Holocaustica religio,gli ebrei mancanti? In Russia! Il terrore dei censimenti...di Gianantonio Valli
Gianantonio Valli
HOLOCAUSTICA RELIGIO
Psicosi ebraica, progetto mondialista
nuova versione, ampliata e reimpostata, di Holocaustica religio - Fondamenti di un paradigma © 2009 effepi, via Balbi Piovera, 7 – 16149 Genova Stampa: Fiordo S.r.l. Galliate - NO, novembre 2009
Il volume è ordinabile per e-mail : [email protected] ,oppure per telefono ai numeri : 010-642 3334 - 338-9195220
AVVERTENZA
L'autore, convinto che quanti reggono le sorti dello Stato o farneticano sugli human rights abbiano smarrito il senso della misura e del ritegno, e pur conscio che quanto sta per affermare è offensivo nei confronti dell'intelligenza del lettore, si vede costretto a precisare che la documentazione presentata nel saggio e le argomentazioni conseguentemente svolte non rappresentano una forma mascherata di istigazione all'odio né obbediscono ad un inconfessato disegno di reiterazione di ciò che viene definito Olocausto. Dopo tali affermazioni lapalissiane, ma non così scontate per i democratici inquisitori, nello scusarsi per le ovvietà dette prega il lettore di perdonarlo e lo invita, rivendicando peraltro la propria dignità di studioso, a dar prova di senso civico rispettando le leggi, tutte le leggi, anche quelle frutto di regimi criminali proni ai ricatti di lobby nazionali o meno.
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( Holocaustica religio, pagg. 534-547 )
(...) I canonici Six Million – guarda caso, uno per ogni punta del Magen David, uno per ogni colonna che dal maggio 2001 regge a Berlino la nuova ambasciata sionista progettata dall'israeliana Orit Willenberg-Giladi – sono un «numero simbolico», attesta alla Corte d'Assise di Francoforte, in un processo aperto contro l'oloincredulo tedesco Erwin Schönborn il 3 maggio 1979, Martin Broszat, il detto direttore dell'Institut für Zeitgeschichte, la Santa Sede Rieducatoria fondata a Monaco nel settembre 1950 quale Deutsches Institut für die Geschichte der nationalsozialistische in Zeit (simpaticamente, nell'autunno 2003 lo storico Nicolas Berg scoprirà che il demi-juif Broszat, deceduto nel 1989, si era volontariamente iscritto alla NSDAP il 20 aprile 1944, anniversario della nascita del Führer!). Per quanto la Grande Enciclopedia Universale polacca, edita dalle Polskie Wydawnictwo Naukowa "Edizioni Scientifiche Polacche", asseveri nel 1966 che «nei campi di sterminio morirono 5.700.000 persone» (per il 99% ebrei e l'1% polacchi, e solo nei campi!), il più «attendibile» tra gli «attendibili» ologuru,Raul Hilberg, ce ne offre 5.100.000 (cifre temporali): - 100.000 dal 1933 al 1940, - 1.100.000 nel 1941, - 2.700.000 nel 1942, 500.000 nel 1943, - 600.000 nel 1944, - 100.000 nel 1945; - cifre spaziali: 2.700.000 nei sei campi «di sterminio», - 150.000 in altri campi, - 100.000 in campi di lavoro e transito, - 150.000 in campi romeni e croati, - 800.000 nei ghetti, compresa Theresienstadt
– ove, secondo il rapporto dei delegati della Croce Rossa Internazionale in data 22 maggio 1945, «nessun internato è morto di morte violenta» – e per privazioni in libertà, 1.300.000 per esecuzioni nei più vari paesi, dei quali in URSS 1,2 milioni, cioè 300 volte il numero dei polacchi eliminati a Katyn e 120 il numero degli ucraini eliminati a Vinniza... e peraltro in nessuna delle presunte trecento località allegate furono mai rinvenute fosse come invece a Katyn e a Vinniza), gli «inglesi» Gerald Fleming 4.975.477 e Gerald Reitlinger un massimo di 4.581.200, cifra peraltro «congetturale, dovuta a mancanza di attendibili fonti» (ma per il giudaismo il 6, hexameron dei giorni della creazione, dei millenni del mondo e degli attributi divini basilari, cifra che media fra il Principio e la sua manifestazione terrena, è sacro; aggiunge Alexandre Safran: «Il numero sei gioca un ruolo di rilievo nella storia moderna del popolo ebraico. Sei milioni di ebrei sono stati massacrati in Europa tra il 1933 e il 1945, e il loro martirio ha direttamente condotto alla restaurazione di uno Stato ebraico in Terra d'Israele; sei milioni di ebrei negli Stati Uniti d'America hanno dato il loro sostegno decisivo alla restaurazione dello Stato ebraico in Eretz Israel»). Diversamente da Hillgruber, Manvell/ Fraenkel ci offrono, senza peraltro indicarne la fonte,la cifra di 5.978.000 vittime ebraiche su un totale di 8.301.000 ebrei europei (il 72%), mentre il trio Sessi/Hilberg, Hans- Ulrich Thamer e Stanley Payne ci danno, tondi, 4.000.000 di assassinati nei campi e 2.000.000 altrove, dei quali due milioni, oltre un milione – l'ufficioso James E. Young della Yale University Press ne assevera 1,5 – dai 3000 uomini delle quattro Einsatzgruppen (per il maggio 1941 French L. MacLean ne riporta 2945; precisamente, il reparto più cospicuo, l'Einsatzgruppe A, conta 990 militari, compresi 172 autisti, 3 impiegate, 51 interpreti,3 telescriventisti e 8 radiotelegrafisti, per una rimanenza di circa 750 combattenti che nel 1941 avrebbero, ad esempio, ucciso in tre mesi e mezzo, fino al 15 ottobre, la bellezza di 125.000 ebrei, per la quasi totalità, peraltro, nelle sole ultime dieci settimane; sedi dei gruppi situate, da nord a sud, a Krasnogvardeisk presso Leningrado per A, Smolensk per B, Kiev per C e Simferopoli per D). Meneghello, peraltro sempre con Hilberg, è più articolato e «preciso» (risparmiando inoltre 900.000 persone): 800.000 periti nei ghetti (anche se nel 1985, assevera Browning, lo stesso Hilberg aveva scritto di «soli» 500.000, «nearly 10 percent of all victims of the Holocaust»), 1.300.000 fucilati «all'aperto» (la «Shoah par balles», definizione coniata dal volonteroso padre Desbois e fatta propria dal Dictionnaire de la Shoah... ove per «balles»,malizioso lettore, va inteso «pallottole» e non quel che hai pensato; per il Dictionnaire tale modalità, caratterizzata dall'«accanimento degli assassini, che sono andati a cercare le loro vittime nel più infimo villaggio ucraino o bielorusso, e fin dentro il Caucaso», sono 2.000.000;inoltre, sorpresa!, ci sarebbero state una Einsatzgruppe E per la Croazia, una Serbien per la Serbia, una Tunis per il Nordafrica, una G per l'Ungheria, una H per la Slovacchia... per finire con una K e una L per l'offensiva delle Ardenne), 2.700.000 uccisi «nei maggiori campi di annientamento» e 300.000 periti «in altri campi di concentramento, di lavoro o di transito» (il più recente Piero Stefani, che ignora peraltro del tutto Majdanek, ne dà 3.350.000, più mezzo milione di «zingari e prigionieri russi» auschwitzgassati). Per ragionare sull'assurdità delle oloimputazioni ai 3000 uomini delle Einsatzgruppen (termine che va tradotto con «unità operative» o «di pronto impiego» e per le cui effettive funzioni rimandiamo ad Andreas Naumann), basti poi pensare che – affiancati da altre unità di polizia (Ordungspolizei, Waffen-SS, etc.) o di collaboratori antibolscevichi baltici, bielorussi, ucraini e russi, peraltro stanziati su base locale – agirono istituzionalmente in primo luogo come truppe di rapido impiego in funzione antipartigiana e in secondo come riorganizzatori delle strutture amministrative civili ex sovietiche. Dell'entità della loro lotta contro le formazioni partigiane alle spalle dell'intero fronte europeo (duemila a fine 1941), possono testimoniare anche solo
1. i 460 attacchi contro le linee ferroviarie, il deragliamento di 224 convogli e la distruzione di 700 vagoni-merci e trasporto-combustibili compiuti nel luglio 1942,
2. così come il settembre avrebbe visto 724 attacchi, 342 deragliamenti e distrutti oltre 800 carri merci,e
3. l'uccisione nei dintorni di Minsk, dal novembre 1941 al giugno 1942, di 5908 soldati tedeschi, la distruzione di 26 depositi di materiale e di 72 ponti e il deragliamento di 45 treni (peraltro, secondo Naumann, i dati, di fonte partigiana, sarebbero gonfiati).
