Crimine contro l'umanità (goy): l'autodafé olocausto-sterminazionista, repressione della libertà di espressione
"L'autodafé, o auto da fé o sermo generalis, era una cerimonia pubblica, facente parte soprattutto della tradizione dell'Inquisizione spagnola, in cui veniva eseguita, coram populo, la penitenza o condanna decretata dall'Inquisizione. Il nome deriva dal portoghese auto da fé (in spagnolo, auto de fe), cioè atto di fede, e fu il cerimoniale giuridico più impressionante messo a punto e usato dall'Inquisizione". ( da Wikipedia)
...sic et simpliciter riesumata ed adattata alla bisogna dallo sterminazionismo olocau$tico "eletto" o semplice goyish.
Presentiamo, con l'autorizzazione dell'Autore, un breve brano sulla isterica, ossessiva, repressione della libertà di ricerca storica ed espressione del pensiero individuale nella Germania rieducata alla democrazia e alle credenze olocau$tiche. Nello specifico il caso di Günter Deckert, ben noto ai lettori di questo sito. Il brano è tratto da: "Logiche olocaustiche, I protocolli dei Savi Anziani goyim", del Dr. Gianantonio Valli, Conferenza III "Logica della Repressione, Il prezzo del coraggio", pagg. 169→172, il nuovo lavoro che sarà in distribuzione nei primi giorni di Giugno 2013 ). Un ringraziamento all'Autore da parte di alcuni lettori e di Olodogma .
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Quanto al concetto di «minimizzazione»
( del cosidetto olocau$to ebraico. "Concetto" idiotescamente fatto proprio dagli amanuensi copiaincollatori "italiani" bisognosi di leggi liberticide contro il dilagante "negazionismo") basti, a capirne l'assurda portata – come per ogni demopostulato liberticida, nessuna precisa definizione viene mai data del termine, la cui interpretazione viene lasciata all'arbitrio di ogni scherano – l'anatema scagliato da Eric Friedler contro l'omeopatico Ernst Nolte per avere egli osato, sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, confrontare i crimini di Hitler con quelli di Stalin, «minimizzando così l'Olocausto» (all'isterico Arruolato, l'editore Frank Schirrmacher assicura «di avere comunicato a Ernst Nolte, già nel 1994, che non avrebbe più potuto scrivere sulla FAZ»).
Lecito resta invece «comprendere», giustificare ed anzi approvare la trasformazione di Dresda in un immenso braciere e l'espulsione di sedici milioni di tedeschi dalle loro terre.
Lecito resta negare / minimizzare gli effetti del terrorismo aereo anglo-americano e l'atroce sadismo della Liberazione anglo-amero-franco-jugo-ceco-polacco-sovietica.
Lecito che la madre di Elisabetta II His Majesty the Queen inauguri nel 1992 un monumento all'insigne mass murderer Harris the Butcher, ed egualmente
lecito sostenere, come fa nel cinquantennale della strage su Sky TV un ex squadron leader, che Dresda era bersaglio di grande valore strategico, oltre che sede di una fabbrica di ottiche per i periscopi degli U-Boote (al febbraio 1945!).
Lecito resta arrestare «preventivamente» Deckert mentre si reca a Dresda per commemorare il cinquantesimo del massacro, lecito incarcerarlo per tre giorni, in attesa che il momento trapassi, senza elevargli accusa.
Doveroso è Le Monde, che il 14 febbraio 1995 chiama all'ordine i vinti: «Si capisce che i tedeschi non abbiano la stessa freddezza [n'aient pas la même distance] nei confronti del loro passato. Il 1995 è per loro un anno terribile; li mette metodicamente davanti ai ricordi del nazismo, che invano hanno tentato di rimuovere dopo 50 anni [...] Dobbiamo dunque ricordare alle giovani generazioni i crimini dei loro padri o dei loro nonni, ad esse che tenteranno di profittare dell'impunità data dalla nascita tardiva [qui auraient tendance à profiter de l'impunité offerte par la naissance tardive aggrappandosi alla tentazione "revisionista", sempre viva, di banalizzare l'Olocausto attraverso inammissibili confronti [par des comparaisons inadmissibles] con le vittime tedesche della guerra». Non solo viene poi criminalizzato chi nega o minimizza il «genocidio nazista», ma anche, scrive il giornalista Alfredo Venturi, chi alza bandiere o si fregia di simboli «nazistoidi», «che della svastica hanno ereditato il dirompente significato razzista e che all'emblema del Terzo Reich spesso si ispirano anche graficamente» (artt.86 e 86a). Entrano così nel mirino i simboli della Germania imperiale e gli adesivi della Deutsche Volks Union con la scritta «Ich bin stolz, Deutscher zu sein, Sono orgoglioso di essere tedesco», nel dicembre indiziati dal Bundesverfassungsschutz per Verfassungsfeindlichkeit, «ostilità alla Costituzione».
