Hitler aveva ragione? Di Alberto B. Mariantoni
HITLER AVEVA RAGIONE?
DI ALBERTO B. MARIANTONI "Coltiviamo la Pace", 4 aprile 2002
Nonostante che da un punto di vista politico, culturale e personale, i cosiddetti "nazisti" non mi siano mai stati particolarmente simpatici, sono costretto a constatare che nei loro comportamenti - in ogni caso, quelli che i media di regime ci hanno così dettagliatamente e prosaicamente presentato negli ultimi 57 anni - rassomigliano stranamente agli Israeliani di oggi (oppure sono gli Israeliani di oggi che rassomigliano ai "nazisti" che fino ad ora ci hanno descritto?).
Chi non ricorda - tra coloro che, come me, "giovani" non lo sono più - i milioni e milioni di ore di trasmissioni radiofoniche e televisive, nonché i fiumi di inchiostro e le tonnellate di bobine di carta che - nell'ultimo mezzo secolo (ed anche di recente) - sono stati impiegati per descrivere e condannare, senza riserve, l'abominevole metodo "nazista" della rappresaglia?
Chi non ricorda i commoventi e raccapriccianti dettagli delle ingiustificate e sproporzionate rappresaglie compiute dalle truppe hitleriane, in piena Seconda guerra mondiale, ad esempio, alle Fosse Ardeatine (il processo Priebke docet!) o a Marzabotto, in Italia, o ad Oradour-sur-Glane, in Francia?
Ebbene, mi domando: come mai quegli stessi media che fino a ieri (e forse, fino ad oggi., se facciamo rapidamente un attento giro di zapping tra gli infiniti canali eterei o le onde hertziane dei nostri televisori o delle nostre radio) hanno così aspramente e certosinamente stigmatizzato le imperdonabili ed inarchiviabili responsabilità degli autori di quelle inaccettabili e criminali rappresaglie, non spendono oggi nemmeno una parola per condannare le quotidiane, sproporzionate ed ugualmente criminali rappresaglie Israeliane contro i Palestinesi? Un popolo, cioè, che è esclusivamente reo di chiedere - dopo 54 anni di sovrumana ed infinita pazienza - il diritto alla sua libertà, indipendenza, autodeterminazione e sovranità nazionale, su una ridicola parte di quei territori che fino al 1948 erano stati la sua terra e la sua patria, per almeno duemila anni.
Per quale recondita ragione, ad esempio, le rappresaglie "naziste" nei confronti dei partigiani, dei sabotatori, degli attentatori o degli stessi oppositori Israeliti e non, dovrebbero continuare ad essere sistematicamente ed unanimemente condannate dalla nostra società (ed addirittura, insegnate a scuola, come materia di studio, per poterle meglio condannare e permettere alle giovani generazioni di tenere sempre vivo nelle loro coscienze il senso della memoria storica a proposito di quelle vergognose ed indecenti abominazioni); mentre invece, le rappresaglie Israeliane che da più di cinquant'anni continuano a colpire indiscriminatamente la popolazione palestinese, distruggendo e radendo loro al suolo con la dinamite migliaia dei loro villaggi (tra questi, il famoso villaggio biblico di Emmaüs che è diventato, come per incanto, la "Foresta Canada", una gradevole ed ombreggiata pineta dove vanno a fare il pic-nic, il sabato pomeriggio, gli attuali coloni israeliani); uccidendo, imprigionando e torturando chiunque tra di loro osi reclamare l'applicazione delle decine e decine di risoluzioni dell'ONU che domandano l'immediata evacuazione dei coloni e delle truppe di Tel-Aviv da quei territori e ne condannano la loro occupazione militare; facendo "sparire" o condannare senza processo; oppure spaccando gambe e braccia con la cassa del fucile, o ancora sparando all'impazzata con i fucili mitragliatori, le mitragliatrici, i lanciagranate e, come sta addirittura avvenendo in questi giorni, persino utilizzando, nelle loro rappresaglie, l'artiglieria pesante, i carri armati ed i missili "aria-terra" (dagli elicotteri e dagli aerei) e "mare-terra" dalle loro vedette.
Il tutto, per sedare un'ormai inarrestabile rivolta popolare che è condotta da sorprendenti turbe di ragazzini e di adolescenti - senz'altro degni ed eroici emuli del nostro imperituro e glorioso Giovanbattista Perasso di Genova (detto, "il balilla") - che lanciano pietre ai loro oppressori israeliani o sparano loro qualche fucilata, per manifestare l'incontenibile rabbia e l'insopprimibile contento di chi è stato unilateralmente, arbitrariamente ed ingiustamente condannato a non avere avvenire!
Quei ragazzini e quegli adolescenti - contrariamente a quanto ci raccontano i prezzolati pennivendoli delle nostre televisioni o dei nostri giornali - non lanciano sassi agli Israeliani per il solo gusto di provocare qualunque scontro con i loro oppressori. Non si fanno fisicamente esplodere con il loro carico di morte nei ristoranti o nei supermaket israeliani, per il semplice gusto di seminare l'odio e la distruzione tra i loro oppressori.
