Gli ebrei Leon Brittan,Deborah Lipstadt, Marshall Breger,goy John Major,New York Times,Washington Post,Daily Express,contrari alle leggi antirevisionismo!

Published: 2013-01-23

Non tutto il mondo $terminazionista è ottuso al 100%; esiste una sub-variante, puramente strategica/funzionale alla MENZOGNA $terminazionista, ottusa al 99.99%. Variopinto campionario lo troviamo qui sotto. (Olodogma)

Pagine tratte dal testo di

Gianantonio Valli

la rivolta della ragione valli

LA RIVOLTA DELLA RAGIONE

Il revisionismo storico, strumento di verità

(Pag.239-242)

© 2010 effepi, via Balbi Piovera, 7 – 16149 Genova, dicembre 2010

(...) 10 maggio 1996 – Dibattito sullo Jewish Chronicle. Nel corso di un con­ve­gno che vede raccolti parlamentari inglesi, diplomatici europei ed esponenti dell'ebrai­smo, l'ebreo Leon Brittan mette in guardia dall'appog­giare il varo di una legge antirevisio­nista sia nella Comunità Europea che in Inghilterra:
«Se avessimo una legge che vieta all'uo­mo di esprimersi, anche nel caso che quanto viene detto sia palese­men­te non vero, ci aiuti allora Iddio [...] Sono contro una legge che punisca la nega­zione del­l'O­locausto nella Comunità Europea o in Gran Bretagna. Un conto è in­ci­tare all'odio, un altro manifestare la propria opinione, anche a prescinde­re da fatti stori­ci».
Al benintenzionato Brittan, al deputato laburista Anthony Lerman (che sullo Jewish Chronicle del 24 gennaio si pronun­cia contro il progetto di una siffatta legge), a Lord Peter Bauer (che alla Camera dei Pari afferma che, benché suo padre sia morto per le «persecuzioni hitleriane», lui resta contrario ad una tal legge), all'ancor più benintenzionato columnist dello Jewish Chronicle Chaim Ber­mant
(«D'altronde, se il diritto alla libertà di opinione significa qualco­sa, allora comprende anche il diritto di essere falsi e tendenziosi. E perfino il diritto di essere offensivi [...] Tutto il processo storiografico è una revisione. Non soltanto per­ché nuovi fatti e nuovi documenti possono venire alla luce, ma anche perché fatti palesi pos­sono essere di­versamente valutati e re-interpretati. Difficilmente una generazione vede i fatti con gli occhiali della prece­den­te. Pretendere leggi con le quali si debba mettere al riparo per l'eternità da tale processo le nozioni acquisite intorno all'Olocausto, è contrario al dettato della ragione. Per principio leggi di tal fatta sono sbagliate e inefficaci [...]

Ogni tentativo di reprimere il lavoro dei revisionisti farebbe sorgere in ognuno il sospetto che c'è qualcosa da nascondere.

E nulla di quanto essi potreb­be­ro dire sarebbe altret­tanto dannoso della repressione del loro diritto di parola»,
ed ancora sull'Australian Jewish News 28 febbraio 1997:
«La pretesa di rendere punibile la contestazione dell'Olocau­sto è ripugnante in via di principio e inattuabile in pratica. Si stenta a credere che proprio gli ebrei, che devono la loro sopravvivenza al fatto di vivere in società libe­re, siano pronti, anzi perfino collabori­no, a seppellire questa libertà [...] Il secondo punto [che gli ebrei si siano coalizzati per estorcere ai goyim indebite riparazioni] è più discutibile. Ma anche se un tale punto di vista trovasse larga accoglienza, nulla sarebbe peggio della crescente opinio­ne che gli ebrei parteci­pano ad una congiura in­ternazionale per limitare la libertà di parola. In altri termini:

nessun pericolo che sia nato o possa nascere dalla diffusione di scritti revisionisti è alla lunga così pericoloso come il sospetto che ci sia qualcosa da tenere nascosto»),

ed al quidam de populo lettore Simon Green
Che verità è mai quella che per essere difesa necessita di una legge? Una legge siffatta sarebbe certo un'offesa alle vittime. C'è un solo modo per annientare per sempre le tesi di chi contesta l'Olocau­sto. E questo è l'aperto e pubblico dibattito tra sopravvissuti e contestatori. Allora la verità diverrebbe incontestabile per sempre, mentre sarebbe difesa una lunga tradi­zio­ne di libertà d'espressione, per gli ebrei come per i non-ebrei.

