Decreti antiebraici e le "leggi di Norimberga" nella Germania Nazionalsocialista
Panoramica sui provvedimenti adottati dal Governo della Germania, dal 31 marzo 1933 in avanti, a tutela del Popolo Tedesco. Culmine di tali provvedimenti il riconoscimento dell'ebreo, residente in Germania, quale straniero, qualifica molto ambita dagli ebrei sionisti di Germania. Il brano è tratto dalle pagine 338÷355 del volume del dott. Gianantonio Valli, “L’ambigua evidenza. L’identità ebraica tra razza e nazione”, Ed. EFFEPI,736 pagine. Prima edizione, ottobre 2010. Olodogma ringrazia l'Autore per l'autorizzazione alla pubblicazione del testo.
(...) Prassi giuridica (1)
L'opera del Günther cui abbiamo fatto riferimento – Rassenkunde des deutschen Volkes, Antropologia del popolo tedesco – fu edita per la prima volta nel 1922 e vide in undici anni sedici edizioni; quella di Eichenauer uscì per la prima volta nel marzo 1934 e fu ristampata l'anno seguente; nel 1932 Mein Kampf, comparso in due volumi nel 1925 e nel 1927, conta 77 edizioni con una tiratura di 1.060.000 copie; dieci anni dopo sarebbe arrivata a 690 edizioni, con una tiratura complessiva, sempre nella sola lingua tedesca, di 8.150.000 copie.
Come detto al capitolo XXVII de I complici di Dio e alla nota 39 di Holocaustica religio (II ed.), nel 1934 l'ebraismo internazionale, coi suoi punti di forza in Inghilterra e negli USA, intensifica quell'aspra, aggressiva guerra contro la Germania – retta dal nazionalsocialismo a partire dal 30 gennaio 1933 – che la sua sezione «interna» aveva scatenato contro il popolo tedesco ancor prima del novembre 1918. Poiché non è qui la sede di trattare del secolare percorso dell'ebraismo, come illustrato in dodici tappe storiche da Hitler, rimandiamo il lettore direttamente alle pagine in questione (Mein Kampf, I 11).
Che la cosiddetta «rivoluzione russa» si debba poi identificare con un vero e proprio «colpo di stato bolscevico» diretto ed agìto in prima persona, per la quasi totalità della sua dirigenza, dall'ebraismo, lo abbiamo dimostrato nella terza Appendice de I complici di Dio e in Dietro la bandiera rossa. Basti qui richiamare, con Hitler, quella plastica sensazione, quella cognizione degli eventi e dei protagonisti del bolscevismo un tempo patrimonio della memoria europea:
«Quando ha raggiunto il potere politico, l'ebraismo getta la maschera. L'ebreo popolare e democratico si trasforma in ebreo sanguinario e tiranno del popolo. In pochi anni egli tenta di sradicare i portatori dell'intelligenza nazionale e togliendo ai popoli la loro guida naturale e spirituale li fa maturi per una soggezione permanente. Il più spaventoso esempio di ciò ci offre la Russia, dove l'ebreo lasciò morire di fame od uccise trenta milioni di uomini con una rabbia fanatica e selvaggia e sotto tormenti inumani; e ciò per assicurare ad un mucchio di ebrei letterati e banditi di Borsa il dominio su un grande popolo» (Mein Kampf, I 11).
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Dichiarazione di guerra ebraica,commerciale, alla Germania,Judea Declares War On Germany,Londra, Daily Express, 24 marzo 1933, 1^ edizione. Click...
Consapevole dell'indifferibilità di provvedimenti a tutela interna e internazionale della nazione tedesca, il governo del Reich adotta rapidamente misure legislative per difendere gli interessi, i valori, il concreto sangue germanico. A ritorsione per il boicottaggio proclamato dall'ebraismo internazionale a tempo indeterminato contro la Germania, il 31 marzo 1933 il ministro della Giustizia di Prussia, Hans Kerrl, emana il primo decreto di esclusione, limitando l'attività degli ebrei nel mondo legale. Ventiquattr'ore più tardi viene proclamata una giornata di boicottaggio dei negozianti e dei professionisti ebrei, sotto la guida di Julius Streicher, Gauleiter di Norimberga.
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Dichiarazione ebraica di guerra economica, boicottaggio merci, alla Germania, 25 Marzo 1933. 2^ edizione. Click...
Un decreto che esclude gli ebrei dall'amministrazione civile viene approvato dal Consiglio dei Ministri il 7 aprile. La Legge per la Ricostruzione e la Semplificazione dell'Amministrazione Civile dello Stato, firmata da Hitler, dal ministro degli Interni Frick e da quello delle Finanze Schwerin von Krosigk, prevede la messa a riposo di tutti i funzionari civili «che non siano di sangue ariano», ad eccezione dei militari che hanno prestato servizio al fronte nella guerra mondiale e delle persone i cui figli o padri sono caduti in guerra.
Un successivo decreto dell'11 aprile, definisce «non ario» chi ha per genitori o per nonni degli individui non-arî, e particolarmente degli ebrei. A tal fine è sufficiente che sia non ariano anche uno soltanto dei genitori o dei nonni. Alla stessa stregua viene considerata la discendenza extraconiugale, mentre l'adozione da parte di genitori arî non è riconosciuta valida agli effetti di conferire automaticamente all'adottato la qualifica di ario. La medesima legge dispone che nel caso in cui la discendenza ariana sia incerta debba venire richiesto il parere di esperti nominati dal ministero degli Interni. Questi provvedimenti valgono per tutti i funzionari pubblici del Reich, dei Länder e degli enti dipendenti, compresi quelli di diritto pubblico e gli istituti di assicurazione. La Reichsbank e le Ferrovie tedesche sono autorizzate ad applicare gli stessi criteri al proprio personale, criteri che, sia pure in modo «giudizioso», possono essere applicati anche nei riguardi degli avventizi.
Il 30 giugno, viene approvata una legge sull'assunzione dei funzionari pubblici: «Chi non è di discendenza ariana o è sposato con persona di discendenza non ariana, non può essere assunto come funzionario del Reich. I funzionari del Reich che contraessero matrimonio con una persona di discendenza non ariana saranno licenziati». Per valutare della non-arianità «non è più decisiva una qualche fede religiosa od un nome, ma unicamente la discendenza, cioè l'appartenenza ad una data razza».
Alla sensibilità moderna di quel lettore che ritenga «urtanti» tali criteri, lo storico potrebbe invitare a considerare che:
1. propositi e precetti ben immorali ha imposto per millenni ed impone l'insegnamento biblico-talmudico;
2. più o meno ufficialmente, a torto o ragione ma in ogni caso con piena consapevolezza, il popolo tedesco si trova in guerra contro un popolo-Stato dotato di infinite «quinte colonne»;
3. ancor oggi, nell'anno 2000, per quanto un arabo faccia addirittura parte della Corte Suprema, il democratico Israele non accetta arabi quali funzionari governativi di livello più o meno elevato;
4. assoluto è il divieto per i non-ebrei a prestare servizio nelle forze armate;
5. vietata è anche la partecipazione di cittadini israeliani non-ebrei, cioè cristiani o musulmani, alla vita comunistica dei kibbutzim.
