Fabulazione olocau$tica: rivolta nel ghetto di Varsavia? Mai stata! semplice operazione di polizia? Parla il Prof. Faurisson
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La menzogna di Auschwitz e dintorni non regge più! La fabulazione olocau$tica ha raggiunto il limite del rigetto, neppure chi ha contribuito alla diffusione della propaganda sterminazionista riesce più a gestire , con un qualche guadagno, la versione conformista ! Addirittura il giornale ebraico israeliano haaretz intesta il pezzo di gat eli ("Holocaust survivor") sulla pretesa "rivolta" del ghetto ebraico di Varsavia con un bel "mito" ! Piano piano, gli sono serviti 20 anni per accettare, obtorto collo, la revisione storica, ci arrivano anche "loro", ma solo per disperazione per l'assoluto discredito della favola spacciata per verità! Ci sarà una "Norimberga", nel senso di una chiarificazione liberatoria, non certo con le forche tipiche erette dai FALSARI di STORIA e VERITA', per i mentitori professionisti olocau$tici e per i loro "ventriloqui"-suggeritori ? Presentiamo un breve estratto della notizia e un articolo del Prof. Robert FAURISSON del 28 Aprile 1993. Olodogma
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Il mito Ghetto di Varsavia
(Titolo originale)
I combattenti del ghetto possono essere stati coraggiosi , ma non hanno combattutocome è stato rappresentato . E che diritto avevano da decidere il destino degli altri 50.000 ?
Come molti sopravvissuti all'Olocausto , ho sempre sentito a disagio per il modo in cui è stata plasmata la memoria della Shoah . Il mito del ghetto di Varsavia è un ottimo esempio .
Il ghetto di Varsavia - il nome stesso è ingannevole . Gli ebrei del Ghetto di Varsavia non si ribellarono . Nell'estate del 1942 circa 300.000 ebrei del ghetto sono stati inviati a Treblinka e assassinati. Circa 50.000 persone sono state lasciate nel ghetto , erano risparmiati dalla morte al momento perché erano professionisti esperti che hanno lavorato nelle fabbriche tedesche sia all'interno che all'esterno del ghetto . Queste persone non hanno mai pensato rivolta, hanno pensato alla sopravvivenza.
Solo un piccolo gruppo di giovani si ribellarono , le cui dimensioni e gli sforzi sono stati gonfiati alla proporzioni mitiche in Israele dopo che lo Stato è stato fondato nel 1948 . Ancora più importante, la rivolta , iniziata il 19 aprile 1943 , ha contraddetto la strategia di sopravvivenza degli ebrei che erano rimasti nel ghetto .
Fonte: http://www.haaretz.com/jewish-world/jewish-world-features/.premium-1.564834
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IL GHETTO DI VARSAVIA – APRILE-MAGGIO 1943
(Insurrezione o operazione di polizia ?)
Articolo del Prof. Robert FAURISSON del 28 Aprile 1993
Ogni anno, attorno al 19 Aprile, i media commemorano ciò che essi chiamano “la rivolta”,“il sollevamento” o “l’insurrezione” del ghetto di Varsavia.
Nei racconti dei giornalisti, l’avvenimento tende ad assumere proporzioni sempre più epiche e simboliche.
“Non c’è mai stata alcuna insurrezione” (1). Quest’affermazione, risalente al 1988, è di Marek Edelman, che fu uno dei principali responsabili dei gruppi armati ebraici del ghetto.
Edelman aggiunse: “non abbiamo nemmeno scelto il giorno; i tedeschi lo imposero penetrando nel ghetto per cercare gli ultimi ebrei”.
Egli precisò che il numero degli ebrei che combatterono con le armi in pugno non superò mai le 220 unità.
Non ci fu l’insurrezione di un popolo intero per ottenere la propria libertà o difendersi contro la deportazione; ci fu soltanto la reazione di un gruppo di giovani ebrei i quali, vedendo le truppe tedesche penetrare nel loro santuario, tentarono prima di opporvisi, poi tentarono di fuggire il terzo giorno e,infine, accerchiati, si difesero con le armi.