Ma cosa teme il Consiglio Centrale di Yad Vashem?»,

Jewish Chronicle 31 maggio 1996),

Neville Nagler

a tutti costoro si oppone però, lapidario, Nevil­le Nagler, presidente del Consiglio Cen­trale degli Ebrei Bri­tannici: «Per noi non si tratta di libera manifesta­zione del pensie­ro. Negare l'Olocau­sto è una posi­zione antisemita, che iden­ti­fica un reato penale». Il 23 febbraio, a contrastare Eldred Tabachnik, «inglese» pre­si­den­te del Congresso E­braico Euro­peo che a fianco delle norme an­ti­fascio-razziste aveva in­vocato più spe­ci­fiche leggi libertici­de, era invece sceso in campo il primo ministro John Major: «Non credo che l'i­nesattezza storica, per quanto estrema o ripugnan­te possa essere, debba essere eretta a reato penale». (16)

Ed ancora più chiari, e senza venire considerati dei pericolosi «antisemiti» (del resto, quod licet Iovi non licet bovi!) erano stati il New York Times il 21 dicembre 1991 («L'idea di combat­tere i revisionisti con la repressio­ne è una cattiva strategia. Piuttosto, gli studenti dovrebbero essere inco­rag­giati a studiare la storia dell'Olocau­sto come ogni altra vicenda storica»), il Washington Post il 15 gennaio 1992 («Conte­stare l'esisten­za dell'Olocusto può essere altamente ingiusto. Pretendere però che la discussione si svolga unicamente in ambiti stabiliti potrebbe essere un'ingiusti­zia ancora più gran­de») e il Daily Express il 25 novembre 1995: «L'opporsi a questa poli­tica europea [di repressione] non significa che ci si mostri indulgenti verso il razzismo, ma che ci si mostra appassionati sostenitori della libertà e che si riconosce che la piena accettazione della libertà altrui implica anche l'accettazione dei suoi lati negativi, comprese le sue idee ripugnanti». Per quanto ràbida stermi­nazionista, perfi­no Deborah Lipstadt, l'inventrice del termine «negazionisti», aveva spezzato una timida lancia nel 1994, e proprio in Denying the Holocaust: «Ripeto: non concor­do con chi vuole imbavaglia­re gli Holocaust deniers. Essi hanno diritto ad esprimersi liberamente, per quanto la loro opinione sia abominevole».

Sylvia Stolz, upon release from Aichach prison. Met by Günter Deckert (left) and Lady Renouf (right). Lady Renouf came from London to meet Sylvia.aprile 2011