Come che sia stata la dinamica del «massacro» extra-campi, all'incirca i due terzi del totale sarebbero comunque stati sterminati nelle camere a gas. Anche Enzo Traverso ci conforta nella centralità gasatoria: «La grande maggioranza delle vittime ebree del massacro nazista non hanno praticamente conosciuto l'universo concentrazionario poiché sono state eliminate il giorno stesso del loro arrivo a Birkenau o Treblinka, in virtù di un sistema di sterminio industrializzato spesso paragonato al funzionamento razionale di una catena di montaggio: arrivo dei convogli,selezione,requisizione dei beni,spogliatoio,camera a gas,infine forno crematorio».
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Chissà quale delusione proverebbero tali autori gaskammerali leggendo degli antigaskammerali – narratori peraltro altrettanto fantasiosi, seppure con diversa angolazione – Arno Mayer, Pressac, Korzec e, soprattutto, dell'enfant prodige Goldhagen, che osa definire le camere a gas «epifenomeno» e «simbolo»! Ancora nel 1997, comunque, per Ternon (quello dei «fantasmi arcaici» hitleriani) «il 15 per cento muore nei ghetti o durante i trasporti, il 25 per cento è assassinato da diversi organismi delle SS, dei soldati dell'esercito tedesco o delle milizie ausiliarie; il 60 per cento è ucciso in centri di sterminio o nel campo di Auschwitz, che, per la sua duplice funzione di campo di lavoro e di centro di sterminio, costituisce il modello della crudeltà assoluta dell'uomo verso l'uomo». Ora, a prescindere che ci è difficile capire perché la ragione addotta da Ternon debba fargli definire Auschwitz «il modello della crudeltà assoluta», rileviamo che per lui sarebbero stati uccisi nei campi almeno 3.600.000 dei Six Million. Certo Mayer e Goldhagen non consentono a tale visione, se nelle loro 1100 pagine sorvolano sulla centralità mattatoria dei campi («tutti questi fatti si confusero – una confusione che sfortunatamente è tornata a vantaggio dei cosiddetti revisionisti, che sperano di ripulire Hitler per i propri scopi politici», disinvolteggia la Sereny ). Una qualche perplessità – non possiamo tacerlo – ce la lascia anche Liliana Picciotto Fargion quando, puntando contro Carlo Mattogno, bacchetta gli studiosi revisionisti, trivializzandone i metodi: «Il procedimento induttivo è il seguente: per ricostruire un certo avvenimento si ricercano tutte le fonti possibili e si mettono a confronto, se non concordano perfettamente fra di loro, si dichiara inesistente l'evento. Qualsiasi testimone insista a ricordare quell'evento è un mentitore, e chi gli presta fede è un mistificatore». Ove il termine-chiave è quel sublime «perfettamente». Utile tener conto, a spiegare l'irrazionale attaccamento seimilionario, anche di quanto Rabbi Benjamin Blech (in The Secrets of Hebrew Words, edito nel 1991 da Jason Aronson) e Ben Weintraub (in The Holocaust Dogma of Judaism, edito nel 1995 dalla Cosmo Publishing), asseverano,adducendo un'altra primaria ragione per la mitica cifra:
la profezia di Levitico 10 «voi ritornerete» – scritta TaShuVU al posto del corretto TaShuUVU (l'aggiunta di una vav ad un verbo, ci si dice, indica in ebraico il tempo futuro) – manca della lettera vav, sesta dell'alfabeto ebraico e perciò ghematricamente corrispondente al numero 6 («its numerical value is therefore six», c'informa l'Encyclopaedia Judaica), e cioè «sei milioni», per cui il cabalismo interpreta il vaticinio come «voi ritornerete, ma con sei milioni in meno».
E non basta:
la sommatoria gematrica delle lettere tav, shin, bet e vav, e cioè 400, 300, 2 e 6, dà 708, e 708 sono le ultime tre cifre del numero 5708, e l'anno ebraico 5708 corrisponde al cristiano 1948, e il 1948 è l'anno della «reinstaurazione» dello Stato di Israele e del «ritorno in patria» degli ebrei. Sempre, ovviamente, con una vav in meno.
Chiude Norman Finkelstein:
«Non solo il dato dei "Sei Milioni" diviene sempre più indifendibile, ma le cifre date dall'industria olocaustica si avvicinano rapidamente a quelle dei negazionisti».
I canonici Six Million che affastellano i libri da mezzo secolo («cifra emblematica», scrive Anne Grynberg, che si placherebbe coi 5,1 di Hilberg, anche se Jakob Lestschinsky, statistico «ucraino» a New York, ne dà 5.978.000) vengono 1. veggentemente indicati da Chaim Weizmann al Madison Square nel febbraio 1942 (due milioni già olomorti e gli altri quattro candidati al trapasso), cifra «confermata» 2. il 9 maggio 1942 pubblicamente dal big boss Nahum Goldmann, 3. il 31 maggio 1944, in una lettera in ebraico resa nota nel 1960 a New York nella silloge A Holocaust Reader, da Rabbi Michael Dov Ber Weissmandel («Till now six times a million Jews from Europe and Russia have been destroyed, Fino ad oggi sono stati distrutti sei milioni di ebrei d'Europa e di Russia»), 4. il 4 gennaio 1945 dall'aizzatore-capo Ilja Erenburg (i campi di Auschwitz, titolati per 4-5 milioni, verranno occupati soltanto il 27 seguente), 5. l'11 giugno 1945 da Jacob Robinson (uno degli ostetrici della farsa norimberghese, poi consigliere giuridico presso la delegazione israeliana all'ONU), Nathan Perlman e Alexander Kohanski a Robert Jackson in procinto di partire per l'Europa per avviare la Rappresentazione, 6. il 20 novembre 1945 da Sidney Alderman, braccio destro di Jackson, a Norimberga («almeno 5.700.000 sono scomparsi, deliberatamente uccisi»), 7. il giorno seguente da Jackson il quale, citando l'affidavit 2738-PS, US-296 di Georg Wilhelm Höttl (Hoettel, lo dicono Shermer-Grobman), già braccio destro di Kaltenbrunner e ora agente di fiducia dell'OSS (convinto a diventar tale, dietro minaccia di venire estradato in Ungheria, dal capitano Kurt Ponger e dal tenente Otto Verber né Färber, ufficiali del CIC già «esuli» «tedeschi», anni dopo arrestati dagli stessi americani quali agenti comunisti), ove afferma che la cifra gli era stata comunicata da Eichmann a Budapest nell'agosto 1944 (cosa da questi sempre negata a Gerusalemme), e una dichiarazione estorta all'ex Sturmbannführer (Hauptsturmführer, lo dicono Shermer-Grobman) Dieter Wisliceny, già vice di Eichmann,indotto a «confessare» dietro promessa di aver salva la vita e poi comunque consegnato ai cechi che lo impiccheranno – ove il tedesco afferma che la cifra (in realtà, scrivono Shermer-Grobman, cinque milioni, e non sei) era contenuta in una lettera a Himmler mostratagli a fine febbraio 1945 sempre da Eichmann, cosa da questi sempre negata nel 1961 – lascia però aperto uno spiraglio alla contestazione: «5.700.000 ebrei mancano dai paesi dove vivevano. Per 4.500.000 di essi, la scomparsa non può spiegarsi con la normale mortalità, né con l'emigrazione,né con la fuga» (il 30 settembre 1946 il TMI, vol.I p.283 e XXII p.584, non avanzerà di suo alcuna cifra, limitandosi a riferire che «Adolf Eichmann, che fu incaricato da Hitler di realizzare questo programma [di Liquidierung], ha stimato [Eichmann non fu mai presente a Norimberga, e «stimò» le cifre solo attraverso Höttl!] che questa politica comportò l'uccisione di sei milioni di ebrei, dei quali quattro milioni nei campi di sterminio»), 8. nell'aprile 1946 dal Comitato Anglo-Americano d'Inchiesta sui Problemi degli Ebrei di Europa e Palestina, pignolo, anche se non all'unità: 5.721.800. In realtà, già il 13 giugno 1946 il quotidiano svizzero Basler Nachrichten riferisce, nell'articolo Wie hoch ist die Zahl der jüdischen Opfer? "Qual è il numero delle vittime ebree?" basato su fonti ebraiche ufficiali, che gli ebrei presenti nei territori nell'orbita di potere hitleriana possono essere valutati al massimo a tre milioni, con una perdita globale, per ogni tipo di causa,inferiore al milione e mezzo tra morti e dispersi:
«Die Zahl der Juden, die alle tatsächlich in dem Machtbereich Hitlers fielen, verringert sich dadurch auf höchstens 3 Millionen [...] Es ergibt sich also [...] daß alles in allem weniger als 1,5 Millionen Juden vorläufig als "tot oder vermißt" bezeichnet werden müssen».