Poiché al demoridicolo non esiste limite, il 22 giugno il tribunale di Mannheim, accogliendo i suggerimenti del Bundesgerichtshof, alza ad un anno e mezzo la condanna di Deckert, motivando che l'offesa agli ebrei e l'incitamento all'odio razziale,pur essendosi Deckert limitato a tradurre senza commenti offensivi, era stata arrecata da altri suoi atti, quali
- «l'atteggiamento di fondo degli ascoltatori e - la loro pre-comprensione, Vorverständnis, - il loro abituale atteggiamento, - gli applausi a certi enunciati, - i gesti specifici dell'imputato [il quale, invero, non aveva trattenuto un sorrisetto alla critica delle - più plateali oloassurdità da parte di Leuchter], - l'accentuazione di taluni passaggi col tono, la forza della voce o anche osservazioni a commento», - non ultimo lo spietato termine «Holo» al posto del corretto «Holocaust».
Invero, già nell'URSS staliniana si finiva in carcere non solo per avere raccontato barzellette sul regime o non averle denunciate quale «propaganda antisovietica», ma anche – ricordano A. e P. Meyer in Storie per seicento anni - Quando i muri hanno orecchie, le strade hanno bocche. Batttute, storielle e altre manifestazioni politiche dai paesi dell'Est – per avere «sorriso in modo antisovietico ascoltandone una».
Quando però il 10 agosto diviene nota la motivazione della sentenza, altro sobbalzo: pur condannandolo a norma di legge, i giudici Wolfgang Müller e Rainer Orlet hanno scritto a chiare lettere che le azioni dell'imputato, «uomo di intelligenza superiore e di grande forza di carattere, animato da chiari princìpi» e che «difende con grande impegno e convinzione e con tutto il suo tempo e le sue energie», sono motivate «dall'obiettivo di rafforzare la capacità di resistenza del popolo tedesco contro le rivendicazioni ebraiche basate sull'Olocausto», e che, mentre si tende a porre una pietra sui crimini commessi da altri popoli, «ai tedeschi non si perdona nulla». (nella foto i due giudici. Link della foto e articolo
Ovvia la democanea, scatenata malgrado la pena inflitta e ogni dichiarazione sull'indipendenza della magistratura dal potere politico (i due giudici, insultati da politici e giornalisti, vengono abbandonati dai colleghi e dimissionati d'autorità per «motivi di salute»). Dopo l'usuale Leutheusser-Schnarrenberger («uno schiaffo in faccia a tutte le vittime dell'Olocausto»), il socialista Günter Verheugen («il più incredibile scandalo giudiziario dell'ultimo decennio») e il portavoce di Kohl Norbert Schaefer («un brutto segnale»), saltano in piedi Wizenthal, il WJC e Bubis. Titolando «Es muß erlaubt sein, die unabhängige Justiz zu kritisieren, Dev'essere permesso criticare l'indipendenza della giustizia» e definendo la sentenza «istruzioni per l'uso per la destra radicale», Bubis richiama al «dovere mondiale» della repressione: «Un uomo come Deckert non sarebbe [purtroppo] mai stato condannato in Olanda, in Inghilterra o in Danimarca. Mai sarebbe finito davanti ai giudici in un altro paese europeo. È ora che i paesi europei adottino legislazioni comuni», Die Welt 30 agosto 1994).
Quale risultato di tanto interesse, il 15 dicembre il Bundesgerichtshof si affianca alla Procura annullando il giudizio e riaprendo la tragica farsa. Il 21 aprile 1995 il terzo giudizio, del Landgericht di Karlsruhe, ovviamente sfavorevole all'imputato e confermato il 27 ottobre dal BGH,
Hans Heiko Klein
condanna Deckert a due anni di carcere senza condizionale. Di rientro dalla Spagna, «sussistendo il pericolo di fuga», lo studioso viene fatto arrestare dall'Oberstaatsanwalt Hans Heiko Klein, primario persecutore suo e di infiniti altri revisionisti, il 9 novembre all'aeroporto di Francoforte con l'accusa di avere curato, sotto lo pseudonimo di Günter Anton, la pubblicazione degli atti processuali e della sentenza, pronunciata «In nome del popolo tedesco»!, nel volume Der Fall Günter Deckert, "Il caso Günter Deckert", sequestrato e colpito da Verkaufsverbot, divieto di messa in vendita; per «offesa» alla demogiustizia: 20 mesi di carcere!