Fatte le usuali indignate premesse e avallata la repressione contro Günther Deckert e David Irving, qualche perplessità mostra poi Ronald Dwor­kin, docente di Giurispru­denza ad Oxford e collaboratore del bimestrale Index on Cen­sorship, praticato anche da Nadine Gordimer e Arthur Miller e dai goyim Umberto Eco, Günter Grass e Vaclav Havel: «Dubitare della realtà storica dell'Olocausto è un mostruoso insulto verso gli ebrei e tutti morti. È perfettamente vero. Sarebbe desolante, non solo per gli ebrei ma anche per la Germania e per l'u­ma­ni­tà, che la "menzogna di Auschwitz" ottenesse ulteriore credibilità. Essa va confutata pubblica­mente, dal profondo, ogni volta che si presenti l'occasione. Ma la censura è diversa. Non dobbiamo accettare il principio che un'opinione dev'essere bandita quando chi è al potere è convinto che è falsa e che un qualche gruppo, con piena ragione, potrebbe venire profonda­mente ferito dalla sua manifestazione. I creazionisti che bandirono Darwin dalle scuole pubbliche del Tennessee negli anni Venti avevano anch'essi delle ferme convinzioni biologiche, al pari dei tedeschi di oggi sulla loro storia. Anch'essi hanno agito per proteggere delle persone che si sentivano umiliate nel più profondo delle loro convinzioni dai nuovi spiacevoli insegnamenti. I fondamentalisti musulmani che hanno condannato Salman Rushdie sono convinti che aveva torto, e anch'essi hanno agito per proteggere tutti coloro che sono stati profondamente feriti da ciò che hanno giudicato un abominevole insulto. Ogni legge contro la bestemmia, ogni rogo di libri, ogni caccia alle streghe, di destra come di sinistra, è stata giustificata con gli stessi argomenmti: la necessità di proteg­ge­re dalla profanazio­ne valori fondamentali [...] Io so fino a che punto sono forti in Germania gli argomenti in favore della censura. So che la gente perbene si preoccupa meno dei grandi princìpi quando sconsiderati ornati di pseudosva­stiche preten­do­no che il più gigantesco genocidio a sangue freddo della storia sia invenzione delle sue vittime. Questi estremisti ci ricordano ciò che tendiamo sovente a scordare: il prezzo talora insopportabile della libertà. Ma la libertà è abbastanza importante da meritare dei sacrifici che fanno male davvero. Tutti quelli che l'amano non dovrebbero accet­ta­re di fornire ostaggi ai suoi nemici come Deckert e i suoi odiosi colleghi, neppure davanti alle più odiose provocazioni ideate per indurci ad agire male». E per quanto il revisionismo sia certo abominevole e ripugnante, a riconoscere ai confratelli qualche eccesso «anti-antisemita» è anche Marshall Breger, che parla addirittura, su Moment dicembre 1996, di «thought police, polizia del pensie­ro». Dopo avere ricordato la mobilitazione censoria a base di intimidazioni, boicot­tag­gi e denunce penali contro la St.Martin's Press e David Irving per Goebbels, Ma­ster­mind of the Third Reich, "Goebbels, cervello del Terzo Reich" (dopo innumeri mi­nac­ce di morte telefoniche ai dipendenti, nel­l'aprile Thomas McCor­mack, titolare della St. Martin's, viene «per­sua­so» a ritirare l'opera, indiziata dal GROD poche ore dopo la distribuzio­ne; un callido modo di boicottaggio e di censura extra-giuridica da parte delle autorità canadesi, con la perdita di migliaia di sterline di ordinazioni, è inoltre il plurimensile blocco dei volumi alla dogana per sot­trarli all'atten­zione dei giornalisti, delle librerie e degli interessati), contro Lyle Stuart e William L. Pierce, editore ed autore dei «bianco-supremati­sti» e «razzisti» Turner Diaries, e contro The Secret Relation­ship Between Blacks and Jews, accusati di fomentare odio anti­ebraico, l'ex consulente di Reagan e Bush affronta, con indubitabile coraggio date le suscetti­bi­lità coltivate in mezzo secolo d'odio, la questione dell'olo­revisioni­smo: «Il problema è più vasto degli Stati Uniti. In Canada un docente di Matematica che è Holocaust re­visionist è stato cacciato dalla sua classe, e poi licenziato dalla scuola, anche se non c'erano prove che avesse fatto scivolare nelle lezioni di trigono­metria le sue ottene­bra­te opinioni [benighted views]. Ora, questa è una faccenda da trattare con cautela. Chi lavora come insegnan­te e poliziotto deve essere rispettoso di tutti i gruppi. La tolleranza dovrebbe essere parte essen­ziale del suo lavoro. Non dovrebbe però esserci almeno una minima prova [a scintilla of eviden­ce] che l'odio dei loro cuori si sia manifestato nelle aule o per strada? [...] Come dovrebbe affron­ta­re la comunità ebrai­ca tali casi? Dovrebbe smascherarli. Dovrebbe educare. Do­vreb­be ricorrere alla radio per mostrare questi fautori dell'odio per quelli che sono. Dovrebbe promuo­ve­re l'o­pe­ra di storici seri come Gitta Sereny, che