Da quelle prime due, l'emanazione di leggi antiebraiche prosegue senza interruzioni: quattrocentotrenta provvedimenti legislativi saranno emanati fino al novembre 1944, quarantuno dei quali entro la fine del 1933. Dell'asprezza delle «vessazioni» subite fino al momento della radicalizzazione del conflitto con l'ebraismo mondiale testimonia l'ebreo George Mosse (Il dialogo ebraico-tedesco - Da Goethe a Hitler, Giuntina, 1995):
«Eccettuati i liberi professionisti, poco fu fatto per indebolire la posizione economica della maggioranza degli ebrei tedeschi. È vero che tra il 1933 e l'autunno del 1937 furono espropriati i beni di pochi ebrei molto in vista e potenti, per lo più proprietari di giornali e di grandi magazzini, ma, malgrado il boicottaggio decretato il 1° aprile 1933 [della durata, risottolineiamo, di un giorno, o meglio di sei-otto ore, e per di più di sabato, giorno di chiusura-riposo per gli ebrei osservanti], i commercianti ebrei continuarono a guadagnare di che vivere un'esistenza accettabile».
«Una pietra miliare negli annali dell'antisemitismo» (così sempre Mosse II) rappresenta il settimo Congresso del Partito Nazionalsocialista a Norimberga (da martedì 10 a lunedì 16 settembre 1935), significativamente chiamato Parteitag der Freiheit, «Congresso della Libertà».
Il motto di tale adunanza (a differenza di quello del precedente «Congresso dell'Unità e della Forza» tenutosi nel 1934) suona Wehrfreiheit durch Wehrpflicht, «Libertà di difesa attraverso il dovere di difesa». Nel tardo pomeriggio del 15 settembre, alla presenza dei deputati del Reichstag riuniti in seduta straordinaria nel Kulturvereinshaus (Casa della Cultura), Hermann Goering dà lettura di tre leggi, che vengono accolte con entusiastiche acclamazioni.
La prima, firmata da Hitler, Frick e dal capo di Stato Maggiore von Blomberg, non concerne la questione ebraica. Essa impone come bandiera nazionale e commerciale del Reich i colori bianco, nero e rosso con lo svastica, che non solo va a sostituire la vecchia bandiera imperiale nero-bianco-rossa introdotta da Hindenburg l'11 marzo 1933 (affiancata con pari dignità dalla bandiera nazionalsocialista), ma soprattutto cancella il tricolore nero-rosso-oro della Repubblica di Weimar, introdotto nel novembre 1918 dopo il crollo del secondo Reich (sarà in seguito riesumato quale vessillo della Repubblica Federale). Pur mantenendo i colori della Germania imperiale, diverso è tuttavia lo spirito sotteso alla nuova insegna: «La bandiera di una volta andava bene per il Reich di una volta, così come, grazie a Dio, la Repubblica scelse la bandiera che va bene per lei [...] Noi non ci proponiamo di destare dalla morte il vecchio Reich, crollato per i propri errori, ma di fondare uno Stato nuovo [...] In qualità di socialisti nazionali noi ravvisiamo nella bandiera il nostro programma. Nel rosso ravvisiamo l'idea sociale del movimento, nel bianco l'idea nazionalista e nella croce uncinata la missione di combattere per la vittoria dell'uomo ario e per il trionfo dell'idea del lavoro creatore, che fu e sarà sempre antigiudaico» (Mein Kampf, II 7).
Le altre due leggi, rimaste alla storia come Leggi di Norimberga – «il più micidiale strumento legislativo della storia d'Europa», secondo Gerald Reitlinger – riguardano essenzialmente gli ebrei tedeschi e rivestono un grado di importanza maggiore.
Una prima, Reichsbürgergesetz, «Legge sulla Cittadinanza del Reich», firmata da Hitler e Frick, stabilisce i criteri per l'acquisizione della cittadinanza. Già il 14 luglio 1933 il gabinetto aveva approvato un decreto che autorizzava la revoca della cittadinanza e la confisca delle proprietà nei confronti di coloro che, avendo ottenuto la cittadinanza sotto la Repubblica di Weimar, risultassero «indesiderabili», nonché nei confronti dei cittadini tedeschi emigrati all'estero che avessero dato prova di slealtà verso il Reich. Il 23 agosto successivo Frick aveva così tolto la cittadinanza a parecchi transfughi anche di notevole fama, la maggior parte dei quali ebrei. In seguito la legislazione in materia aveva incorporato sporadici ampliamenti, come il decreto di Hitler e Frick del 15 maggio 1935 che negava l'esistenza di diritti automatici all'acquisizione della cittadinanza e subordinava ciascun caso all'esame e all'approvazione delle autorità competenti.
La seconda legge del 15 settembre è più radicale. Essa distingue, in base a criteri ideologico-razziali, fra «membri dello Stato» (Staatsangehörige) e veri e propri «cittadini» (Reichsbürger, «cittadini del Reich»), dotati come tali della pienezza dei diritti politici. Nella seconda categoria rientrano solo persone di sangue tedesco od affine, che con il loro comportamento abbiano dimostrato il desiderio e le capacità di servire lealmente il popolo e lo Stato tedeschi.
Dopo che il precedente regolamento sulla cittadinanza del 5 febbraio 1934 aveva abolito la cittadinanza dei Länder, lasciando ai loro governi la facoltà di prendere decisioni in materia di diritto di cittadinanza solo in nome e su incarico del Reich, la nuova legge e i regolamenti esecutivi attuano il 4° e il 5° punto del programma della NSDAP: «Staatsbürger kann nur sein, wer Volksgenosse ist. Volksgenosse kann nur sein, wer deutsches Blutes ist, ohne Rücksichtnahme auf Konfession. Kein Jude kann daher Volksgenosse sein» per cui, traduce Giuseppe Lo Verde, insigne giurista palermitano,
«Può essere cittadino dello Stato chi fa parte della comunità popolare. Della comunità popolare può far parte soltanto chi è di sangue tedesco senza riguardo alla confessione. Nessun israelita può perciò far parte della comunità popolare»
e «Wer nicht Staatsbürger ist, soll nur als Gast in Deutschland leben können und muß unter Fremdengesetzgebung stehen, Chi non è cittadino dello Stato, può vivere in Germania solo come ospite e deve sottostare alla legislazione per gli stranieri».
La ratio di tale posizione è scolpita da Hitler in Mein Kampf, II 3:
«Il diritto di cittadinanza s'acquista oggi in prima linea col nascere entro i confini d'uno Stato. La razza o l'appartenenza alla nazione non hanno in ciò nessuna parte. Un negro, vissuto una volta nei territori di protettorato tedesco ed ora dimorante in Germania, mette al mondo un figlio che è "cittadino tedesco". E così, ogni figlio di ebrei o di polacchi o di africani o di asiatici può essere senz'altro dichiarato cittadino tedesco [...] L'acquisto della cittadinanza si svolge non diversamente dall'ammissione in un club automobilistico. Il candidato presenta la sua richiesta, si procede ad un'indagine, la richiesta è accolta, ed un bel giorno gli si fa conoscere con un biglietto che è diventato cittadino dello Stato. E la notizia gli è data in forma umoristica: a colui che finora è stato uno zulù od un cafro si comunica che "è diventato tedesco"! Siffatto privilegio è la prerogativa di un semplice funzionario. In un batter d'occhio questo funzionario fa ciò che nemmeno il Cielo potrebbe fare. Un tratto di penna, e un mongolo diventa un autentico "tedesco". Non solo non ci si cura della razza di quel nuovo cittadino, ma non ci si preoccupa nemmeno della sua sanità fisica. Egli può essere roso dalla sifilide quanto vuole, tuttavia è benvenuto quale cittadino per lo Stato odierno, purché non rappresenti né un onere finanziario né un pericolo politico. Così ogni anno lo Stato assorbe elementi velenosi da cui non può più liberarsi».