Del quale milione e mezzo, cifra alla quale per altra via perverrà nel 1964 il revisionista francese ex deportato buchenwaldense Paul Rassinier, almeno un milione potrebbero essere, a parer nostro, addebitabili al Padre dei Popoli Stalin. Per l'aspetto demografico dell'oloquestione, centrale almeno quanto quello tecnico delle «camere a gas» e dei «forni» («Dove sono finiti cinque, sei milioni di persone che prima della guerra c'erano e dopo non c'erano più?», contesta ad Irving Liliana Picciotto Fargion, ponendo
al primo posto delle «prove» la loro allegata scomparsa,
al secondo le «testimonianze» delle vittime ed
al terzo le «confessioni» dei «carnefici»...
tralasciando quindi del tutto le prove fattuali e minimizzando le documentali) vedi Rassinier II, Cedric Martel, Walter Sanning, Steffen Werner e Rudolf/Gauss. Inoltre, le perdite ebraiche dovute direttamente allo stalinismo,che non solo spiegano in gran parte la «quisquilia della sparizione in massa degli ebrei durante la guerra» (così la Pisanty ) ma rimediano anche alla «carenza», imputata ai revisionisti dalla Pisanty, di un «paradigma alternativo rispetto a quello ufficiale», si possono valutare in:
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1. 500-600.000 liquidati nelle Grandi Purghe secondo Benjamin Ginsberg, Louis Rapoport, Alfredo Myr e Calimani o addirittura 1.000.000 per Luciano Tas (in Paolo Grieco), tra i quali Lustiger annovera 169 generali ebrei,
2. 700.000 «polacchi» deportati e periti per i più vari motivi secondo Sanning (cifra forse eccessiva) o i 450.000 di Joachim Hoffmann, e non prendiamo in considerazione, ovviamente,i «miseri» 100.000 allegati da Gabriele Nissim (oltre al romanzo di W.S. Kuniczak, vedi le memorie degli Arruolati deportati Janusz Bardach, Menachem Begin, Herman Carmel, Yehoshua Gilboa e Jerzy Gliksman, nonché dei polacchi Gustaw Herling-Grudzinski e Slavomir Rawicz). Quanto alle perdite dovute indirettamente allo stalinismo, ricordiamo:
3. 200.000 caduti nelle file dell'Armata Rossa,
4. forse 100.000 partigiani, per la massima parte est-europei.
Lo storico Julius Epstein scrive – vedi National-Zeitung n.46/1995 – che gli ebrei vittime del Terrore staliniano (sovietici e polacchi) ammontano a 1.500.000. Tutta da verificare, poco sostenibile e comunque non credibile, è la cifra di due milioni di militari ebrei caduti sotto tutte le bandiere ma soprattutto sovietici, avanzata da Joseph Croitoru l'8 gennaio 1997 sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung,seguita dall'ambigua avvertenza: «Für die kollektive Erinnerung der Israelis an den Holocaust wird das gewiß nicht folgenlos bleiben, Per la memoria collettiva israeliana dell'Olocausto, ciò non resterebbe certo senza conseguenze». Oltremodo importante è anche la questione degli ebrei «liberati» dai campi tedeschi e costretti dai sovietici a restare in URSS. Di tale aspetto, già accennato dai revisionisti (tra i quali Faurisson, Sanning, Werner, Deana e Rudolf), ci riporta Ulderico Munzi il 5 marzo 2003, riferendo del cinquantaseienne Denis Sellem. Disceso per parte materna dall'«algerino» Judas Kalifat, partigiano giustiziato dai tedeschi nel 1943, Sellem si incuriosisce quando, studiando la vicenda dello zio Edouard Kalifat, ventenne operaio alla Renault deportato ad Auschwitz nel febbraio 1943 e mai più tornato, trova una foto al CDEC di Parigi dalla quale risulta come fosse stato «liberato» dai sovietici (degli altri figli di Judas, due furono partigiani, come pure sopravvisse un terzo, pur deportato a Treblinka e Dachau). Ma lasciamo la parola a Sellem:
«Da Stalin a Putin, la terra russa non si lascia sfuggire gli occidentali dei tempi di guerra, né vivi né morti, siano essi francesi [come i volontari della Charlemagne o gli operai,volontari nel Reich o deportati], tedeschi antinazisti, i sopravvissuti dei duecentomila prigionieri giapponesi impiegati nei lavori della Transiberiana, i quindicimila spagnoli [della Division ], i duemila soldati americani prigionieri della Wehrmacht e poi inglesi, olandesi,e chissà quanti italiani e un'infinità di ebrei che furono portati via dai campi di sterminio nazisti [...] Perché il dramma, nel 1945, era quello di vedere la porta del campo di concentramento spalancarsi all'ingresso delle truppe di Stalin: poi la gente scompariva nel nulla [...] I sovietici consideravano i sopravvissuti stranieri anche come merce di scambio qualora si dovesse costringere qualche cittadino russo a tornare in patria. E, col passare degli anni, gli stranieri si sono sovietizzati, non potevano rimpatriare, prima di tutto perché avrebbero raccontato la miserabile e crudele realtà del paradiso staliniano. E poi perché, fino ai tempi di Breznev e oltre, avevano paura di rappresaglie».
Riassumendo, tenga il lettore sempre presente che nei Six Million vengono compresi non solo gli ebrei civili morti per diretta responsabilità tedesca, ma anche quelli:
1. morti da militari, 2. da partigiani, 3. di morte naturale in libertà o nei ghetti o nei campi, 4. di malattia,fame ed epidemie le più varie, 5. nelle deportazioni sovietiche, 6. nelle purghe staliniane anteguerra, 7. nei più o meno giustificati moti antiebraici dei popoli dell'Europa Orientale, senza responsabilità tedesca, 8. quelli convertiti al cristianesimo, 9. quelli emigrati clandestinamente durante la guerra o alla sua fine, assumendo o meno nuovi cognomi, 10.quelli assenti dalle statistiche, in quanto non ritrovati o non menzionati.
