Dominique Venner : Perché mi do la morte

Published: 2013-05-22

Perché mi do la morte

Dominique Venner,in morte

Sono sano di spirito e di corpo e sono innamorato di mia moglie e dei miei figli. Amo la vita e non attendo nulla nell'al di là, se non il perpetrarsi della mia razza e del mio spirito. Cionondimeno, al crepuscolo di questa vita, di fronte agli immensi pericoli per la mia patria francese ed europea, sento il dovere di agire finché ne ho la forza; ritengo necessario sacrificarmi per rompere la letargia che ci sopraffà. Offro quel che rimane della mia vita nell'intenzione di una protesta e di una fondazione. Scelgo un luogo altamente simbolico, la cattedrale Notre Dame de Paris che rispetto ed ammiro, che fu edificata dal genio dei miei antenati su dei luoghi di culto più antichi che richiamano le nostre origini immemoriali. Quando tanti uomini vivono da schiavi, il mio gesto incarna un'etica della volontà. Mi do la morte al fine di risvegliare le coscienze addormentate. Insorgo contro la fatalità. Insorgo contro i veleni dell'anima e contro gli invadenti desideri individuali che distruggono i nostri ancoraggi identitari e in particolare la famiglia, nucleo intimo della nostra civiltà plurimillenara. Così come difendo l'identità di tutti i popoli presso di loro, insorgo contro il crimine consumato nel rimpiazzo della nostra popolazione. Essendo impossibile liberare il discorso dominante dalle sue ambiguità tossiche, appartiene agli Europei di trarre le conseguenze. Non possedendo noi una religione identitaria cui ancorarci, abbiamo in condivisone, fin da Omero, una nostra propria memoria, deposito di tutti i valori sui quali rifondare la nostra futura rinascita in rottura con la metafisica dell'illimitato, sorgente nefasta di tutte le derive moderne. Domando anticipatamente perdono a tutti coloro che la mia morte farà soffrrie, innanzitutto a mia moglie, ai miei figli e ai miei nipoti, così come ai miei amici fedeli. Ma, una volta svanito lo choc del dolore, non dubito che gli uni e gli altri comprenderanno il senso del mio gesto e che trascenderanno la loro pena nella fierezza. Spero che si organizzino per durare. Troveranno nei miei scritti recenti la prefigurazione e la spiegazione del mio gesto. Dominique Venner

Fonte: https://www.facebook.com/gabriele.adinolfi?hc_location=timeline

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dominique_venner

"Ci vorrà certamente un gesto nuovo, spettacolare e simbolico per scuotere la sonnolenza, scrollare le coscienze anestetizzate e risvegliare la memoria delle nostre origini", ha scritto Venner, sul suo blog, annunciando la sua morte. "I manifestanti del 26 maggio contro i matrimoni omosessuali hanno ragione di gridare la loro collera. Una legge infame che, una volta votata può sempre essere abrogata". Per Venner però "non basterà organizzare delle gentili manifestazioni di strada per impedirle ". Bisognerà invece procedere a una vera "riforma intellettuale morale". Questa la ragione per la quale, secondo Repubblica, si sarebbe tolto la vita Dominique Venner, sparandosi in bocca alle 16 di ieri a Parigi, dentro la Cattedrale di Notre Dame. Una spiegazione molto riduttiva e sbrigativa che sembra fare di Venner un moralista anziché un militante nazionalista che fin dalla gioventù si era battuto contro la decadenza della Francia e della sua civiltà. Saggista e storico di prim'ordine, Venner è stato tra i più grandi storici del dopoguerra, particolarmente ferrato nella storia delle armi ma anche in quella del terrorismo, lasciò libri significativi su epopee guerriere quali i Corpi Franchi e la Guerra di Secessione, rigorosamente dalla parte del Sud. Distaccano tra le sue opere, oltre a quelle tecniche sulle armi, Baltikum (1974), Le Blanc Soleil des vaincus (1975), Le Cœur rebelle (1994), Gettysburg (1995), Histoire critique de la Résistance (1995), Histoire d'un fascisme allemand: les corps-francs du Baltikum et la révolution (1996), Les Blancs et les Rouges (1997), Histoire de la Collaboration (2000), Histoire du terrorisme (2002). Venner , che aveva aderito a Jeune Nation dopo i moti d'Ungheria (1956) e quindi aveva fondato con Pierre Sidos il Parti Nationaliste (1959), coinvolto da giovane nella guerra d'Algeria e nell'OAS, era stato fondatore di Europe-Action (1963). Dopo aver contribuito alla fondazione del Grece se n'era allontanato per maggior anticomunismo fondando l'Institut d'études occidentales (IEO), critico verso l'antiatlantismo di de Benoist. Nel 1990 aveva dato vita ad una rivista storica ad altissima diffusione Enquête sur l'histoire, per poi fondare nel 2002 La Nouvelle Revue d'Histoire, trasformata nel 2006 NRH. Militare e militante, questo Junker gallico, autentica incarnazione del mito dei Centurioni di Lartéguy, ha dedicato la vita a combattere ogni forma di sovvertimento. Così anche il suo ultimo gesto è stato quello di un guerriero: si è dato la morte e le ha dato un significato. Il suo cuore ribelle ha cessato di vivere con un coup d'éclat, in un luogo sacro, alzando nel cielo il bianco sole dei vinti.