Lo Stato Nazionale ripartisce invece gli abitanti in tre categorie: cittadini, membri dello Stato, stranieri. La nascita non rende di per se stessa cittadino un individuo, bensì gli conferisce l'«appartenenza allo Stato»:
«Questa, per sé, non rende capaci di coprire cariche pubbliche né di esercitare un'attività politica partecipando ad elezioni [...] Il giovane di nazionalità tedesca, appartenente allo Stato, ha l'obbligo di compiere l'educazione scolastica prescritta ad ogni tedesco. Così si assoggetta all'educazione necessaria a diventare un membro del popolo avente coscienza della razza e della nazionalità [...] Quando il giovane, sano e virtuoso, ha terminato il servizio militare, gli viene conferito nella maniera più solenne il diritto di cittadinanza [Staatsbürgerrecht]».
Il certificato di cittadinanza deve
«essere conferito con un solenne giuramento da prestare alla comunità nazionale e allo Stato. Questo documento deve essere come un legame allacciante tutti i ceti e varcante tutti gli abissi».
Nel riservare l'acquisto della cittadinanza agli appartenenti allo Stato «di sangue tedesco o affine», la legge sostituisce il termine «discendenza ariana» che si ritrova nella legislazione precedente, al quale non si era potuto ascrivere un preciso significato giuridico a cagione della sua provenienza dagli studi linguistici. Concretamente possono divenire cittadini tedeschi, oltre alle persone di sangue tedesco, i misti (Mischlinge) di secondo e di primo grado, gli appartenenti agli altri popoli europei e i discendenti di questi che siano di razza pura, fermo restando che la cittadinanza non viene conferita automaticamente, ma dopo valutazione di ogni singolo caso. Il conferimento è costituito da un atto amministrativo, dalla concessione cioè della «patente di cittadinanza» (Reichsbürgerbrief). I principali diritti ad essa collegati sono l'elettorato e la capacità di rivestire un impiego pubblico. A colui che intende acquisire la cittadinanza, oltre che il possesso dell'appartenenza allo Stato e delle premesse di carattere razziale, la legge richiede una terza condizione: che egli «sia idoneo e intenzionato di servire fedelmente il popolo tedesco ed il Reich». L'attestazione di questa volontà e di questa idoneità è data soprattutto dall'effettuata prestazione del Servizio del Lavoro (RAD Reichsarbeitsdienst) e del servizio militare.
Fanno seguito a questa altre leggi contenenti limitazioni di diritto pubblico per le persone non di sangue tedesco od affine: così i regolamenti sulla professione di medico del 13 dicembre 1935, di veterinario del 3 aprile 1936, di avvocato del 21 febbraio 1936 e di farmacista del 18 aprile 1937. Tutte queste professioni, per la concezione nazionalsocialista dei rapporti sociali, non sono più considerate «libere», ma «vincolate al popolo ed allo Stato» (Volks- und Staatsgebundene Berufe), per cui i professionisti in questione sono investiti di pubbliche funzioni.
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Blutschutzgesetz, die Nürnberger Gesetze, 1935: Deutschblütiger, Mischling 2. Grades, Mischling 1. Grades, Jude. Click...
La terza legge del 15 settembre – o Seconda Legge di Norimberga – Gesetz zum Schutze des deutschen Blutes und der deutschen Ehre, «per la difesa del sangue e dell'onore tedesco», firmata da Hitler, Frick, dal ministro della Giustizia Franz Gürtner e da Rudolf Hess quale Stellvertreter («facente funzione» per le cose di Partito) del Führer, comincia con il constatare che la purezza del sangue tedesco costituisce il requisito primo per la continuazione del popolo tedesco e con l'affermare l'incrollabile decisione del Reichstag di assicurare in tal senso il futuro della nazione.
Già il Taschenwörterbuch des Nationalsozialismus, "Dizionario Tascabile del Nazionalsocialismo", pubblicato in seconda edizione nel 1934 a cura di Hans Wagner dal Nationalsozialistischer Lehrerbund, "Lega nazionalsocialista degli insegnanti" (la seconda edizione porta il titolo "Dizionario tascabile del Nuovo Stato"), aveva recitato alla voce Mischehen, "Matrimoni misti":
«Essi sono matrimoni fra appartenenti a razze diverse. Il principio razziale del nazionalsocialismo richiede da ogni cittadino la tutela della razza e la conservazione della purezza del sangue. Di conseguenza i matrimoni tra appartenenti a razze diverse non sono nazionalsocialisti. Eccetto le disposizioni per il riordinamento del pubblico impiego [la citata legge del 7 aprile 1933] la legislazione non ha finora proibito i matrimoni misti, ma essi sono divenuti praticamente impossibili in virtù del comportamento del popolo».
La nuova legge proibisce ora, sotto pena del carcere, i matrimoni o le relazioni extraconiugali fra ebrei e cittadini tedeschi, di sangue tedesco o affine. Tali matrimoni, anche se contratti all'estero per eludere la legge, sono dichiarati nulli (lo Statistisches Jahrbuch für das Deutsche Reich annate 1937-1941/42 riporta, per il delitto di Rassenschande, «disonoramento della razza», 1911 condanne a pene varianti dal minimo di un giorno al massimo di quindici anni di carcere, e precisamente: 11 nel 1935, 358 nel 1936, 512 nel 1937, 434 nel 1938, 365 nel 1939, 231 nel 1940). Inoltre, gli ebrei non possono assumere come persone di servizio donne di sangue tedesco o affine di età inferiore ai 45 anni (età considerata limite per la fertilità). Agli ebrei è infine vietato esporre la bandiera nazionale e del Reich, nonché portare i colori del Reich. Hanno invece l'esplicito permesso di esporre e portare i colori ed i simboli ebraici, facoltà il cui esercizio è tutelato dallo Stato. Ben dissonanti dall'odierno sentire sono le reazioni di due autorevoli organi ebraici ufficiali, come anche del principale periodico delle SS.
Già il 17 settembre la Jüdische Rundschau, organo della Zionistische Vereinigung für Deutschland, pubblica un entusiastico editoriale, ove afferma che il Reich
«soddisfa le richieste del Congresso Sionista Mondiale, quando dichiara che tutti gli ebrei attualmente residenti in Germania sono una minoranza nazionale [e non religiosa]. Una volta che gli ebrei sono riconosciuti come minoranza nazionale, è nuovamente possibile stabilire relazioni normali tra la nazione tedesca e la nazione ebraica. Le nuove leggi offrono alla minoranza ebraica in Germania la propria vita culturale, la propria vita nazionale. In futuro agli ebrei sarà possibile fondare proprie scuole, un loro proprio teatro, le proprie associazioni sportive. In breve, il popolo ebraico potrà essere artefice del proprio futuro sotto ogni aspetto della propria vita nazionale [...] La Germania ha dato alla minoranza ebraica l'opportunità di vivere basandosi sulle proprie forze e concede la protezione dello Stato per questa vita separata della minoranza ebraica. Il processo che porta dalla comunità ebraica alla nazione verrà incoraggiato e contribuirà allo stabilimento di migliori rapporti tra le due nazioni».
