid., p. 359.
[23] Israelitisches Wochenblatt der Schweiz, 16 Ottobre 1942, n°42, pp. 10-11 (Citato in Mark Weber, Belgium and its jews During the War, The Journal of Historical Review, Marzo-Aprile 1999, pp. 2 e 5, nota 11)
[24] Israel Gutman, editore, Encyclopedia of the Holocaust, New York, 1990, Vol. 1, pp. 162-163.
[25] Enrique Aynat, Estudios sobre el “Holocausto”: La deportacion de judios de Francia y Belgica en 1942, Valencia, 1994 [disponibile in rete all’indirizzo: http://litek.ws/aaargh/fran/livres6/EAestu.pdf ]; Jean-Marie Boisdefeu, La Controverse sur L’Extermination des Juifs par les Allemands, Tomo 2: Réalités de la “Solution finale”, Berchem, 1996 [disponibile in rete all’indirizzo: http://litek.ws/aaargh/fran/livres2/bdf2.pdf ].
[26] Enrique Aynat, op. cit., p. 58. Fonte citata: Michael Dov Weissmandel, Min Hametzar. (Su questo vedi anche: Lucy S. Dawidowicz, A Holocaust Reader, New York, 1976, pp. 318-391.
[27] The Jewish Black Book Committee, The Black Book: The Nazi Crime Against the Jewish People, New York, 1946, pp. 198, 531 (nota 228). Citato in E. Aynat, op. cit., p. 58.
[28] Riproduzione in facsimile in: Jean-Marie Boisdefeu, op. cit., Tomo II, p. 86.
[29] Facsimile in: Jean-Marie Boisdefeu, op. cit., Tomo II, pp. 78-80. Questo rapporto è il documento di Norimberga NG-1965 (RF-1228), e segnato come documento XXVI-59 del Centre de Documentation juive contemporaine (Paris). E’ stato anche pubblicato in: Peter Longerich, editore, Die Ermordung der europaischen Juden: Eine umfassende Dokumentation des Holocaust, 1941-1945, Munich e Zurich, 1990, pp. 241-243.
[30] Vermerk. Paris, 21.7.1942. Betr.: Judenabschub. Facsimile in E. Aynat, op. cit., p. 86. Questo memorandum è segnato come DLXVI-7 o XXVI-46 del Centre de Documentation juive contemporaine (Paris). E’ a quanto pare anche segnato come documento di Norimberga RF-1233. E’ pubblicato in: P. Longerich, editore, op. cit. p. 246.
[31] Samuel Zylbersztain, Pamietnik Wiezna dziesieciu obozow, in: Biuletyn Zydowskiego Instytutu Historycznego (Warsaw), n°68, 1968. Sul ruolo di Treblinka come campo di transito, vedi anche: Mark Weber e Andrew Allen, Treblinka, The Journal of Historical Review, Estate 1992, pp. 139-140 [disponibile in rete all’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v12/v12p133_Allen.html ].
[32] Steffen Werner, Die zweite babylonische Gefangenschaft: Das Schicksal der Juden im europaischen Osten, Pfullingen, 1990 [disponibile in rete in inglese all’indirizzo: www.vho.org/GB/Books/tsbc/ ]. Ad esempio, Werner cita(a pagina 89) il seguente passo, da un libro basato sulle memorie di partigiani sovietici e di antifascisti tedeschi, che venne pubblicato nella comunista Berlino Est nel 1976: “Nella famiglia fraterna dei partigiani bielorussi, cechi e slovacchi, francesi e iugoslavi, greci e olandesi, spagnoli e austriaci, tedeschi e membri di altre nazioni combatterono coraggiosamente contro il fascismo.” (Fonte citata: In den Waldern Belorusslands, Berlino [Est], 1976, p. 9. Come potevano gli antifascisti di tutti questi paesi essere venuti in Bielorussia se essi non furono deportati lì? Werner sostiene che milioni di ebrei vennero deportati in Bielorussia durante gli anni di guerra, un’opinione che io considero infondata. A dispetto di qualche ovvio difetto, il libro di Werner è un buon punto di partenza per ulteriori ricerche.