Fonte:https://www.facebook.com/notes/gabriele-adinolfi/il-bianco-sole-dei-vinti/10151623998644456

 

______________Ultimo post sul suo blog____________

 

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Les manifestants du 26 mai auront raison de crier leur impatience et leur colère. Une loi infâme, une fois votée, peut toujours être abrogée.

Je viens d’écouter un blogueur algérien : « De tout façon, disait-il, dans quinze ans les islamistes seront au pouvoir en France et il supprimeront cette loi ». Non pour nous faire plaisir, on s’en doute, mais parce qu’elle est contraire à la charia (loi islamique).

C’est bien le seul point commun, superficiellement, entre la tradition européenne (qui respecte la femme) et l’islam (qui ne la respecte pas). Mais l’affirmation péremptoire de cet Algérien fait froid dans le dos. Ses conséquences serraient autrement géantes et catastrophiques que la détestable loi Taubira.

Il faut bien voir qu’une France tombée au pouvoir des islamistes fait partie des probabilités. Depuis 40 ans, les politiciens et gouvernements de tous les partis (sauf le FN), ainsi que le patronat et l’Église, y ont travaillé activement, en accélérant par tous les moyens l’immigration afro-maghrébine.

Depuis longtemps, de grands écrivains ont sonné l’alarme, à commencer par Jean Raspail dans son prophétique Camp des Saints (Robert Laffont), dont la nouvelle édition connait des tirages record.

Les manifestants du 26 mai ne peuvent ignorer cette réalité. Leur combat ne peut se limiter au refus du mariage gay. Le « grand remplacement » de population de la France et de l’Europe, dénoncé par l’écrivain Renaud Camus, est un péril autrement catastrophique pour l’avenir.

Il ne suffira pas d’organiser de gentilles manifestations de rue pour l’empêcher. C’est à une véritable « réforme intellectuelle et morale », comme disait Renan, qu’il faudrait d’abord procéder. Elle devrait permettre une reconquête de la mémoire identitaire française et européenne, dont le besoin n’est pas encore nettement perçu.

Il faudra certainement des gestes nouveaux, spectaculaires et symboliques pour ébranler les somnolences, secouer les consciences anesthésiées et réveiller la mémoire de nos origines. Nous entrons dans un temps où les paroles doivent être authentifiées par des actes.

Il faudrait nous souvenir aussi, comme l’a génialement formulé Heidegger (Être et Temps) que l’essence de l’homme est dans son existence et non dans un « autre monde ». C’est ici et maintenant que se joue notre destin jusqu’à la dernière seconde. Et cette seconde ultime a autant d’importance que le reste d’une vie. C’est pourquoi il faut être soi-même jusqu’au dernier instant. C’est en décidant soi-même, en voulant vraiment son destin que l’on est vainqueur du néant. Et il n’y a pas d’échappatoire à cette exigence puisque nous n’avons que cette vie dans laquelle il nous appartient d’être entièrement nous-mêmes ou de n’être rien.

Fonte: http://www.dominiquevenner.fr/2013/05/la-manif-du-26-mai-et-heidegger/

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Author(s): Olodogma
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Published: 2013-05-22
First posted on CODOH: July 22, 2017, 11:28 a.m.
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