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È d'altronde ben nota, oltre all'odio biblico/talmudico per ogni forma di censimento che permetta un computo esatto della loro presenza (per tutti: «Ora Satana insorse contro Israele e incitò Davide a censire Israele [...] Tale fatto spiacque infatti agli occhi di Dio che colpì Israele. Allora Davide disse a Dio: "Io ho gravemente peccato" [...] Così il Signore inviò una peste in Israele e caddero settantamila uomini d'Israele», 1° Cronache XXI 1, 7 e 14), l'assenza di formalismo, negli ebrei di tutti i tempi e i paesi, nella scelta di nuovi cognomi o nell'adattamento dei vecchi. Dell'antica sempre nuova volontà mimetica sociale, cioè dell'antica sempre nuova ripugnanza per ogni forma di censimento, imposta come dovere, leggiamo in 2° Samuele 1-17 che il censimento di Israele e Giuda viene istigato dall'Altissimo, in quanto è in collera col Suo Popolo. Inviato alla bisogna il generale Ioab, Davide numera 800.000 uomini validi per Israele e 500.000 per Giuda. Ciò fatto, turbato per avere contato la sua gente, Davide si rivolge al Boss: «Ho gravemente peccato in quello che ho fatto, ora ti prego, rimetti il peccato del tuo servo, sono stato molto sciocco». Con ammirevole coerenza, il Signore gli invia il profeta Gad, per la cui bocca gli propone di scegliere il castigo: «Vuoi tre anni di carestia nel tuo paese o che per tre mesi tu debba fuggire davanti al tuo nemico, mentre egli ti insegue, o che per tre giorni venga la peste sopra il paese?». Imbarazzato, il «re» – che pure preferirebbe cadere nelle mani vendicative di Dio ma non in quelle degli uomini, e per il quale tre anni di carestia sarebbero forse fonte di mugugni popolari se si venisse a sapere la sua dabbenaggine –consigliato da Gad, sceglie la pestilenza: «Così, il Signore mandò sopra Israele la peste, ed essa infierì dall'alba fino al tempo fissato; così morirono da Dan a Bersabea 77.000 persone». «Che si trattasse di qualcosa d'illecito» – interviene al proposito il curatore de La Bibbia Concordata,infiorettando di assurdità il commento – era indubbio, come appare dalle rimostranze di Ioab e dei capi e dalle perplessità di Davide, condivise pienamente dall'autore del nostro passo. La coscienza del proprio potere militare poteva facilmente indurre Israele all'orgoglio [!]. Ma esempi anche della letteratura classica ci mostrano il carattere pericoloso dei censimenti in quanto tali [?]». Se confrontiamo tale versione con la parallela 1° Cronache 1-30, troviamo che in questa l'istigatore non è più l'Altissimo, ma Satana (psicoanaliticamente significativa la sovrapposizione dei ruoli!). Israele conta ora 1.100.000 «uomini atti a maneggiare la spada», mentre Giuda 470.000 (tra questi Ioab non conta quelli di Levi e Beniamino perché, anche se tardi, «l'ordine del re gli era sembrato detestabile»). Il solito Gad fa al re la solita proposta,il solito Davide sceglie la solita punizione, fermando però l'Angelo del Signore alle porte di Gerusalemme, sicché stavolta cadono solo 70.000 uomini e non 77.000. Se l'intero Libro è Parola Divina e le assurdità, incoerenze e contraddizioni sono sempre giustificabili, ebbene, nulla c'è da meravigliarsi delle assurdità, incoerenze e contraddizioni di cui sono oggi, dopo tremila anni, infarcite le autostime (elaborate cioè dai Fedeli del Signore) sulla consistenza delle loro comunità. Esilaranti le «spiegazioni» di Elena
Loewenthal introducendo Juifs di Voltaire: «Eppure gli ebrei sono sempre stati un'inezia numerica, un popolo talmente piccolo da indurlo a evitare di tirare le somme: antesignano di quel concetto di privacy oggi tanto alla ribalta, il Talmud proibisce ai figli d'Israele di sottoporsi a censimenti. A tirare le somme provvidero, invero, i gerarchi nazisti studiando a tavolino la Soluzione Finale». A darci il polso della serietà con cui lo sterminazionismo affronta l'aspetto demografico della Shoah sia qui sufficiente, avendo costituito l'URSS (e costituendo la sua erede CSI) il secondo maggiore serbatoio diasporico nonché il nucleo demografico dell'Olo-Immaginario,riportare qualche cifra sulla consistenza della popolazione ebraica non tanto prebellica e degli oloscomparsi quanto dell'ebraismo più recente. Il dato dell'Encyclopaedia Judaica è 2.650.000 per il 1967; Evyatar Friesel, in «a unique reference source [...] the most authoritative and accessible work in its field [...] comprehensive, authoritative and up-to-date», compilata con l'assistenza di «oltre trenta specialists in diverse fields of Jewish history, thought and demo graphy», ci dà 2.267.000 per il
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1959 (primo censimento sovietico postbellico), 1.811.000 per il 1979 e 1.515.000 per il 1985, il calo riferendosi all'emigrazione, soprattutto in Israele e negli USA (crollato il comunismo nel 1989, 600.000 ebrei «si sono [poi] riversati nel giro di cinque sei anni in Israele», ci avverte Shalom 4/1995: stando a Friesel, l'ex URSS dovrebbe quindi essere terra quasi deserta di ebrei, mentre Shalom la dice «ancora oggi la terza comunità ebraica [nel mondo] per numero»). I censimenti 1970 e 1979 offrono 2.151.000 e 1.800.000; Nicholas de Lange, lecturer in Rabbinics a Cambridge e rabbino egli stesso, si attesta sul 1.811.000 per il 1980; i demografi Doris Bensimon e Sergio Della Pergola ci danno invece 1.700.000 sempre per il 1980; Howard Sachar, autore specializzato sostenuto dall'AJC, 1.760.000 per il 1984;Ivan L. Tillem, autore del semi-ufficiale annualmente-edito Jewish Directory and Almanac,2.630.000 per il 1986 (rifacendoci al dato di Friesel, nel giro di un anno l'ebraismo sovietico aumenterebbe quindi, d'un balzo, di 1.115.000 unità!); Laurent Mallet parla con pathos, rierendosi alla metà degli anni Ottanta, di «due milioni di ebrei "prigionieri" in URSS», il 10% dei quali nel Caucaso e in Asia centrale. A prescindere da tutto questo guazzabuglio, i dati più interessanti ci vengono comunque da rivelazioni più recenti. Conosciamo certo resurrezioni miracolose, crediamo a quanto ci si narra di Lazzaro, ma che milioni di persone risorgano oggi, nella «laica» Modernità, ci pare miracolo di gran lunga più mirabile. Operato, oltretutto, da esseri umani, e non dal Figlio di Dio. La prima cifra rivoluzionaria ci viene da Ugo Tramballi: 3.500.000 ebrei presenti in URSS nel 1990 (la stessa cifra ci era stata già data l'11 giugno 1984 dal «francese» Robert Hemmerdinger in Valeurs actuelles: «Ho aderito al Front national perché sono ebreo. Tre milioni e mezzo di miei correligionari sono oppressi [sont dans des camps] in Russia. Ho scelto l'anticomunismo radicale»). E a sostenerlo non è un quidam de populo, ma l'esimio Samuel Zilberg di Riga, co-presidente del VAAD (la Confederazione delle Organizzazioni e delle Comunità Ebraiche dell'URSS) e presidente della Federazione Sionista sovietica, l'ente che ha organizzato, con le sue 79 sezioni presenti in 50 città del paese, la «salita» degli ebrei in Israel: «Questa aliyah sarà forse la più massiccia della nostra storia: sono circa tre milioni e mezzo di persone, perché non c'è solo il milione e mezzo di sovietici sul cui passaporto è stampata la frase "nazionalità ebraica": ci sono quelli che per non subire discriminazioni hanno contraffatto la loro etnia, coloro che hanno sposato un ebreo, i figli delle coppie miste, chi secondo la legge dello stato d'Israele ha diritto alla cittadinanza: i discendenti di una donna ebrea fino alla terza generazione. Approssimativamente un milione e ottocentomila persone sono già partite o ne hanno fatto richiesta: è la prima ondata e se tutto va bene saranno fuori entro tre-quattro anni. Poi ci sono altri ottocentomila ebrei che ancora stanno pensando cosa fare e noi dobbiamo cercare di convincerli. Infine resta un ultimo gruppo, fra cinquecentomila e un milione di persone in Russia e Ucraina: sono coloro che hanno deciso di assimilarsi» (quattro anni più tardi, tira invece al ribasso il neopresidente del VAAD Mikhail Shlenov: in tutta l'ex URSS potrebbero esserci due milioni e mezzo di ebrei, di cui uno nella Repubblica Russa, anche se, postilla Shalom nel novembre, «si tratta di cifre molto approssimative, perché non si sa bene quanti sono ancora gli ebrei in qualche modo rimasti legati all'ebraismo e quanti ne sono irrimediabilmente lontani, malgrado la "nazionalità"»). Secondo i criteri di Zilberg (in parte discordanti dalla definizione di ebreo data dalla Legge del Ritorno), e ponendo che entrambi i genitori della donna siano ebrei al cento per cento (cosa peraltro non necessaria, poiché l'ebraicità halachica viene conferita dalla sola donna), viene considerato ebreo financo un individuo che abbia un ottavo di sangue ebraico! Il 1° luglio 1990 è poi il New York Post a sostenere: «Attualmente si pensa che nell'URSS vivano da due a tre milioni di ebrei. Tuttavia, emissari israeliani che, grazie al miglioramento delle relazioni diplomatiche, possono liberamente viaggiare in URSS riferiscono che il loro