[33] Enzyklopadie des Holocaust, già citata, p. 1467.
[34] George Wellers, Essai de détermination du nombre des juifs morts au camp d’Auschwitz, in Le Monde Juif, Ottobre-Dicembre 1983, p. 153. Per uno sguardo critico al saggio di Wellers, vedi Franciszek Piper, The Number of Victims, in Anatomy of the Auschwitz Death Camp, già citato, pp. 67 ff.
[35] Danuta Czech, op. cit., Hefte von Auschwitz (Wydawnuctwo Panstwowego Muzeum w Oswiecimiu), n°8, 1964. L’edizione inglese del 1990 del Kalendarium riferisce:
“Alla metà di Maggio del 1944, quando i trasporti di massa degli ebrei ungheresi iniziano ad arrivare ad Auschwitz, gli ebrei giovani, sani, e forti di entrambi i generi [maschile e femminile] sono sparpagliati per un periodo come cosiddetti prigionieri in deposito in varie baracche a Birkenau, ma non sono registrati nei registri del campo. Essi sono alloggiati nel Campo B-IIIc [sic], dove sono tenute ebree giovani e forti; nel Campo B-IIe per famiglie di zingari recentemente sgombrato, dove sono alloggiati prigionieri ebrei maschi e femmine giovani e forti che sono presi alla fine ad altri campi; nel Campo B-IIb, che è vuoto a causa della liquidazione del Campo Famiglia di Theresienstadt; e, infine, nella Sezione B-III, ancora in costruzione, conosciuta dai prigionieri come “Messico” ed anch’essa destinata ad ebree. Gli ebrei alloggiati temporaneamente non ricevono numeri di identità e non sono tatuati. Le selezioni sono effettuate a intervalli precisi: quando l’amministrazione del campo ha bisogno di lavoratori, invia alcuni prigionieri da questi campi a specifici campi ausiliari o alle squadre di lavoro. Allora essi sono registrati e ricevono numeri. Sotto la direzione della WVHA, altri vengono trasferiti nelle fabbriche di armamenti all’interno del Reich.”
C’è anche questa nota per un ingresso del Luglio del 1944: “gli ebrei maschi e femmine che non furono registrati ma furono tenuti come cosiddetti prigionieri in deposito o ebrei in transito nel Campi B-IIc, B-IIe, e nella Sezione B-III—chiamata “Messico”—non sono inclusi nel livello di occupazione di Auschwitz II.” (Danuta Czech, confronta, Auschwitz Chronicle: 1939-1945 [London/New York: I.B. Tauris, 1990], pp. 563-564, 664).
[36] Danuta Czech, confronta, Auschwitz Chronicle, p. 695.
[37] Encyclopedia of the Holocaust, Hungary, p. 702.
[38] Raul Hilberg, Die Vernichtung der europaischen Juden, già citato, p. 1000.
[39] Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews, p. 1220.
[40] Raul Hilberg, Die Vernichtung der europaischen Juden, già citato, p. 999.
[41] Jean-Claude Pressac, Les crématoires d’Auschwitz, già citato, 1993, pp. 147, 148. Nell’edizione tedesca del 1994 del suo lavoro (Die Krematorien von Auschwitz [già citato], p. 201), Pressac sostiene che da 160.000 a 240.000 ebrei ungheresi morirono ad Auschwitz.
[42] Carlo Mattogno, Auschwitz: The End of a Legend, 1994, pp. 23-26.
[43] Filip Muller, Eyewitness Auschwitz: Three Years in the Gas Chambers, New York, 1984, p. 133-141.