Ancora più plausi giungono il giorno 19 da parte di Der Israelit, organo della comunità
ortodossa in Germania, quando il periodico, dopo avere espresso il proprio appoggio all'idea di autonomia culturale e di educazione separata, approva senza ambiguità l'interdizione a celebrare matrimoni misti.
Il 26 settembre segue poi, tra le tante voci ufficiali di parte tedesca, l'himmleriano Das Schwarze Korps:
«L'avere riconosciuto la comunità ebraica quale comunità razziale basata sul sangue e non sulla religione porta il governo tedesco a garantire incondizionatamente l'integrità razziale di questa comunità. Il governo tedesco è in piena sintonia col grande movimento della comunità ebraica chiamato sionismo, il quale riconosce la solidarietà degli ebrei in tutto il mondo e rigetta ogni concetto di assimilazione. Su questa base, la Germania vara misure che in futuro avranno un ruolo determinante nella risoluzione della questione ebraica nel mondo».
Due mesi dopo la promulgazione, il 14 novembre, le due leggi ricevono una prima conferma con un Regolamento Esecutivo. Un secondo Regolamento, specificamente inerente alla Legge sulla Cittadinanza, viene emanato il 21 dicembre.
Un inquadramento della ratio delle due leggi, espressione del «nuovo atteggiamento dello spirito tedesco», ma radicate nella più profonda anima della Germania, viene offerto nel 1941 agli italiani dal Lo Verde:
«I concetti giuridici nazionalsocialisti sono [...] formulati tenendo conto del processo di formazione del popolo tedesco e in particolar modo del fatto che il popolo tedesco ha assunto la sua particolare caratteristica della razza nordico-falica (nordisch-fälisch). Con tale constatazione non si disconosce che il popolo germanico, come tutti gli attuali popoli civili, rappresenta un miscuglio di razze, miscuglio fra quelle che i biologi hanno determinato come razze-tipo. La proporzione nella quale avviene il miscuglio determina l'essenza ed il modo di manifestarsi di un popolo, fermo essendo che soltanto le cosiddette razze composte costituiscono delle realtà empiriche. Il miscuglio degli elementi razziali contenuti in un popolo avviene di regola entro i limiti del popolo stesso. Dato che tale procedimento dura da secoli e continua con ogni generazione, tutti gli appartenenti ad un popolo sono il frutto dei più svariati incroci. Il popolo è una comunità di propagazione in forte misura segregata da secoli e magari da millenni dai popoli vicini. I più importanti elementi razziali dei popoli moderni si ritrovano perciò in germe o sviluppati in ogni appartenente al popolo. Si viene così alla conclusione che più che una razza composta si tratta di un vincolo di sangue esistente nei singoli popoli che diventa più forte dopo ogni nuova generazione e che dà luogo a quella che opportunamente si è chiamata una razza secondaria o storica. Tali razze secondarie formano la base organica del carattere nazionale, che va formandosi per la tradizione sociale attraverso le particolarità della storia di un popolo».
La diversità della composizione razziale costituisce ovviamente una divisione del popolo. Il collegamento razziale che progredisce con ogni generazione fa del popolo una stirpe (Artgemeinschaft, «comunità di natura e di modo d'essere», la natio di latina ascendenza), di cui forma biologicamente il nucleo la razza determinante di quel popolo, che, in parte più o meno grande ed in forma più o meno incisiva, è attiva in ogni appartenente al popolo. La stirpe si presenta così come il «corpo del popolo», per cui in tedesco si parla di Volkskörper. Poiché tuttavia la strutturazione razziale tedesca è stata storicamente presente come Reich, «impero», e non come «nazione», essa comprende anche popolazioni estranee alla stirpe tedesca:
«Ma la diversità della composizione razziale non è a confondersi con l'esistenza in Germania dopo la formazione del grande Reich di gruppi di popolazioni non tedesche. Il Führer ha dichiarato più volte che egli respinge ogni forma di germanizzazione o di assimilazione violenta di queste popolazioni. Le leggi che proteggono le popolazioni non tedesche non sono state ancora riunite in un ordinamento organico, né potrebbero esserlo, data la brevità del tempo trascorso dalla formazione del grande Reich»
(e, aggiungiamo, del conflitto allora in corso, voluto mondiale da Inghilterra, USA ed URSS proprio per impedire la realizzazione di una comunità dei popoli europei intorno al più forte, determinato e centrale nucleo germanico).
Quanto agli aspetti normativi della Seconda Legge di Norimberga, prima di passare ad esporli come chiariti nel decreto (Verordnung) supplementare del 14 novembre, è necessario soffermarci sull'argomento del presente volume: l'identità ebraica, ora considerata nell'ottica del nazionalsocialismo, dopo averla trattata da quella dello stesso ebraismo. È il decreto applicativo che, nella parte riguardante la Legge sulla Cittadinanza, definisce giuridicamente i concetti di «ebreo» e di «misto ebreo». Uno dei commenti più esaustivi al proposito è quello formulato dai giuristi W. Stuckart ed R. Schiedermair in Rassen- und Erbpflege in der Gesetzgebung des Dritten Reiches, "Tutela della razza e del patrimonio ereditario nella legislazione del Terzo Reich", edito a Lipsia nel 1939, del quale riportiamo integralmente i tre corrispondenti sottocapitoli, tratti dall'opera di Horst Seidler e Andreas Rett.
A – IL PUNTO DI PARTENZA PER LA DEFINIZIONE LEGALE DEI CONCETTI.
In linea di principio la classificazione di un individuo consegue all'appartenenza razziale dei suoi nonni. In tal modo si può di regola rinunciare ad una indagine biologico-razziale [su di lui]. Poiché ogni persona ha quattro nonni, bisogna distinguere, in senso biologico-razziale:
ebrei completi [Volljuden],
ebrei a tre quarti [Dreivierteljuden],
ebrei a metà [Halbjuden] ed
ebrei a un quarto [Vierteljuden].
Questa quadri-partizione non è stata accettata dalla legislazione razziale. In linea di principio la legge fa distinzione fra due soli gruppi: «ebrei» e «misti ebrei». Poiché per la classificazione razziale di un individuo è determinante l'appartenenza razziale dei nonni, la decisione se quell'individuo sia ebreo o misto ebreo presuppone la determinazione dell'appartenenza razziale dei nonni. Ne consegue che si rende necessario rintracciare i nonni ebrei completi; in linea di principio non vengono presi in considerazione i nonni con solo una parte di sangue ebraico.
I. Per la determinazione dell'appartenenza razziale dei nonni ha valore la presunzione, strettamente legale, che un nonno è considerato ebreo completo se ha fatto parte della comunità religiosa ebraica (praesumptio iuris et de iure).