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verosimile ammontare è di oltre cinque milioni». Nell'agosto 1991 è Stanley A. Ringler a parlarci,su Moment, di oltre tre milioni di individui: «Le statistiche ufficiali sovietiche riportano una comunità ebraica identificata di un milione e mezzo di persone. Ma già due milioni di cittadini sovietici si sono registrati per ottenere il permesso d'immigrazione in Israele. Talune autorità israeliane affermano che ci può essere un'altro milione di persone qualificato secondo i termini della Legge del Ritorno e che hanno similmente chiesto un permesso di immigrazione». Quindi, secondo Ringler, potrebbero avere chiesto il permesso ben tre milioni di individui. E siccome, malgrado l'innato nomadismo, non è semplice neppure per un ebreo lasciare un ambiente, abitudini di vita e lavoro per affrontare in massa non spazi liberi e aperti ad ogni iniziativa, ma ambienti strutturati, talora sovrappopolati, forse ostili malgrado le suadenti parole dei propagandisti, sempre comunque problematici in questo scavalco di millennio, è certo naturale supporre l'esistenza di centinaia di migliaia – di milioni – di «reprobi» riluttanti alla conquista di un posto al sole in Eretz Israel. E di «millions of Jews» che non pensano affatto di lasciare l'URSS ci parla anche Rachel Cowan, mentre nel 1992 le «russe» Evgenja Albaz e Sonja Margolina ammettono, rispettivamente,cinque e «fino a otto» milioni di confratelli ex sovietici. Ma la scossa maggiore ce la dà W.D. Rubinstein, docente di Sociologia alla School of Social Sciences dell'australiana Deakin University, saggista su Quadrant e collaboratore di altre riviste di prestigio internazionale. Se infatti egli nota nel testo che «le fonti più informate valutano oggi [l'edizione italiana dell'opera, prefazione di Arrigo Levi, è del 1986, l'originale del 1982, i dati sono quindi precedenti] in 2.500.000-2.700.000 il totale della popolazione ebraica sovietica», nella nota 35 a fine capitolo VI leggiamo testualmente, scritto in caratteri piccoli:
«Il World Almanac del 1979 (p.218) fissa questa cifra a 2.678.000 traendola dall'American Jewish Year Book 1978. È interessante notare che numerosi osservatori valutano il numero della "vera" popolazione ebrea in una cifra molto più alta. Lo storico dissidente Roy Medvedev, per metà di sangue ebreo, valuta il numero di ebrei "nascosti" in "qualcosa tra uno e dieci milioni di individui". Vedi H. Smith, The Russians (London, 1979), p.576 (corsivo dell'a.). Se in qualche modo l'ultima cifra fosse vera, in Unione Sovietica esisterebbe allora la più numerosa popolazione ebraica del mondo, anche se è legittimo dubitare della piena identità ebraica degli ebrei "nascosti". Nel 1978, le città con il più alto numero di ebrei erano Mosca (285.000), Kiev (170.000) e Leningrado (165.000) (da World Almanac). Anche in questo caso alcuni osservatori giudicano che si tratti di cifre sottostimate».
Una scossa similare a quella dataci da Rubinstein ci viene da Jewish Week del 2 agosto 1991: avallato da Wolf Moskovich, chairman del dipartimento di Studi Russi e Slavi dell' Università Ebraica di Gerusalemme, il rapporto Rising to the Challenge: Israel and the Absorption of Soviet Jews, "Essere all'altezza della sfida: Israele e l'integrazione degli ebrei sovietici",ci informa di un potenziale che va da 3,5 a 12 milioni di ebrei sovietici, «all of whom would qualify for immediate citizenship under Israel's Law of Return policy, che potrebbero tutti trovarsi nelle condizioni di divenire immediatamente cittadini israeliani secondo la Legge del Ritorno». Più moderato si presenta Rabbi Lawrence Hoffmann, nella prefazione alla nuova edizione di What is a Jew? dello zio Rabbi Morris Kertzer, riportandoci al 1990, peraltro alquanto vagamente, «oltre tre milioni [di ebrei] in Russia e in Europa orientale». Ad una cifra sui dieci milioni giunge invece, nel gennaio 1995, lo storico russo Viktor Antonov, intellettuale in lotta per la restaurazione della monarchia: cinque milioni sarebbero gli «ebrei pieni», cinque altri gli «ebrei a metà», tra i quali ultimi sono presenti «individui indirizzati in senso nazionale, russo, anti-ebraico» (Wolfgang Strauss in Staatsbriefe n.7/1995). Un penultimo dato, da estrapolare con attenzione ma rivelatore, l'offre Shalom n.7/1995. Parlando dei bambini ebrei rimasti contaminati dall'esplosione del reattore n.4 di Chernobyl, il
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mensile ce ne dà il numero, all'aprile-maggio 1986, momento dell'accaduto, in 200.000 «per un raggio di un centinaio di chilometri e un'area di forse 100.000 chilometri quadrati [...] a parte la città stessa [di Chernobyl], Kiev e Minsk». Ci viene anche detto che in quella stessa area, a cavallo tra Bielorussia e Ucraina, la popolazione ebraica globale contava allora 600.000 persone. Relazionando sull'Allgemeine Jüdische Wochenzeitung del 12 dicembre 1991 di un convegno tenuto a Kiev nell'estate sulle relazioni ebraico-ucraine, Grigori Filanovskij aveva peraltro scritto che «in Ucraina un abitante su cinque è russo ed uno su dodici ebreo», il che equivale a contare a 4 milioni gli ebrei nella sola Ucraina! (nessun pudore, tuttavia, ha l'American Jewish Year Book 1996 a darci, per la fine 1994, 210.000 ebrei ucraini su 52 milioni di persone). I dati ufficiali al 1992 sono invece 300-400.000 per l'Institute of Jewish Affairs e 480.000 per fonti statali ucraine, anche se su Le Soir del 25 marzo 1994 il ministro ucraino per le Nazionalità Oleksander I. Yemets comunica che nel 1989 c'erano nel paese oltre 500.000 ebrei, e che 200.000 erano emigrati nei cinque anni seguenti (nel 1970 il Lexique du Monde Juif ne aveva dati, per il 1959, soltanto 80.000!). E 600.000 ebrei potrebbero vivere a Mosca (centoventi sono le organizzazioni ebraiche nella sola capitale ex sovietica!), scrive nel febbraio 1996 Hershel Shanks, direttore di Moment, anche se «the usual estimate is between 150.000 and 200.000, approximately the same size as the Jewish community of Washington, D.C.» (il che equivale a dire che da un quarto ad un terzo degli abitanti della capitale USA sono ebrei). Il fatto, continua Shanks, è che
«quanti siano gli ebrei che vivono a Mosca, o anche nell'ex URSS, è impossible to determine accurately,in parte perché è molto difficile stabilire chi è ebreo. Chi è ebreo? Un individuo nato da madre ebrea (definizione in accordo con la legge religiosa ebraica)? un individuo con almeno un nonno ebreo (definizione implicita nella Legge del Ritorno israeliana, una specie di rivincita contro i nazisti, che fecero ebreo un individuo se aveva un nonno ebreo [affermazione semplicemente falsa!])? un individuo che si definisce da sé ebreo? un individuo il cui passaporto interno (invero, una carta d'identità rilasciata dal governo) dice che è ebreo? Nessuno di questi criteri è pienamente soddisfacente. Molti ebrei si definirono russi quando in Unione Sovietica era scomodo essere ebrei [...] Il diffondersi dei matrimoni misti tra russi ed ebrei (nel linguaggio ordinario gli ebrei non sono russi) fa sembrare meschino il dato del 50% dei matrimoni misti degli ebrei americani [...] Il presidente dell'Università Ebraica di Mosca si è sposato due volte, ed entrambe le volte con donne russe [...] Malgrado tutta l'emigrazione dell'ultimo decennio, la popolazione ebraica della Russia (circa un milione e mezzo di persone, mentre altre stime superano i quattro milioni) forma la seconda maggiore comunità diasporica al mondo, dopo gli Stati Uniti. L'Ucraina, con un numero di ebrei che va da mezzo milione a un milione, è la quarta, di poco più piccola della comunità ebraica di Francia [«oltre il 95% degli ebrei russi e ucraini vive oggi nelle maggiori città», ci dice Shanks, confermandoci la propensione urbana degli Arruolati]. In Ucraina e in molti altri posti il numero degli ebrei è oggi in crescita, malgrado l'emigrazione, l'invecchiamento della popolazione e il basso tasso di nascite. Il fatto è che gli ebrei stanno uscendo dai loro rifugi [The reason: Jews are coming out of the woodwork]. Non c'è più da vergognarsi ad essere ebrei [...] La rinascita del giudaismo nell'ex URSS sarà forse un miracolo grande come la creazione di Israele».