In 20 giorni di scaramucce i tedeschi e i loro ausiliari persero 15 uomini (2).
Il tutto si avvicinò ad un’operazione di polizia in piena guerra piuttosto che di una vera insurrezione come quella che sarebbe stata scatenata nell’Agosto del 1944, a Varsavia, dai resistenti polacchi dell’Armata dell’Interno sotto il comando del Gen. “Bor” Komorowski.
I media stentano a commemorare questa eroica insurrezione polacca che i sovietici lasciarono che i tedeschi schiacciassero con comodo.
I resistenti polacchi dell’Agosto 1944 si batterono con un coraggio tale che le truppe tedesche resero loro gli onori militari.
E’ tuttavia interessante conoscere per quale motivo, nell’Aprile 1943, i tedeschi presero la decisione di lanciare un’operazione di polizia in seno al ghetto di Varsavia.
Gli ebrei raggruppati in questo “ghetto” o questo “quartiere ebraico”, costituivano una popolazione di circa 36.000 persone ufficialmente registrate, alle quali si aggiungevano, con ogni probabilità, più di 20.000 clandestini.
Il ghetto era, in un qualche modo, una città nella città, amministrato da uno “ Judenrat “ (consiglio ebraico) ed una polizia ebraica che collaboravano con le autorità occupanti, anche contro i “terroristi” ebrei.
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Dei rifugi antiaerei furono costruiti su disposizione dei tedeschi in seguito ad un primo bombardamento su Varsavia da parte dell’aviazione sovietica nel 1942. Per realizzare ciò i tedeschi fornirono agli ebrei il cemento ed i materiali necessari.
Sono questi rifugi anti-aerei che la leggenda avrebbe trasformato in “Blockhaus” (casamatta) e in “Bunkers” paragonabili, in parte, alle casematte della Linea Maginot francese.
Laboratori e fabbriche funzionavano ed operai ebrei vi lavoravano per conto dei tedeschi di cui erano i fornitori.
All’interno del ghetto avveniva un intenso commercio.
Piccoli gruppi armati che non rappresentavano più di 220 persone, il cui programma comportava l’uso del terrore e del sabotaggio, si diedero ad estorsioni contro la polizia ebraica, contro i consigli ebraici e contro le guardie delle fabbriche e dei laboratori (3).
Questi “terroristi” traevano profitto dall’attività industriale e commerciale del ghetto, ricattavano i commercianti e gli abitanti, esercitando minacce su di essi che arrivavano, per esempio, ad imprigionarli nelle loro case per ottenere le somme di danaro richieste.
Riuscivano perfino ad acquistare delle armi dai soldati che, a Varsavia come spesso nelle retrovie del fronte, costituivano una truppa disparata, male addestrata, poco motivata; arrivavano perfino a commettere attentati contro i militari tedeschi o “collaboratori” ebrei.
L’insicurezza aumentava. Per questo motivo la popolazione polacca, nel suo insieme, era sempre più ostile all’esistenza di questo ghetto e i tedeschi, dal canto loro, temevano che questo diventasse una minaccia per il nodo ferroviario che la città di Varsavia rappresentava nella loro economia di guerra e nel trasporto delle truppe in direzione del fronte russo.
Himmler prese allora la decisione di trasferire la popolazione ebraica, assieme ai laboratori e alle fabbriche, verso la zona di Lublino (nel Sud della Polonia), di radere al suolo il ghetto ed, al suo posto, di costruirci un parco.
In un primo tempo i tedeschi tentarono di convincere gli ebrei ad accettare questo trasferimento.
Ma i “terroristi” da questo orecchio non ci sentivano poiché avrebbe significato per essi la perdita sia delle loro fonti finanziarie, sia della loro libertà di movimento.
Spesero dunque tutte le loro energie ad opporvisi, fino al 19 Aprile 1943, quando, su ordine di Himmler, fu lanciata un’operazione di polizia al fine di evacuare con la forza gli ultimi ebrei.