- 1. Questa presunzione trova conferma nel fatto che un tempo l'appartenenza razziale all'ebraismo coincideva di regola con l'appartenenza alla comunità religiosa ebraica e che il frammischiamento delle razze si è diffuso solo nelle ultime generazioni. Un nonno di un individuo oggi vivente che abbia fatto parte della comunità religiosa ebraica, deve perciò essere, di regola, anch'egli razzialmente ebreo completo.
a) In primo luogo la presunzione [giuridica] facilita ogni conclusione. Essa esclude senz'altro ricorsi infondati, e difficilmente confutabili, sul fatto che un nonno possa aver fatto parte della comunità religiosa ebraica ma fosse di sangue tedesco o misto.
b) Inoltre, poiché la presunzione è [giuridicamente] inconfutabile, essa significa che un uomo che ha fatto parte della comunità ebraica è considerato ebreo completo anche se è in effetti solo misto o di sangue tedesco. Nella misura in cui la presunzione [giuridica] della realtà non fosse corretta o comportasse aspetti di effettiva durezza [wirkliche Härten], il Führer e Cancelliere del Reich può accordare esenzioni.
c) La presunzione ha valore soltanto per la classificazione dei nipoti e non per quella dei nonni, anche se essi hanno fatto parte della comunità religiosa ebraica. Quando si tratti di determinare la posizione giuridica di un nonno, per la classificazione razziale bisogna risalire ai suoi nonni.
d) Quando non operi la presunzione [giuridica], bisogna ricorrere esclusivamente all'evidenza biologico-razziale.
- 2. In linea di principio l'appartenenza alla comunità religiosa ebraica si fonda su segni oggettivi. Qualora si volesse affiancare ad essi segni soggettivi o prescindere completamente dal considerare l'appartenenza, legalmente definita, alla comunità religiosa ebraica, si entrerebbe per ogni caso in pesanti e complicati procedimenti di prova. Ciò viene evitato appunto con l'uso dell'elemento «presunzione» [giuridica].
Possono essere considerati segni oggettivi di appartenenza alla comunità religiosa ebraica:
a) L'ingresso nella comunità religiosa ebraica che consegue alle usuali cerimonie rituali.
b) La conseguente registrazione negli elenchi della circoscrizione sinagogale ebraica.
c) Il conseguente pagamento delle tasse di culto.
- 3. È indifferente la lunghezza del periodo in cui il nonno ha fatto parte della comunità religiosa ebraica. Un nonno che abbia fatto parte della comunità religiosa ebraica anche solo per un certo periodo va considerato ebreo completo. Anche qui possono venire appianate particolari durezze [besondere Härten], che sorgano in conseguenza del criterio di presunzione, attraverso un'esenzione accordata dal Führer e Cancelliere del Reich.
II. Nel caso che il nonno non abbia mai fatto parte della comunità religiosa ebraica, si dà effettiva la presunzione che egli non fu di razza ebraica (praesumptio iuris). Questa presunzione può tuttavia venire confutata. Occorre allora accertare che il nonno fu razzialmente ebreo completo, se deve essere inserito nella classificazione razziale del nipote.
B – DEFINIZIONE DEI CONCETTI.
a) Il concetto di ebreo.
- I. Nell'intendimento della legge è ebreo, a prescindere dalla cittadinanza [Staatsangehörigkeit] e dal sesso:
1. Chi discende da quattro nonni ebrei completi.
2. Chi discende da tre nonni ebrei completi e da un nonno non ebreo [l'Ordinanza del Maresciallo Petain 18 ottobre 1940, stabilirà che «est regardé comme Juif» una persona con tre nonni «de race juive», o anche con due soli «de la même race» quando sia ebreo il coniuge].
Agli ebrei completi sono parificati anche gli ebrei a tre quarti in relazione alla loro predominante percentuale di sangue ebraico.
- II. È da considerare ebreo anche il cittadino [Staatsangehörige] tedesco che discende da due nonni ebrei completi e da due altri non-ebrei, se egli:
1. Al 16 settembre 1935 (giorno della promulgazione della Legge sulla Cittadinanza) ha fatto parte della comunità religiosa ebraica o vi è entrato successivamente.
2. Al 16 settembre 1935 era sposato con un ebreo o con un ebreo si è successivamente sposato.
3. Discende da un matrimonio celebrato dopo il 17 settembre 1935 (giorno dell'entrata in vigore della Legge per la Protezione del Sangue) con uno degli ebrei di cui a «I 1» e «I 2».
4. Discende da un rapporto extramatrimoniale con uno degli ebrei di cui «I 1» e «I 2» e nasce dopo il 31 luglio 1936 fuori del matrimonio.
b) Il concetto legale di misto.
Misto ebreo è chi discende da uno solo o da due nonni razzialmente ebrei completi, nella misura in cui non debba essere considerato ebreo (vedi supra «II 1–2»).
- I. I misti ebrei [Jüdische Mischlinge] si dividono in due gruppi:
- 1. I misti di primo grado (ebrei a metà), cioè coloro che discendono da due [soli] nonni ebrei. Di essi fanno parte le persone discese da due nonni ebrei completi, che «sono da considerare ebrei». Questi non vanno classificati tra i misti ebrei, ma tra gli ebrei (vedi «a II 1-4»).
- 2. I misti ebrei di secondo grado (ebrei a un quarto), cioè coloro che discendono da un solo nonno ebreo completo.
- II. Questa distinzione gioca un ruolo importante per le disposizioni di legge valevoli per i misti ebrei, soprattutto per quanto concerne i divieti matrimoniali. Naturalmente in ambo i gruppi non vengono considerati quei misti per i quali la parte di sangue non ebraica è tedesca. Le notazioni «misto di primo grado» e «misto di secondo grado» non si trovano nella legge, ma sono introdotte da una circolare del ministro degli Interni del 26 novembre 1935 [...]
e) L'applicazione dei concetti.
- I. I concetti legali di «ebreo» e «misto ebreo» sono esclusivi, cioè non autorizzano una corrispondente applicazione in casi analoghi. Da ciò consegue tra l'altro che:
- 1. Se un individuo ha nonni che hanno una sicura impronta di sangue [Bluteinschlag] ebraica ma non sono ebrei completi, le impronte di sangue ebraiche non vengono sommate. Piuttosto, riguardo alla definizione se un nipote sia ebreo o misto ebreo, non si tiene conto dei nonni che non sono ebrei pieni. La legge non considera dunque affatto i bisnonni e non conosce ebrei a tre ottavi [Dreiachtel-] o a cinque ottavi [Fünfachteljuden].
- 2. La sposa di sangue tedesco di un ebreo è di sangue tedesco. Ciò vale anche quando si sia convertita alla comunità religiosa ebraica.
- II. La distinzione terminologica operata dalla legge tra individui che «sono ebrei» [Juden sind] e individui che «sono da considerare ebrei» [als Juden gelten] tiene conto solo della distinzione biologico-razziale esistente tra i due gruppi, ma non ha alcuna importanza giuridica. La posizione giuridica di tutti gli individui compresi sotto il concetto di ebreo (supra «a I II») è comunque la stessa in ogni caso. Una disposizione di legge che usa la definizione di «ebreo» concerne perciò sempre tutti gli ebrei, senza riguardo se «sono ebrei» o «sono da considerare ebrei».
C – ESENZIONI.
Il Führer e Cancelliere del Reich può concedere esenzioni dal disposto dei decreti esecutivi della Legge sulla Cittadinanza del Reich.
- I. La concessione di un'esenzione comporta l'equiparazione giuridica di un ebreo o di un misto ebreo con le persone di sangue tedesco, o l'equiparazione giuridica di un ebreo con un misto ebreo, e precisamente limitata all'ambito per il quale l'esenzione è stata concessa.
L'esenzione può essere concessa solo dal Führer e Cancelliere del Reich. Le domande devono essere inoltrate alle più alte autorità amministrative competenti del luogo di residenza o del domicilio abituale del richiedente.