Ma allora – ragioniamo! –
1. se «milioni» vogliono restare, 2. se 1.800.000 sono partiti o hanno fatto richiesta, 3. se, come scrive il 1° luglio 1990 il New York Post citando esperti ebraici, ci sono nell'URSS ancora oltre 5 milioni di ebrei, 4. se, come scrive Elo Foti riferendosi ai dati del convegno presieduto a Milano nel giugno 1991 dal presidente della World Zionist Organization Simcha Dinitz, relatori Piero Ostellino (già direttore del Corriere della Sera e poi presidente ISPI, Istituto per gli Studi di Politica Internazionale) e i tre eletti Furio Colombo, Edward Luttwak e il giornalista Enrico Sassoon (pilastro del primo quotidiano e conomico italiano, il Sole-24 Ore), «si prevede che nel giro di tre anni arriveranno [in Israele] dall'URSS 1.200.000 nuovi cittadini» (quod deus avertat!, direbbero i palestinesi espropriati ed espropriandi, esuli ed esulizzandi, per non dire dei morituri),
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5. se, come riporta la consorella Simonetta Della Seta, ancora Dinitz ripete nel dicembre la cifra di 3-3,5 milioni («tra questi, 1.200.000 hanno già ricevuto l'invito a riunirsi con i parenti residenti in Israele»; 65 emissari dell'Agenzia Ebraica adempiono, nell'URSS in disfacimento, a due obiettivi principali: quello educativo insegnando la lingua, la storia e l'attualità di Israele, e quello burocratico del collegamento coi familiari, della richiesta dei visti e dell'organizzazione del viaggio), 6. se la Albaz e la Margolina, per non dire di Rubinstein, Moskovich e Antonov, ci offrono stime altissime e semplicemente sconvolgenti, 7. se, ammessi per veri i shalomici 600.000 della zona contaminata (da cui sono escluse le grandi città, ricordi il lettore!), non sono allora veri i dati di Friesel 1979 per Bielorussia e Ucraina (che registrano soli 135.000 e 634.000 ebrei in 207.600 e 603.700 kmq), e quindi tantomeno i dati in the mid-1980s (dovendo essere decisamente più alti), 8. se nel 1996, quindi undici anni dopo Friesel e dopo almeno 6-700.000 emigrati nel solo Israele, le cifre di Shanks per la sola Russia e Ucraina vanno da 2 a oltre 5 milioni (tenuto conto degli emigrati totali e del resto del territorio ex sovietico, le cifre globali shanksiane al 1985 potremmo ben determinarle, con estrema prudenza, in 3,5 e 8 milioni), 9. se il dato più recente dell'«autorevole» Friesel 1985 per l'intera URSS è di 1.515.000 (superato anche da Natan Sharansky, che nel marzo 1996 annuncia, con Cremonesi, 700.000 «russi» sbarcati nel solo Israele dal 1989 e «l'arrivo di almeno un altro milione») –
se tutto questo è vero, allora non riusciamo proprio a conciliare, pur con tutta la buona volontà e la stima per la scientificità di Friesel e l'onestà dei confratelli, tali contraddizioni in un quadro coerente.
Se non fuoriuscendo, ovviamente, dal Paradigma che ha fondato e che regge il Sistema, vale a dire: dall'Immaginario Olocaustico.
Altre fonti lasciano infatti filtrare dati di ogni tipo, nella speranza che il grosso pubblico non solo non si accorga delle contraddizioni, ma non le colleghi alle olomenzogne propalate per decenni. Tra tali sorgenti di luce c'è il quotidiano israeliano di lingua tedesca Israel Nachrichten,che il 22 aprile 1993 riporta bel bello che «secondo alcuni demografi russi, la popolazione ebraica che vive attualmente nei paesi dell'ex URSS viene stimata in cinque milioni di persone, cioè ben più di quanto un tempo fosse previsto da Israele». Lo studio, effettuato dal Centro Studi Demografici del parlamento russo, avrebbe scoperto solo oggi l'esistenza di numerose comunità, residenti in città tenute segrete «per ragioni strategiche» in quanto centri di ricerca nucleare. Città mai comparse su alcuna carta geografica, almeno di quelle a disposizione del pubblico (mentre ci riesce difficile non supporre che, ad esempio attraverso i satelliti,i «nemici» americani non ne siano a conoscenza da sempre, ci corre obbligo segnalare che il fatto non solo rivoluzionerebbe l'interpretazione dell'ultima storia, ma sarebbe la prova della complicità dei compari guerrafreddisti nella repressione della verità sull'olosterminio). Oltre ad una prima tesi, del tutto legittima, che il vero ammontare del corpus judaicum sarebbe sconosciuto, avendo le fonti ebraiche «dato i numeri» in buona fede (diversi essendo i criteri adottati per valutare l'ebraicità dei soggetti – criteri peraltro quasi mai esplicitati al lettore), sarebbe infatti possibile un'unica altra spiegazione.
E cioè che gli ebrei presenti in URSS sono, e lo sono stati per mezzo secolo, in numero enormemente superiore a quanto ci hanno da sempre rintronato nelle orecchie.
Tale conclusione aprirebbe però le porte a una serie infinita di considerazioni, due delle quali riguarderebbero
1. la credibilità di tutte le statistiche ebraiche finora offerteci e di quelle che ci verranno offerte in futuro (altro che gli 1,8-3 milioni di ebrei europei, Russia compresa, di cui, in un articolo dal titolo Aiutiamoci a non sparire, vaneggia L'Espresso nell'agosto 1995!), e
2. la necessità della revisione dell'intera demografia del passato, e quindi il riaprirsi dell'intera querelle olocaustica.