[44] Registri della Defense Intelligence Agency (RG 373), missione 60/RPS/462 60 SQ, Can 1508. Esposizione 3055, 3056. Pubblicati in John Ball, Air Photo Evidence, Delta (Canada), 1992, e in John Ball, The Ball Report, Toronto, 1993, pp. 5, 16. Vedi anche: Martin Gilbert, Auschwitz and the Allies, 1981, p. 216. Trasporti ferroviari degli ebrei ungheresi arrivarono a Birkenau il 31 maggio del 1944, secondo il Kalendarium. Vedi Danuta Czech, Auschwitz Chronicle, già citato, p. 637.
[45] Documento di Norimberga NO-5689. Vedi anche: Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews, già citato, pp. 934-935.
[46] Documento di Norimberga NO-5689.
[47] Documento di Norimberga PS-1166, pubblicato in IMT “blue series”, vol. 27, pp. 46-49. Questo è anche il documento di Norimberga NO-1990, pubblicato in NMT “green series”, vol. 5, pp. 388-89.
[48] Arthur Butz, op. cit., pp. 152-158, 169 e 234, specialmente le pagine 158-160.
[49] Rapporto del Comitato Internazionale della Croce Rossa sulle sue attività durante la seconda guerra mondiale (Geneva: ICRC, 1948; 3 volumi), vol. 1, pp. 641-657, specialmente le pagine 647-651. Questa parte è pubblicata anche da Arthur Butz, op. cit., 1997, pp. 133-142 e specialmente le pagine 138-139.
[50] Ministero della Giustizia dello Stato di Israele, The Trial of Adolf Eichmann, Volume VI, Jerusalem, 1994, Atti 1159, 1160, 1161 & 1163-1167.
[51] Secondo la letteratura standard dell’”Olocausto”, Chelmno venne riattivato nel Giugno e nel Luglio del 1944 per un periodo di 21 giorni, ma nessuno afferma che ebrei ungheresi vennero gassati lì. Le presunte gassazioni di Majdanek, così viene detto, sarebbero state fermate nel Novembre del 1943.
[52] Stutthof Archiwum Muzeum, I-IIb-8; Danuta Drywa, Ruch transportow miedzy KL Stutthof a innymi obozami, in: Zeszyty Sztutowo, n°9, 1990; Jurgen Graf e Carlo Mattogno, Das Konzentrationslager Stutthof, Hastings, 1999, pp. 28-29 [disponibile in rete in inglese all’indirizzo: http://litek.ws/aaargh/fran/livres6/CMJGStutthof.pdf ]. Su Stutthof in generale, vedi anche: Mark Weber, Stutthof, The Journal of Historical Review, Settembre-Ottobre 1997, Vol. 16, n°5, p. 2-6[disponibile in rete all’indirizzo: http://www.ihr.org/jhr/v16/v16n5p-2_Weber.html ].
[53] Jurgen Graf e Carlo Mattogno, op. cit., pp. 107-110.
[54] Jean-Claude Pressac, Die Krematorien von Auschwitz, già citato, pp. 199-200.
[55] Gossudarstvenny Archiv Rossiskoi Federatsii (Moscow), documento 7021-108-23.
[56] Gossudarstvenny Archiv Rossiskoi Federatsii (Moscow), documento 7021-108-23, pagine 181 e 183.
[57] Fonte: Istvan Deak, Hungary: The New Twist, The New York Review of Books, 18 Agosto 1988, p. 48.
[58] Pubblicato nel 1983 in inglese dall’Institute for Historical Review, e in tedesco da Grabert Verlag, Tubingen.
[59] Documento di Norimberga NO-5193. Testi completi in tedesco e in inglese in: Serge Klarsfeld, editore, The Holocaust and the Neo-Nazi Mythomania, New York, 1978, pp. 165-211. Pubblicato anche in: John Mendelsohn, editore, The Holocaust: Selected Documents in Eighteen Volumes, New York, 1982, vol. 12, pp. 210 ff.
Fonte: http://ita.vho.org/002cosa%20accadde%20agli%20ebrei.htm
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Author(s): | Olodogma |
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Published: | 2014-04-24 |
First posted on CODOH: | May 13, 2018, 11:34 a.m. |
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