Nel marzo 1996 Deckert viene inoltre ricondannato dalla pretura di Stoccarda a 7 mesi per Volksverhetzung, in realtà per avere inviato una lettera aperta all'antitedesco Michael Friedman invitandolo, peraltro con tatto e misura e seguendo l'ingegner Georgij Aronov (nell'aprile 1972 internato per la terza volta in due anni in clinica psichiatrica, «la prima volta per aver fatto una dimostrazione impugnando un cartello in cui si leggeva: "Il posto degli ebrei è in Israele"; la seconda volta perché protestava davanti agli uffici della Ovir [l'ente addetto all'emigrazione ebraica dall'URSS]; la terza volta perché presentò domanda di emigrazione», scrive il duo FaustoCoen-LucianoTas) ed il presidente israeliano Ezer Weizmann (che peraltro aveva invitato tutti gli ebrei ad abbandonare per Israele la Terra Maledetta), a tornarsene nella sua vera terra, Israele, quando non gli piacesse quella tedesca.
Grundlagen zur Zeitgeschichte, "Ernst Gauss", pseudonimo di Germar Rudolf
Quattro altri anni incombono per avere usato gli aggettivi «angeblich, asserito» e «vermeintlich, presunto» in relazione alle gassazioni auschwitziane indagate da Rudolf in Grundlagen zur Zeitgeschichte; una manciata di altri mesi per avere «vilipeso» il commando demopoliziesco che gli stava devastando l'abitazione in una delle innumeri perquisizioni, definendolo «Stasi-West, Stasi dell'Occidente»; tre mesi, nuovamente infertigli nel novembre 1998 dal Landgericht di Karlsruhe per «offesa di un concittadino ebreo», avendo l'ex presidente NDP inviato una lettera a Bubis nella quale, premettendo di saperlo oloscampato da Auschwitz, Theresienstadt e Dachau, aveva richiesto, «motivato da interesse storico», il motivo per cui, se scopo dei nazionalsocialisti era annientare ogni ebreo, lo avevano fatto viaggiare in tal modo e alla fine lasciato in vita. Infine, già l'11 giugno 1997, mentre Deckert vegetava in cella sgranando i 51 mesi di carcere fino ad allora ricevuti, attraverso il proprio vice Pfennerling il presidente del BND Schmidtbauer aveva suggerito confidenzialmente al presidente della Commissione Giuridica bundestaghiana Horst Eylmann di adoprarsi affinché non venisse più fatta menzione del caso Deckert, come aveva invece imprudentemente fatto il 17 febbraio la stessa Commissione, né della Perizia Rudolf, né della posizione olocritica del »famigerato» David Irving («Es ist erstaunlich, daß sich der Rechtsausschuss des Deutschen Bundestages mit dem m.E. fragwürdigen Gutachten des berüchtigten Herrn David Irving befaßt...»). Il tutto, per non suscitare critiche all'estero verso i capi del GROD.
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Gianantonio Valli : “Logiche olocaustiche, I protocolli dei Savi Anziani goyim”, 241 pagine, maggio 2013, © 2013 effepi Edizioni, via Balbi Piovera 7 – 16149 Genova. Euro 20. Per ordinazioni telefoniche: 010-6423334- 338-9195220,
e-mail : [email protected] , il volume sarà disponibile dal 1° Giugno 2013.
Altre notizie sul caso di Günter Deckert
- http://olodogma.com/wordpress/0240-una-buona-notiziail-31-05-2013-il-revisionista-gunter-deckert-sara-nuovamente-libero/ - http://olodogma.com/wordpress/0155-repressione-della-liberta-di-espressione-il-caso-gunter-deckert/ - http://olodogma.com/wordpress/0091-il-revisionista-austriaco-gerd-honsik-querela-i-giudici-ed-i-procuratori-dello-stato-austriaco/ - http://olodogma.com/wordpress/0089-leggi-ultima-chance-gunter-deckert-in-galera-per-aver-tradotto-carlo-mattogno/ -Video della conferenza di Copenhagendel Maggio 2008, dove Günter Deckert tratta della repressione del revisionismo in Germania: http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=3uFtiUTyvwU#! Nota: GROD è l'acronimo di Grande Regime di Occupazione Democratica, coniato dall' Autore.
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Author(s): | Olodogma |
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Published: | 2013-05-20 |
First posted on CODOH: | July 20, 2017, 3:39 p.m. |
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