Nella loro stragrande maggioranza - spesso lo dimentichiamo e, con noi, coloro che li diffamano impunemente - hanno probabilmente già avuto un padre, una madre, uno zio, un fratello o una sorella (o più persone all'interno di una stessa famiglia) assassinati o mutilati. Arrestati o deportati.
Com'è possibile, dunque, che i media di cui sopra, abbiano la faccia tosta di mettere quegli infuriati, disperati ed inascoltati eroi del XXI° secolo, sullo stesso piano dei loro quotidiani e sanguinari carnefici?
Quei ragazzi e quegli adolescenti - non dimentichiamolo - non hanno quasi certamente conosciuto nient'altro, nella loro vita, che i rastrellamenti, i bombardamenti, gli oscuramenti ed il coprifuoco quotidiano imposti dalle truppe di Tel-Aviv. Non hanno conosciuto nient'altro che le sirene, gli allarmi, le raffiche di mitra intimidatorie (e, spesso, come abbiamo dovuto ultimamente constatare, anche a bruciapelo!) o le bastonate ed i calci dei pattuglioni di Tsahal. Quei ragazzi e quegli adolescenti - visto che sono nati e cresciuti sotto l'occupazione militare israeliana - non hanno conosciuto nient'altro che i soprusi, le gratuite e raffinate nefandezze dei loro aguzzini, le meticolose ed assillanti angherie poliziesche di quei delinquenti in uniforme che pretendono addirittura definirsi soldati o gendarmi della democratica Israele. In particolare, quando sono quotidianamente costretti a domandare un "salvacondotto" o un "permesso di transito" per andare a trovare un fratello o una zia che risiede in un altro villaggio. Oppure per poter fare soltanto qualche metro lontano dalla loro abitazione; o ancora, quando debbono farsi quotidianamente perquisire ed umiliare al passaggio degli innumerevoli ed inevitabili posti di blocco che costellano a rete la banda di Gaza ed i territori della Cisgiordania. Ovvero, quando debbono subire, con i loro genitori o le loro famiglie, gli arbitrari e mortificanti interrogatori, gli arresti indiscriminati, i sequestri di persona, gli attentati e gli assassinii premeditati.
Comportamenti che vengono sistematicamente ed invariabilmente praticati dagli agenti del Mossad o dello Sin Bet. Naturalmente, ogni volta, in piena notte e senza nessuna regola giuridica, tra i vicoli e gli angiporti dei miseri ed assediati villaggi palestinesi o all'interno dei loro squallidi e maleodoranti quartieri alla periferia delle principali città di quella regione.
Ora considerato quanto mi sono permesso di descrivere, mi pongo un'ultima domanda. Di due cose l'una: sono le leggi e la giustizia che debbono primeggiare nel rapporto quotidiano che i popoli, i gruppi o le singole persone intrattengono tra di loro? Oppure, è la legge del più forte che deve prevalere?
Se è il diritto (nazionale ed internazionale) e la giustizia che debbono assolutamente primeggiare, si fermi, allora, una buona volta la mano omicida dei criminali di Tel-Aviv e si ristabiliscano nei loro diritti inalienabili le martoriate ed ingiustamente calpestate popolazioni della Palestina.
Se è la legge del più forte che deve dare il "la" (sesta nota musicale della scala diatonica) alle usuali controversie ed ai normali dissidi tra i popoli e le nazioni, tra i gruppi ed i gruppi, tra singoli e singoli, allora è Hitler che aveva senz'altro ragione!
Aveva ragione, a mio avviso, poiché sosteneva, senza nessuna ipocrisia, che "chi picchia per primo", "picchia due volte"... E che - in un mondo che certi incontrastabili ed inconfessabili interessi hanno voluto razionalmente ed esclusivamente organizzare intorno all'assurdo ed inumano principio dei cosiddetti "rapporti ineguali" e della "legge del più forte" - per avere una qualunque possibilità di avere ragione, prima di tutto, è necessario ed indispensabile essere forti. Anzi, invincibili.
La Fontaine, diceva: "La raison du plus fort est toujours la meilleure, ce n'est pas la plus juste, mais est toujours la meilleure »!
Prova ne è il rispetto e la deferenza con cui veniva trattato Hitler nel momento del suo massimo prestigio (1937-1940), e l'incredibile indulgenza con cui oggi - nei media ed all'interno dei diversi Governi del mondo - sono presi in conto gli indescrivibili, disgustosi ed esecrabili crimini quotidiani dello Stato di Israele. che siccome, in questo periodo della storia, è senza dubbio alcuno il più forte, ha sempre, comunque ed inevitabilmente ragione!
Alberto B. Mariantoni
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Author(s): | Olodogma |
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Published: | 2014-01-02 |
First posted on CODOH: | Feb. 7, 2018, 5:05 p.m. |
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