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Contro i 2.600.000 di Hilberg e i 600.000 del Centro Mondiale di Documentazione Ebraica concernenti al 1945 il numero di ebrei sovietici sopravvissuti, stanno infatti, sempre al 1945, i 4.800.000 di Rassinier e gli almeno 4.301.000 di Sanning. A riprova dell'usuale «chiarezza» ebraica, Rubinstein disinvolteggia dicendo che «nell'Olocausto o nel corso di azioni militari avvenute durante la seconda guerra mondiale, fu ucciso un numero di ebrei oscillante da 750.000 a 2.000.000 e più». Rilevi il lettore non solo il più che ampio ventaglio tra le due cifre (uno scarto financo del 200%!), ma anche la confusione generata da quella «o» e l'estrema indeterminatezza di quel «di azioni militari»: quali azioni? quante azioni? da quale parte e come furono uccisi? in combattimento o in esecuzioni per mano tedesca? combattendo dove? nelle retrovie quali terroristi partigiani? o nelle file dell'Armata Rossa? I Sei Milioni di partecipanti all'affaire, termine da intendersi allora nel senso vero e proprio di «affare» (inglese: business) e non di «questione» (tedesco: Frage), tornerebbero allora – esclusi i veri morti incolpevoli cui va intera la nostra pietà, vilipesi proprio dalla Menzogna dei confratelli – da «gassati» alla loro abituale condizione di «erranti» e da questa, mirabile dictu, a «risorti». Ma analisi e dibattiti di questo tipo – di tipo cioè genuinamente storico e razionale – sono resi impossibili, per legge, non solo in Terra Rieducata, ma in paesi sempre più numerosi. Il 26 aprile 1994 è infatti il Bundesgerichtshof, capeggiato da Roman Herzog, candidato CDU alla bundespresidenza ove sarà eletto un mese più tardi affidando il supremo seggio karlsruhico alla Rieducatrice sinistro-liberale massonica Jutta Limbach (che nel giugno 1996 invocherà, sull'«esempio» del Tribunale di Norimberga, l'istituzione di una Corte Internazionale contro i Crimini di Guerra), ad escogitare il rimedio: il principio della libertà di opinione/espressione, tutelato dalla Costituzione (o meglio dal Grundgesetz o "Legge Fondamentale", imposto dai vincitori e mai sottoposto a ratifica popolare), può essere invocato per tutto e per tutti
tranne che per la Auschwitz-Lüge, la Menzogna-Di-Chi-Nega-l'Olocausto, poiché lo sterminio degli ebrei è «una nozione assodata, per la quale non sono necessarie perizie scientifiche a provare che sia avvenuto».
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Il giudizio è infatti stato emesso in seacula saeculorum, fondato sui processi istruiti nel dopoguerra dai vincitori a carico dei vinti e nessuno deve più dubitare della Giustizia. Niente più discussioni sull'attendibilità o meno dei testi, niente più – art.21 di Norimberga! – perizie tecniche sulle «gassazioni», niente più indagine scientifica che possa essere popperianamente verificabile e falsificabile:
solo dogma, ottusità, violenza e repressione.
Se in Francia la repressione democratica mostra il suo volto più ottuso proibendo platealmente per legge di mettere in dubbio le «verità» uscite da quel mostro giuridico che è stato il «processo» di Norimberga, condotto con tutta l'ipocrisia puritano-marxista dai Quattro Vincitori a carico dei vinti, il paese emblematico di tutte le finezze e le astuzie, di tutte le più callide violenze contro la razionalità, di tutte le ipocrisie e le buone intenzioni criminali resta però la Terra Rieducata: «Nella Germania del 2003 – ricorda il francese Pierre Chassard – la repressione esercitata contro certe opinioni politiche è stata tale che in meno di un ventennio sono stati messi all'indice centinaia di libri. Ipocritamente, le autorità pretendono che la messa all'indice non è un divieto di scrivere. Ma la misura ottiene il medesimo scopo, poiché gli scritti incriminati non possono essere resi accessibili al pubblico nelle librerie, nelle biblioteche,nei chioschi, nei servizi di vendita per corrispondenza. È inoltre proibito parlarne in qualsivoglia maniera o semplicemente citarli a titolo di riferimento in una bibliografia. Queste misure arbitrarie sono in pratica un autodafé permanente».
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Altro quindi che il salmodiare del Supremo Tartufo tedesco, di cui ci relaziona la Frankfurter Allgemeine Zeitung il 15 dicembre 1997: «Die Wahrheit liegt nicht automatisch bei der Mehrheit, schon gar nicht bei den jeweils Herrschenden, La verità non si trova automaticamente nelle maggioranze, e neppure in chi, di volta in volta, detiene il potere» (altrettanto impudico era stato il predecessore Weizsäcker: «Nie gab es auf deutschem Boden einen besseren Schutz der Freiheitsrechte des Bürgers als heute, Mai ci fu su suolo tedesco, come oggi, una maggiore tutela dei diritti di libertà del cittadino»)!
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Altro quindi che le pie intenzioni – ma in cauda venenum! – del ministro dell'Interno Gerhart Rudolf Baum, manifestate a Francoforte alla Fiera del Libro 1979: «La critica è l'elemento vitale della civiltà politica di una democrazia liberale. Le libertà di opinione e di informazione garantiscono questa critica. Esse sono un diritto civile di libertà, essenziale e primario. Il libro è un componente essenziale di questa civiltà politica. Esso fu sempre il portatore di idee e il mezzo per ogni evoluzione spirituale [...] Non solo dobbiamo tollerare la critica. La democrazia vuole che la esigiamo [Demokratische Haltung fordert, ihre Notwendigkeit zu bejahen]. Non può e non deve essere compito dello Stato o di qualsiasi altro potere sociale stabilire cosa possa o non possa essere stampato. Piuttosto, noi abbiamo la libertà di assicurare che venga letto e stampato anche quanto è sbagliato, finché non ferisca ed offenda i diritti altrui»! Quanto alla «responsabilità» dello scatenamento della guerra la Suprema Corte non ritiene invece per il momento, bontà sua, punibile la diversità di opinioni. Anche se, in effetti, giungere a conclusioni diverse da quelle canoniche potrebbe comportare il reato di minimizzazione delle responsabilità e dei crimini «nazisti». I tribunali si vedono quindi affidare dalla massima istanza giuridica il compito di sanzionare la verità in materia storica, mentre il giudice si sostituisce allo studioso, facendosi ausiliare dei gruppi abilitati a chiamarlo in causa.
La Verità si degrada a «verità giudiziaria», non suscettibile di appello; i giudici divengono oggetto di pressioni politico-massmediali, facitori di quei verdetti che i facitori di opinione esigono.
Chi afferma «pubblicamente» – cioè anche in casa sua o in altro luogo privato ma in presenza di un «pubblico» – che la Endlösung, cioè i Sei Milioni + le Camere a Gas, è
a. una montatura, b. una menzogna, c. una leggenda, d. un mito, ...o che più neutramente e. non esistono prove, f. che altre sono le dimensioni e le cause delle perdite, g. che, vista la carenza documentaria, la sbrigatività o l'incompletezza di certi ragionamenti, sono necessarie ulteriori indagini, o h. che, per una qualsiasi ragione e per motivi suoi personali, semplicemente non riesce a crederci,
compie un reato poiché, minimizzando o negando:
1. diffama la memoria delle vittime: Verunglimpfung eines Verstorbenen "vilipendio di un defunto" (art.189), l'eterno pretesto: «pietà per i morti!»; offesa poi non delle vittime, ma della loro memoria, cioè di qualcosa che attiene a terzi, 2. offende i superstiti e la Comunità: Beleidigung "ingiuria" (art.185), üble Nachrede gegen eine Einzelperson "diffamazione individuale" (art.186), Verleumdung gegen eine Einzelperson "calunnia individuale" (art.187), più illustre pretesto: «hanno tanto sofferto!»; quanto al massacro di decine di milioni di goyim non è il caso di parlare, de minimis non curat praetor, 3. quando pure non compia reati di Volksverhetzung "sobillazione popolare / incitamento a delinquere" (art.130, il più generico e il più applicato ai revisionisti) e Aufhetzung zum Rassenhaß "incitamento all'odio razziale " (art.131). Allargando poi la visuale alla legislazione degli altri paesi europei, troviamo tutta una sequela di altre oloimputazioni:
1. «Störung des öffentlichen Friedens, turbamento della pace pubblica» (come se una vera «pace pubblica» non avesse nulla a che fare con la «verità», cioè col fondamento scientifico di una tesi, ma debba posare su brutali interessi pratici!), 2. «istigazione a delinquere / sobillazione del popolo [mediante diffusione di falsità]» (la detta Volksverhetzung,usata a piene mani dal GROD), 3. «incitamento all'odio razziale», 4. «vilipendio di defunti» o della loro «memoria», 5. «contestazione di crimini contro l'umanità» (in particolare,la francese Fabius-Gayssot), 6. «esaltazione di genocidio» (come si possa esaltare una cosa negandola, è un salto logico talmente ardito che non riusciamo a capire!) e, al contrario,
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7. «minimizzazione di genocidio» (la Bagatellisierung dello svizzero art.265 bis, del Belgio e della Spagna, ma anche della liberale ministra della Giustizia Sabine Leutheusser-Schnarrenberger,che non si perita di affermare: «Ich darf nochmals darauf hinweisen, daß eine Diskussion über die Zahl der Opfer des NS-Völkermordes immer dann strafbar ist, wenn sie mit dem Ziel geführt wird, den millionenfachen Mord an der jüdischen Bevölkerung zu relativieren oder zu bagatellisieren, Devo ancora una volta richiamare l'attenzione sul fatto che una discussione sul numero delle vittime del genocidio operato dal nazionalsocialismo è sempre perseguibile penalmente se viene condotta allo scopo di relativizzare o di minimizzare l'assassinio di milioni di ebrei»), 8. «insulto alla dignità umana» (e spregio dei Sacrosanti Diritti), 9. «apologia di fascismo» (in particolare, l'italica legge Scelba), 10. «esaltazione/giustificazione del nazismo», quando non la più diretta 11. «NS-Wiederbetätigung, ripetizione di attività nazionalsocialista» (tipica della legislazione austriaca), 12. «antisemitismo», 13. «Beschimpfung von Bekenntnissen, Religionsgesellschaften und Weltanschauungsvereinigungen, vilipendio di confessioni, società religiose e associazioni ideologiche» (art.166 del CP tedesco) e addirittura – accusa semplicemente ridicola – 14. «denigrazione della democrazia» (insensatezza logica, astrusità morale e schifezza politica che già si denigra bene da sé).