ha setacciato gli stessi archivi esaminati da David Irving e gli ha ribattuto punto su punto. Ricordo che da bambino mi hanno insegnato che Voltaire, un vero odiatore di ebrei quando ce ne fosse uno, ha afferma­to: "Posso odiare ciò che dici, ma difenderò fino alla morte il tuo diritto a dirlo". Quei giorni sembra che siano svaniti». E ad intervenire perplesso, quattro anni più tardi, mosso dai casi Graf/Amau­druz, è anche l'anima pia Giuliano Zincone: «Nelle campagne umani­tarie in corso mi consi­dero un militante [...] mi sembra urgente mobilitarsi anche contro un'altra piaga che sfregia la civiltà: contro tutti coloro che puniscono i cosiddetti "reati d'opinio­ne" [...] noi sappiamo che nel nostro liberale Occidente e perfino nella liberalissima Sviz­zera esistono i reati di "negazioni­smo" e di "riduzio­ni­smo" [invero, la Libera Svizzera va considerata non l'ultima arrivata, ma un'antesigna­na: nel 1969 il tribunale correziona­le di Vevey aveva condannato il dottor James-Albert Mathez a trenta giorni di carcere e al pagamento delle spese di distruzione del libro, stampato nel 1965 a sue spese e distribuito ad amici e simpatizzanti, che gli era valsa la pena: Le passé, les temps présents et la question juive]. In che cosa consistono, questi crimini? Ecco qui: merita il carcere non soltanto chi nega che i nazisti abbiano ese­gui­to un sistema­ti­co sterminio degli ebrei, ma perfino chi sostiene che le vittime siano state meno (o molto meno) di sei milioni. La minaccia delle manette è pazze­sca, per molte ragioni. Innanzitutto, perché il giudizio sull'infamia nazista e sul martirio di un popolo non scaturisce dai numeri, ma dalla qualità della persecuzione. Anche se fosse vero (e non è vero) che i morti nei lager furono "soltanto" centocin­quantamila, anche se fosse vero (e non è vero) che Hitler non volesse sterminare gli ebrei, ma "semplice­mente" condannarli ai lavori forzati, la sentenza della Storia e del buonsenso comune sarebbe identica: affetto per i marti­ri, disprezzo estremo per gli aguzzini. Ma poi ogni democrazia deve affrontare qual­siasi sfida, deve concedere libertà d'espressione anche alle analisi più incredibili e ripugnanti. Se consideriamo "blasfemo" e degno di galera chi ci racconta favole balor­de, non possiamo meravi­gliarci troppo (fatte le proporzioni e considerate le distanze), quando un odioso ver­det­to teocratico condanna Salman Rushdie per un reato d'opinione. O no?».(...) Nota 16) 16. Al contrario, il disinvolto neolaburista Tony Blair, risultato poi vincitore nelle elezioni del 1° maggio 1997 dopo essere stato tenuto per mano e guidato dall'amicone full-juif Peter Mandelson ed essendo pungolato dal demi-juif ministro dell'Interno Jack Straw, promette, se giunto al potere, di introdurre nella legisla­zione lo specifico reato di contestazione olocaustica. Della vittoria di Blair è artefice anche il ricchissimo finanziere rotschild-sorosiano «franco-inglese» sir James Goldsmith, il cui anti-europeo Refe­ren­dum Party rovi­na dapprima l'immagine e spacca di poi il partito di Major, sottra­en­dogli quel pugno di suffragi indispensabili in un sistema elettorale maggiorita­rio. Dell'«amico del nemico» sembra accorgersi anche Alessio Altichieri, quando scrive che «se c'è un volto che può essere preso a simbolo di queste elezioni è quello sorridente di sir James Gold­smith. Leader dilettante di un partito espressa­mente creato per far danni [...] Ha speso cinquanta miliardi di lire del patrimonio personale, ha fatto la gioia di editori riempiendo i giornali di pubblicità [...] ma non conquiste­rà nem­meno un deputato. Eppure ha condi­zio­nato l'intero voto, agi­tando un'imma­gine da inferno dantesco: l'Europa [...] Risultato di sir James: aprire la porta di Downing Street ai laburisti». Subito dopo, battistrada francese per le sinistre alle elezioni 25 maggio-1° giugno è il destro massone presidente Chirac: sciolta anzitempo l'As­semblea Nazionale, si vede «pre­miato» col tonfo del suo partito RPR Rassemble­ment pour la Répu­bli­que da 257 a 134 seggi (col 15,7% dei voti) e dell'allea­ta UDF Union pour la Démocratie Française da 206 a 108 (col 14,2% dei voti), mentre il Partito Socia­li­sta conquista 241 seggi (col 23,4% dei voti) su 577. A ridimostrazione dell'ipocrisia del sistema sub specie demomag­giorita­ria, all'uopo creato per eliminare i nonconformi, il Front National, col 14,9% dei voti, totalizza «addirittura» un seggio, mentre il Partito Comunista, col 9,9%, ne raccoglie 38 e il Partito Radical- Socialista, con l'1,4%, 12.Socialista, con l'1,4%, 12.

 


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Published: 2013-01-23
First posted on CODOH: April 18, 2017, 3:41 p.m.
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