In quel giorno le truppe del Colonnello Von Sammern-Frankenegg, responsabile dell’operazione, penetrarono nel ghetto, appoggiate da un solo carro armato, preda bellica della campagna di Francia e da due autoblindo.
I “terroristi”, o franchi tiratori, opposero una prima vivace resistenza che fece 12 feriti (sei tedeschi e sei suppletivi, chiamati “ascari”).
Himmler sempre preoccupato di evitare perdite umane, si indignò e la sera stessa sollevò Von Sammern-Frankenegg dal comando per sostituirlo con Gen. Juergen Stroop.
Questi, incaricato di portare avanti l’operazione di polizia con lentezza per avere una maggiore sicurezza, la effettuò nel seguente modo: ogni mattina le truppe penetravano nel ghetto, vuotavano gli immobili e utilizzavano dei fumogeni (e non dei gas tossici!) per fare uscire dai rifugi anti-aerei gli ebrei che vi si nascondevano; si distruggevano poi questi immobili man mano che venivano evacuati.
- La foto simbolo della "insurrezione".A fianco le vittime trasformatesi in carnefici antisemiti, in Palestina
Ogni sera le truppe si ritiravano e circondavano il ghetto di notte in modo che nessuno potesse fuggire. Per arrivare ad una totale evacuazione ci vollero20 giorni.
A partire dal 3° giorno, i gruppi armati di ebrei tentarono di fuggire ma erano stati catturati dal dispositivo di sorveglianza.
Contrariamente a ciò che fu detto, il comando tedesco non si rivolse all’aviazione per distruggere il ghetto e l’operazione non comportò alcun bombardamento aereo.
Il numero delle vittime ebraiche non è conosciuto.
Il numero di 56.065 è generalmente quello degli ebrei “arrestati” per essere diretti verso il campo di transito di Treblinka e, da lì, verso Lublino (4).
Il numero dei morti tedeschi fu di 15 vittime. Un poliziotto polacco fu ucciso il 19 Maggio, ossia undici giorni dopo l’ultimo scontro.
Nessuno vuole mettere in dubbio ne il coraggio degli ebrei resistenti del ghetto, ne l’aspetto tragico di questa storia, con una popolazione civile presa in mezzo ad uno scontro fra qualche formazione
disparata dell’esercito tedesco e piccoli gruppi di franchi tiratori (cecchini) sparsi fra la popolazione. Ma, contrariamente ad una certa propaganda mistificante, tutta questa storia fu ben lontana dal costituire una rivolta “apocalittica” come fu recentemente considerata (5), soprattutto se si pensa alle decine di migliaia di morti, civili e militari, che avvennero durante questi 20 giorni su tutti i campi di battaglia nel mondo e nelle città europee sottoposte ai bombardamenti dell’aviazione anglo-americana (6).
Punti di richiamo:
1) quotidiano LIBERATION del 18 Aprile 1988 (pag. 27)
2) Documento di Norimberga PS-1061, rapporto del 16 Maggio 1943 intitolato “non c’è più un quartiere ebraico a Varsavia”, Tribunale Militare Internazionale, XXVI, pag. 628-694, seguito da una scelta di 18 foto su 54. Nel 1979 fu pubblicata negli USA un’opera che si presentava come una riproduzione in facsimile del rapporto e dei comunicati del Gen. Stroop in tedesco con una traduzione in inglese: The Jewish Quarter of Warsaw is no more / Il Rapporto Stroop, tradotto dal Tedesco e annotato da Sybil Milton, introduzione di Andrzej Wirth, New York, Pantheon Books, 1979.
Il ghetto di Varsavia era “aperto” nonostante il muro di cinta. In questo senso esso meritava più la denominazione di “quartiere ebraico” che di “ghetto”. Le scaramucce, propriamente dette, durarono dal 19 Aprile all’8 maggio 1943, cioè 20 giorni.