E il tutto, per avere rigettato un dogmatismo parareligioso ed essersi proposti di indagare con serietà, misura e onestà la più controversa storia del nostro secolo. Anche se nel lontano 1952 la Corte Suprema di God's Own Country ha sentenziato, a proposito di un'aperto sfregio anticristiano, che «compiere sacrilegio non [è] motivo sufficiente di censura», per la magistratura dei ROD ciò non vale, ovviamente, quanto alla Sacralizzazione Olocaustica. Tornando alla Terra Rieducata, uno scivolone lo compie però il 7 maggio lo stesso Roman Herzog in un'intervista rilasciata alla Süddeutsche Zeitung, rendendosi passibile di sanzioni in base alle decisioni da lui stesso formulate:
«È dunque del tutto indubitabile, ed ora stabilito unanimemente anche dalla Corte Costituzionale, che c'è stato lo sterminio degli ebrei dell'ordine di milioni di persone [es die millionenfache Judenvernichtung gegeben hat]. Ed è del tutto indifferente [völlig gleichgültig] se furono sei, sei e mezzo o tre o anche solo un milione».
Ma come? la differenza tra sei milioni e un milione sono cinque milioni! Per cinque milioni di esseri umani sarebbe «del tutto indifferente» la differenza tra vita e morte? E taluno sterminazionista giunge a dire che «è la stessa cosa» – comporta cioè la stessa ignominia – avere «sterminato» 6.000.000 o 6000 o anche solo 6 persone! Ma fosse «del tutto indifferente» o «la stessa cosa» (e non è questa la nostra opinione, dato che abbiamo ancora il senso del ridicolo, e comunque bisognerebbe chiederlo ai numeri 7, 6001, 1.000.001, 3.000.001, etc.),
sarebbe allora «del tutto indifferente» parlare di 6 o 6000 persone invece che di 6.000.000.
Si parli dunque d'ora in poi, per logica proprietà transitiva, di 6 persone, o di 6000, e non di 6.000.000!
Invero, se è permesso anche a noi avanzare una stima – peraltro seguendo Finkelstein che «l'entità fisica [dell'Olocausto] va ridotta» – porremmo ad un minimo di 500.000 gli ebrei deceduti per diretta o indiretta responsabilità tedesca (per Heinz Roth, i revisionisti oscillano tra 200 e 500.000 sui 3,5 milioni di ebrei presenti e catturabili nella sfera di dominio tedesco; Sanning ne riporta 430.000, precisamente 130.000 sovietici e 300.000 di altri paesi, con possibili variazioni di decine di migliaia in più o in meno; a parte le 450.000 perdite ebraiche dovute alle deportazioni/esecuzioni sovietiche, Stephen Challen ne imputa 750.000 alla «direct or indirect responsability» dei tedeschi, mentre 4,3 milioni sarebbero gli ebrei «under their wartime control») e per tutte le cause: vecchiaia, malattie, fame, guerriglia, omicidi, rappresaglie, esecuzioni, bombardamenti anglo-americani sui campi, etc. «Gas», ovviamente, escluso. Ed egualmente escluse tutte quelle «vittime» cui si apparenta la bimba con la quale cerca di annichilirci, il 4 aprile 2000 nel processo Amaudruz al Tribunal Correctionel di Losanna, l'olocampato da Gross-Rosen e Buchenwald (ove il fratello fu «ucciso con un'iniezione») Léon Reich: « È la prima volta che testimonio in un tribunale. Peraltro, ho spesso parlato di questi
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fatti nelle scuole [...] Ma voglio raccontarvi una storia ancora peggiore di quella delle camere a gas; è stato quando eravamo nascosti con ventidue persone in un fienile [dans une grange], ove una madre dovette soffocare la figlia affinché il suo pianto non allarmasse una pattuglia nei pressi».
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Interrotto dal presidente Michel Carrard, tutto preso da tali «émouvants témoignages», che mostra al pubblico le fantasie olohorror dell'olopittore David Olère (quello che aveva asseverato le salsicce di carne umana fabbricate dalle SS e deliziosamente chiamate Kremawurst)
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[ questa menzogna è ripresa anche dall'ex detenuta di Auschwitz Olga Lengyel che afferma come... "le internate guardassero con sospetto certi pezzi di grassa salsiccia!"... Fonte O. Lengyel, I forni di Hitler. Carroccio, Bologna, 1966, p. 130, ripreso da Carlo Mattogno in http://studirevisionisti.myblog.it/archive/2012/01/08/auschwitz-27-gennaio-1945-27-gennaio-2005-sessant-anni-di-pr.html . Nota di Olodogma ],
Reich completa le sue il 20 ottobre 2001 sul quotidiano friburghese La Liberté: «Io ho vissuto la realtà dei campi di concentramento. Ma la cosa peggiore per me è un episodio vissuto nell'aprile 1942 con mia madre e la mia piccola nipote di due anni e mezzo. Da giorni eravamo nascosti in una mansarda [dans une mansarde] con più di venti ebrei, quando una squadra tedesca è entrata per ispezionare la casa [pour fouiller la maison]. Eravamo impietriti, spaventati che la piccola si mettesse a piangere e rivelasse il nostro nascondiglio. Allora mia madre ha dovuto decidere di soffocare [a dû décide d'étouffer] lei stessa la nipote con un cuscino. Ne rivedo ancora gli occhi. Nessuna parola può esprimere l'orrore di un tale momento. Fortunatamente i soldati se ne sono andati in fretta e abbiamo potuto rianimare la piccola Sarah. Per me questa immagine, come quella della separazione dei figli dai genitori, è peggio di quella delle camere a gas».
«È doveroso», commenta René-Louis Berclaz, «constatare che nella deposizione in tribunale Lèon Reich ha "dimenticato" due importanti precisazioni:
1. le persone in questione erano sua madre e sua nipote,
2. la nipote non è morta nelle circostanze descritte dal teste».
Da parte nostra, un terzo rilievo: nel giornale, il «fienile» del tribunale si metamorfizza miracolosamente nella «mansarda» di una «casa».
(...) Altri brani tratti da Holocaustica religio presenti sul sito: 1) http://olodogma.com/wordpress/103-il-carcere-a-tutela-del-dogma-oocautico-ariel-toaffhannah-arendtbaruch-spinozamoshe-carmilly-weinberger-e-liberta-di-espressione/ 2) http://olodogma.com/wordpress/0087-la-dichiarata-guerra-ebraica-di-sterminio-alla-germania1933-1945/#more-2051 3) http://olodogma.com/wordpress/0072-lavaggio-del-cervello-brain-washingdistruzionealienazionerieducazione-umerziehung-dei-tedeschi-post-1945-gianantonio-valli/ 4) http://olodogma.com/wordpress/0049-hoocautica-religio-fondamenti-di-un-paradigma-oocauto-e-mondialismo/
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Author(s): | Olodogma |
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Published: | 2013-01-05 |
First posted on CODOH: | April 10, 2017, 4:08 p.m. |
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