- II. Tale disposizione serve ad appianare eventuali durezze subentranti, che oltrepassano lo scopo della legge. La concessione dell'esenzione è da considerarsi solo in casi previsti e del tutto particolari:
- 1. Quando gravi motivi consigliano di discostarsi dalle norme di legge nell'interesse della comunità e non solo nell'interesse del richiedente.
- 2. Quando il richiedente sembra degno dell'esenzione in considerazione delle sue caratteristiche personali, soprattutto razziali, spirituali e caratteriali, delle sue benemerenze e del suo atteggiamento politico.
Complimentandoci con quel lettore che abbia seguito con vigile cura le ostiche pagine appena trascorse, veniamo, più brevemente, al decreto applicativo della Legge per la Protezione del Sangue. Esso afferma in primo luogo che le persone di sangue tedesco possono contrarre matrimonio fra loro e con i misti di II grado. In ambedue i casi la prole viene considerata di sangue tedesco. Con i misti di I grado essi possono contrarre matrimonio solo in base a speciale autorizzazione.
I misti di II grado non possono contrarre matrimonio fra loro; possono invece contrarre matrimonio con i misti di I grado dietro autorizzazione. La prima delle disposizioni vale a favorire l'assorbimento dei misti di II grado da parte della popolazione di sangue tedesco. Per la stessa ragione i misti di II grado non possono contrarre matrimonio con individui tre quarti ebrei ed ebrei completi.
I misti di I grado possono, dietro autorizzazione, contrarre matrimonio con persone di sangue tedesco. Essi possono anche stipulare matrimonio fra loro; i figli sono considerati egualmente misti di I grado. Essi possono anche stipulare matrimonio con individui per tre quarti ebrei e con gli ebrei completi. In questi casi sono considerati ebrei ambedue i genitori ed i figli.
I tre quarti ebrei non possono stipulare matrimonio con persone di sangue tedesco né con i misti di II grado. In tutti gli altri casi potranno contrarre matrimonio e saranno considerati ebrei sia i coniugi ed i figli. Lo stesso è per gli ebrei completi.
Terminiamo il paragrafo con le definizioni di ebreo date
1. dal governo italiano col Regio Decreto 17 novembre 1938-XVII n.1728, art. 8 (ove il termine «razza» non è usato con rigida accezione scientifica, ma è sinonimo di «stirpe, nazione, sangue»),
2. dal secondo Statut des Juifs francese, varato il 2 giugno 1941 dal commissario generale agli Affari Ebraici Xavier Vallat e pubblicato sul Journal Officiel il 27, nel quale la definizione ha carattere non solo razziale, ma anche religioso (al primo Statuto, varato dal ministro della Giustizia Alibert il 3 ottobre 1940 e pubblicato sul J.O. l'8 ottobre, segue l'abrogazione del decreto Crémieux il 7 ottobre), e
3. dal governo slovacco di monsignor Jozef Tiso col "Codice Ebraico" n.198/1941 del 9 settembre 1941 (Nariadenie zo dza 9. septembra 1941 o právnom postavení Zidov, duecentosettanta articoli definitori e normativi, raccolti in dieci sezioni).
● Quanto al primo: «Agli effetti di legge:
a. è di razza ebraica colui che è nato da genitori entrambi di razza ebraica, anche se appartenga a religione diversa da quella ebraica;
b. è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di cui uno di razza ebraica e l'altro di nazionalità straniera;
c. è considerato di razza ebraica colui che è nato da madre di razza ebraica qualora sia ignoto il padre;
d. è considerato di razza ebraica colui che, pur essendo nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, appartenga alla religione ebraica, o sia, comunque, iscritto ad una comunità israelitica, ovvero abbia fatto, in qualsiasi altro modo, manifestazione di ebraismo. Non è considerato di razza ebraica colui che è nato da genitori di nazionalità italiana, di cui uno solo di razza ebraica, che, alla data del 1° ottobre 1938-XVI, apparteneva a religione diversa da quella ebraica».
● Quanto al secondo, è ebreo:
«1. Un individuo, appartenente o meno ad una confessione religiosa, che abbia tre nonni di razza ebraica o anche solo due quando il coniuge abbia due nonni ebrei. Il nonno di religione ebraica è considerato membro della razza ebraica.
2. Un individuo che sia di religione ebraica o lo sia stato fino al 25 giugno 1940 e abbia due nonni di razza ebraica. La non appartenenza alla religione ebraica è attestata producendo prove dell'appartenenza a una confessione riconosciuta dallo Stato avanti la legge 9 dicembre 1905. Il disconoscimento o l'annullamento del riconoscimento di un figlio considerato ebreo non hanno effetto riguardo alle precedenti disposizioni».
● Quanto al terzo, è ebreo: «Art. 1 [...] senza distinzione di sesso, chi:
a. da almeno tre generazioni è discendente da ascendenti di razza ebraica [tali definiti, come per il nazionalsocialismo, dall'appartenenza alla comunità religiosa ebraica];
b. è incrocio [miesanec] ebreo chi è discendente da almeno due nonni di razza ebraica, ed inoltre (1) alla data del 20 aprile 1939 apparteneva alla religione ebraica o è diventato tale dopo questa data, (2) si è sposato con un ebreo dopo il 20 aprile 1939, (3) è discendente di un coniuge che ha contratto matrimonio con una persona appartenente alla razza ebraica dopo il 20 aprile 1939, (4) è nato da una relazione extramatrimoniale con un ebreo in data successiva al 20 febbraio 1940».
* * *
Volgendo questa appendice al termine, invitiamo il lettore a confrontare i criteri dell'«essere ebreo» dati dagli ebrei con quelli della legislazione nazionalsocialista.
Come è generalmente risaputo, e a prescindere dagli individui convertiti, dai coniugi accettati e dal criterio della frequentazione della comunità religiosa, per gli ebrei halachici è «ebreo» chiunque sia nato da madre ebrea, e questo a prescindere se la madre abbia avuto anche ascendenti non-ebrei. Per la legge israeliana può poi essere ebreo, indipendentemente dal sesso del genitore o dell'avo – e dato per ebreo completo l'avo o il bisavolo – anche un individuo che abbia un solo quarto di sangue ebraico. Il che vale a dire, rovesciando la prospettiva, che – in via di pura teoria – può essere considerato ebreo addirittura un individuo con tre quarti di sangue gentile.
Per il nazionalsocialismo, in parallelo, può essere accolto ed assorbito nella più ampia comunità di sangue tedesco anche un individuo con sangue ebraico al cinquanta per cento (misto di I grado), ottenendo in tal modo per i suoi figli uno status giuridico privo di discriminazione. Se un nonno (vedi supra «A II») non risulta iscritto nelle liste sinagogali, e in assenza di evidenti motivazioni per essere considerato ebreo, tale nonno viene automaticamente considerato non ebreo.
A proposito della «politica di demarcazione» matrimoniale prescritta delle due Leggi di Norimberga scrive Franzì: «È interessante, inoltre, notare come mentre nessuna eccezione si fa per l'ebreo puro, qualcuna può essere ammessa per l'ebreo al cinquanta ed al venticinque per cento, ed inoltre come individui, sia pure ariani, sposati ad elementi ebraici, vengano considerati quali ebrei al cinquanta in quanto si ritiene che essi debbano indubbiamente avere una affinità di idee con l'elemento israelita o, in ogni modo, debbano essere stati influenzati dal mondo ebraico».