3) su questi punti, così come su altri, si potrà consultare: Ysrael Gutman, “Gli Ebrei di Varsavia 1039-1943,Ghetto, la rivolta sotterranea”, tradotto dall’ebraico da Ina Friedman, Bloomington, Stampa dell’Università dell’Indiana, 1982, XXII-pag. 487 e “ 50 anni fa il sollevamento del Ghetto di Varsavia”,numero speciale di MONDE JUIF (Mondo Ebraico) Aprile-Agosto 1993, pag. 336.
In quest’ultima opera figura la riedizione di un articolo di Adam Rutkowski, pubblicato nel 1969 con il titolo: “qualche documento sulla rivolta del ghetto di Varsavia” (pag. 160-169). Alla pag. 162 si trovano le “direttive generali per la lotta dell’Organizzazione Ebraica di Combattimento”. Erano previste azioni terroristiche contro la polizia ebraica, il Consiglio Ebraico ed il servizio di protezione dei laboratori e delle fabbriche. Vi era precisato “lo stato maggiore elabora il piano centrale di azione, sabotaggio e terrore,condotto contro il nemico”.
Nell’opera di Y. Gutman, si troveranno delle precisazioni sui metodi impiegati da questa organizzazione;essi non differivano affatto da quelli di un’associazione mafiosa (pag. 344-349). I tedeschi sapevano di avere a che fare con un avversario temibile, tentavano di convincere gli ebrei a trasferirsi verso la zona di Lublino, con le fabbriche funzionanti per la macchina da guerra tedesca.
Nel Marzo 1943 avvenne una curiosa “battaglia dei manifesti” fra l’Organizzazione Ebraica di Combattimento e Walter C. Toebbens, incaricato dell’evacuazione degli ebrei.
Dei manifesti affissi dall’Organizzazione invitavano a rifiutare il trasferimento ciò che loro chiamavano i campi della morte. I tedeschi lasciarono affissi i manifesti e si limitarono ad apporre al loro fianco dei manifesti firmati “Walter C. Toebbens” dove le affermazioni dell’Organizzazione venivano smentite pezzo per pezzo.
Y. Gutman scrive:
“Toebbens diceva la verità circa i trasporti, essi non erano diretti verso i campi della morte ed è un fatto assodato che nella regione di Lublino esistevano degli edifici per l’integrazione delle fabbriche. Ma all’epoca la resistenza ed il sospetto degli ebrei erano così forti che anche le tattiche più ingegnose non arrivavano a niente” (pag. 334-335).
Fu dopo aver constatato il fallimento dei metodi persuasivi che i tedeschi decisero la loro operazione di Polizia.
4) quando furono fatte uscire le persone dal ghetto, un numero di 50/60.000, furono condotte alla stazione.
La polizia di sicurezza ne era la sola responsabile e doveva assicurare il loro trasporto a Lublino (dichiarazione sotto giuramento di Juergen Stroop letta il 12 Aprile 1946 da un procuratore americano del Tribunale di Norimberga, Tribunale Int.le Militare, XI, pag. 365
5) la terribile, esemplare e apocalittica rivolta degli abitanti del ghetto di Varsavia è un atto di Disperazione e di eroismo allo stesso tempo (D. Desthomas, La Montagne, 17 Aprile 1993, pag. 12).
6) la stampa del mondo intero si spertica ad osannare “l’insurrezione del ghetto di Varsavia”.
In Brasile, una pubblicazione revisionista si è di recente dedicata ad un paragone fra le esagerazioni e le invenzioni della stampa brasiliana sull’argomento e la realtà dei fatti (S.E. Castan, “Documento, la vera storia del sollevamento del ghetto di Varsavia” Bollettino-EP (chiarimento al paese), prima informativa revisionista del Brasile, Giugno 1993, pag. 7-14 (indirizzo: Revisao Editora Ltda. – Caixa Postal 10466 – Porto Alegre, RS, Brasile.
Traduzione dal francese a cura di: Gian Franco SPOTTI
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Published: | 2013-12-28 |
First posted on CODOH: | Feb. 4, 2018, 1:12 p.m. |
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