Evidentemente esiste una contraddizione tra l'ultima considerazione del Franzì e il commento di Stuckart e Schiedermair in «e I 2» – contraddizione parzialmente spiegabile col considerare l'individuo del Franzì come di sesso maschile.
Quanto al concetto di «arianità», anch'esso vede una certa interna articolazione, differente secondo l'impegno politico del singolo. Così, mentre per la maggior parte delle attività gli ebrei al di sotto del quarto (i misti di II grado) vengono considerati ariani sotto quasi tutti gli aspetti, per gli iscritti alla NSDAP, come per le loro consorti, è richiesta un'ascendenza ariana pura dal 1800 in poi. Per gli appartenenti alle SS, nucleo germinale e punto di partenza biologico per lo sperato «riscatto» nordico della nazione tedesca, oltre a particolari caratteristiche di natura fisica, caratteriale ed intellettuale è richiesta un'ascendenza ariana a partire dal 1650.
* * *
Se il lettore dovesse chiederci una personale opinione su quanto finora esposto, dovremmo confessare di essere rimasti spesso sorpresi, tanto è discorde il quadro rispetto alle immagini correnti da ormai mezzo secolo.
La prima impressione – a prescindere da un indubbio, urtante sentimento di artificiosità e addirittura farraginosità, derivante in primo luogo dall'essere noi immersi nel clima psico-esistenziale di un mondialismo ideologico e di una globalizzazione pratica che rende ostico ogni approccio alla problematica razziale – concerne la serietà dell'elaborazione nazionalsocialista delle norme giuridiche.
La seconda: il fondarsi della definizione di «ebreo» non tanto sui pur numerosi dati biologici, quanto su oggettivi criteri religioso-sociali.
La terza: l'accettazione e il «recupero», a certe condizioni di garanzia, di un sangue ebraico anche percentualmente cospicuo (nella Grande Germania del 1939 sono 72.000 i misti di I grado, 42.000 quelli di II grado).
La quarta: il senso del reale – così lontano dagli invasamenti «teutonici» cui ci ha assuefatto una cinquantennale pubblicistica – nel riconoscere la complessità storica di ogni singola fattispecie razziale.
La quinta: la profondità di pensiero di Hitler quanto all'elaborazione di motivi etico-religiosi consonanti coi fondamenti dell'ethos pagano.
La sesta: il duro equilibrio, da situare in un'epoca di sangue e ferro che vede da un lato l'aggressione del mondialismo liberale e dall'altro l'immane stragismo bolscevico, della legislazione nazionalsocialista e in particolare di Hitler.
Tutto ciò, e mille altre cose di cui si potrebbe trattare, in primo luogo il ripristino della verità sugli eventi più controversi della storia contemporanea – in primo luogo sull'effettivo destino degli ebrei europei nel conflitto mondiale – ci conferma come l'«odio» per il sangue ebraico che si suole imputare al fascismo tedesco possa essere legittimamente inteso come forma di difesa contro una snaturante realtà mondialista.
Uno degli obiettivi del nazionalsocialismo – «Nationalsozialismus ist angewandte Rassenkunde, Il nazionalsocialismo è antropologia applicata», rivendica il Reichsamtsleiter Karl Motz – è certo consistito nella esclusione della presenza ebraica dal suolo europeo, ma non mediante quell'Olocausto che rintrona e perseguita l'umanità da mezzo secolo, bensì attraverso il riassorbimento del patrimonio genico dei Mischlinge nel più vasto patrimonio genico europeo e l'allontanamento degli ebrei dalla Germania dall'Europa, più volte ribadito agli intimi.
notte dall'8 al 9 agosto 1941 – «Se c'è un popolo che ha il diritto di ordinare delle evacuazioni, questo popolo siamo noi, poiché a più riprese abbiamo dovuto evacuare la nostra stessa popolazione. Dalla sola Prussia Orientale sono dovuti migrare ottocentomila uomini. Il nostro grado di sensibilità è dimostrato dal fatto che consideriamo il massimo della brutalità l'aver liberato il nostro paese da seicentomila ebrei. E tuttavia abbiamo ammesso senza recriminazioni, e come una cosa inevitabile, l'evacuazione dei nostri compatrioti!».
25 ottobre 1941 – «Dalla tribuna del Reichstag ho profetizzato al mondo ebraico che gli ebrei sarebbero scomparsi dall'Europa qualora la guerra non si potesse evitare. Questa razza di criminali ha sulla coscienza i due milioni di morti della guerra mondiale, e ora ne ha già centinaia di migliaia. Che non mi si venga a dire che ciò nonostante non possiamo rinchiuderli nelle regioni paludose dell'Est! Chi si cura dei nostri uomini?».
19 novembre 1941 – «Il piagnucolare che fanno oggi alcuni borghesi sotto il pretesto che gli ebrei devono andar via dalla Germania è un aspetto caratteristico di questi baciapile. Hanno forse pianto quando ogni anno centinaia di migliaia di tedeschi, non potendo guadagnarsi il pane sul nostro suolo, dovevano emigrare? Costoro non avevano parentele nel mondo, erano abbandonati a se stessi, partivano per l'ignoto. Niente di simile per gli ebrei, i quali hanno dappertutto degli zii, dei nipoti, dei cugini. La pietà dei nostri borghesi è in tale occorrenza decisamente inopportuna».
25 gennaio 1942 – «Bisogna agire radicalmente. Quando si cava un dente, lo si cava d'un colpo solo, e il dolore non tarda a scomparire. L'ebreo deve levar le tende dall'Europa. Altrimenti nessun accordo sarà possibile tra europei».
27 gennaio 1942 – «L'ebreo deve andarsene, scomparire dall'Europa. Se ne vada in Russia! Quando si tratta degli ebrei ignoro qualsiasi sentimento di pietà. Saranno sempre il fermento che spinge i popoli gli uni contro gli altri. Seminano zizzania dappertutto, tanto fra gli individui quanto fra i popoli. Dovranno sloggiare anche dalla Svizzera e dalla Svezia. Dove sono in pochi, è là che sono più pericolosi. Mettete cinquemila ebrei in Svezia – in poco tempo vi occupano tutti i posti di potere! Evidentemente, ciò li rende più facilmente riconoscibili. È assolutamente naturale che noi ci preoccupiamo della questione sul piano europeo. Infatti, scacciarli dalla Germania non basta. Non possiamo ammettere che essi conservino posizioni di agguato alle nostre porte. Vogliamo essere al sicuro da tutte le infiltrazioni».
4 aprile 1942 – «È abbastanza strano constatare come le nostre classi superiori, le quali non si sono mai preoccupate di centinaia di migliaia di emigranti tedeschi né della miseria di questi, si abbandonino a un sentimento di compassione per la sorte degli ebrei che noi intendiamo scacciare. I nostri compatrioti dimenticano troppo facilmente che gli ebrei hanno complici nel mondo intero».
15 maggio 1942 – «E su questi stessi ebrei, specialisti nella pugnalata alla schiena, la nostra borghesia si impietosisce quando noi li spediamo in qualche località dell'Est! Ciò che tuttavia è strano è che la nostra sentimentale borghesia non abbia mai versato una lacrima sui duecentocinquantamila o trecentomila tedeschi che, anno dopo anno, si vedevano costretti a lasciare il loro paese».
Crollato per interna dissoluzione il marxismo, più chiara deve farsi la visione, per ogni buon europeo, di quel maggiore nemico dell'uomo e dei popoli identificato da Giorgio Locchi, Alain de Benoist e Guillaume Faye a cavallo dei primi anni Ottanta, epoca in cui il comunismo incombente sui due tronconi d'Europa appariva ai più come l'unico, vero, assoluto nemico. L'ironia della Storia, in un lasso di tempo incredibilmente breve, ha indicato nel liberalismo il nemico più fermo e agguerrito, il nemico strategico e metafisico, il nemico principale della visione del mondo, degli interessi e del concreto agire europei.
E tale cancro dell'uomo era stato identificato già mezzo secolo fa da Alfred Rosenberg (Der Mythus des XX Jahrhunderts - Eine Wertung der seelisch-geistigen Gestaltungs-kämpfe unserer Zeit, Hoheineichen, 1935):
«Chi si propone di impedire il declino dell'Europa deve definitivamente staccarsi dalla concezione del mondo liberale, disgregante dello Stato, e raccogliere tutti gli elementi, uomini e donne, ognuno nel suo specifico campo d'azione, per la parola d'ordine: protezione della razza, forza del popolo, disciplina dello Stato».
L'osservanza delle leggi del sangue, la difesa della razza e del popolo – serbatoio vivente e potenziale di energia della Nazione – in un momento supremo in cui decine di milioni di individui di ogni colore, incitati dal verbo assassino dell'Unico Dio e dagli interessi della Finanza mondiale, si preparano a sommergere l'Europa, è ai nostri giorni solo la premessa, ma la premessa vitale per ogni riscatto.
«Quel che si può dire di qualsiasi popolo»
– osserva Hitler il 20 agosto 1942 in un pensiero che fa giustizia di tutta la paccottiglia di Herrenvolk e Untermenschen, darwinisticamente elaborata in epoca guglielmina (ma non scordiamo che il darwinismo sociostorico, temperie dell'epoca, era allora patrimonio comune dell'intellettualità di ogni paese, vedi il «polacco» Ludwig Gumplowicz docente a Graz e nel 1883 autore di Der Rassenkampf "La lotta delle razze", e dei ceti dirigenti di ogni paese, compresa the God's Own Country) –
«è che, nel complesso, non è né buono né cattivo. La massa non possiede né il coraggio di distinguersi nel bene né la mollezza necessaria per splendere nel male. È il peso impresso dagli estremi che fa pendere la bilancia in un senso o nell'altro».
Ma coloro che incarnano, interpretano e sostanziano di realtà il sistema di valori di una nazione possono sorgere solo dal popolo stesso. È quindi doveroso e morale mantenere quanto più indenne il patrimonio genico del popolo, segmento temporale della nazione, poiché solo in ciò risiede la speranza che i valori dei Padri tornino a fissare direttrici più alte e più giuste.
La degenerazione di un popolo, la perdita della differenziazione così a fatica conquistata nel divenire storico, la discesa nel caos spirituale e nello smarrimento biologico, significano molto più che la regressione biologica di quel popolo.
Significano l'esaurirsi dell'uomo – di ogni uomo, bianco o nero, nomade o sedentario, primitivo o evoluto – il disfacimento di ogni civiltà, la morte di ogni sistema di valori, la scomparsa di ogni dio. Decaduto un popolo nella sua corporeità, persa la continuità biologica della stirpe, «non rimangono a testimonianza dell'Eterno né le religioni né gli Stati» (Hitler a Norimberga il 16 settembre 1935).
Si spezza la continuità coi Padri, perisce il concetto di nazione, si segmenta nel solipsismo ogni esistenza, s'annulla ogni afflato divino, si spegne ogni sentire sacrale.
Per quanto una «purezza» non sia oggi possibile né recuperabile – come non lo era mezzo secolo fa, né secoli o millenni fa, cosa della quale furono sempre consapevoli i Capi delle rivoluzioni europee – compito di ogni essere umano, sua prerogativa, suo vanto, sua forza deve essere la fedeltà quanto maggiore alla propria eredità biologica e, quindi, spirituale.
Ciò in quanto, assevera Hitler: «Ogni cosa su questa terra è migliorabile. Ogni sconfitta può essere la causa di una futura vittoria. Ogni guerra persa, la base di una prossima ripresa. Ogni necessità, lo stimolo dell'energia umana; e da ogni soggezione possono sorgere le forze di una rinascita – finché il sangue sia conservato puro» (Mein Kampf, I 11).
Non ho consegnato il popolo ario
nelle mani dello straniero
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Eine Sünde gibt's auf Erden
uralt schon, doch immer neu,
untreu seinem Volk zu werden
und sich selber ungetreu.
Sulla terra c'è una colpa
antichissima e sempre nuova
non restare fedeli al proprio popolo
non restare fedeli a se stessi.
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Dein Leben lebst du nicht auf eigne Hand,
du bist ein Glied von Volk und Vaterland!
La tua vita non la vivi da te solo,
sei un elemento del popolo e della patria!
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Halte Dein Blut rein,
es ist nicht nur Dein.
Es kommt weit her,
es fließt weit hin.
Es ist von tausend Ahnen schwer,
und alle Zukunft strömt darin.
Halte rein das Kleid
deiner Unsterblichkeit!
Mantieni puro il sangue,
non è solo tuo.
Il sangue viene da lontano,
e lontano fluisce,
porta il peso di mille avi
e vi scorre tutto il futuro.
Mantieni puro il manto
della tua immortalità!
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noi sappiamo che con la distruzione della famiglia
si disperdono i valori della famiglia stessa
e nella distruzione delle leggi di un intero popolo
l'empietà prevale in tutta la razza
le donne della famiglia diventano corrotte
e il sangue così non è più puro
la confusione delle razze non consente di compiere
gli antichi riti secondo il costume degli avi
e gli avi stessi se la voce del popolo ha un che di vero
sono trascinati in un misero stato di totale infelicità
Le cinque citazioni provengono:
● dal dio vedico Indra in Rig Veda, X 49 3;
● dalla scritta sul masso che segna la tomba del poeta Adolf Bartels a Dithmarschen;
● da Du und Dein Volk, opuscolo donato dalla Reichsleitung della NSDAP agli studenti alla fine dell'anno scolastico;
● da un volantino del Rassenpolitisches Amt der NSDAP, Gau Baden data ignota, ripreso da Will Vesper in Biologie für höhere Schulen, volume II, 1943;
● da Bhagavad Gita I 40-42.
(...)
___________________________
Note:
1) Il brano è tratto dalle pagine 338÷355 del volume del dott. Gianantonio Valli, “L’ambigua evidenza. L’identità ebraica tra razza e nazione”, Ed. EFFEPI, via Balbi Piovera n.7, 16149 Genova – Prima edizione ottobre 2010 – pag.736 – Euro 50,00. QUI la recensione dell’Opera. Per ordinarlo chiamare il 338-9195220, o scrivere a [email protected].
2) Sulle "Leggi di Norimberga" segnaliamo un altro interessante articolo, a firma dello stesso Autore, presente su questo sito: Cliccare QUI
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Author(s): | Olodogma |
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Published: | 2014-10-08 |
First posted on CODOH: | Aug. 15, 2018, 7:25 a.m. |
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