I sommi sacerdoti e gli anziani ebrei persuasero la folla, di ebrei, a scegliere Barabba
Testo quasi completamente estraneo al tema del sito, ma con spunti argomentativi utili nella documentazione sul perchè il Vaticano cede alle sirene olocau$tiche. Olodogma
Gesù o Barabba?
di Francesco Lamendola - 26/04/2011
Si legge nel Vangelo di Matteo (27, 15-26; versione della Bibbia di Gerusalemme):
«Il governatore era solito, per ciascuna festa di Pasqua, rilasciare al popolo un prigioniero, a loro scelta. Avevano in quel tempo un prigioniero famoso, detto Barabba. Mentre quindi si trovavano riuniti, Pilato disse loro: “Chi volete che vi rilasci: Barabba o Gesù chiamato il Cristo?”. Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia. Mente egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: “Non avere a che fare con quel giusto; perché oggi fui molto turbata in sogno, per causa sua”. Ma i sommi sacerdoti (ebrei) e gli anziani (ebrei) persuasero la folla (ebrei) a richiedere Barabba e a far morire Gesù. Allora il governatore domandò (agli ebrei): “Chi dei due volete che vi rilasci?”. Quelli (ebrei) risposero: “Barabba!”. Disse loro (ebrei) Pilato: “Che farò dunque di Gesù, chiamato il Cristo?”. Tutti (ebrei) gli risposero: “Sia crocifisso!”. Ed egli aggiunse: “Ma che male ha fatto?”. Essi (ebrei) allora urlarono: “Sia crocifisso!. Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell’acqua, si lavò le mani davanti alla folla: “Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!”. E tutto il popolo (ebrei) rispose: “Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli”. Allora rilasciò Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.» In questo brano di prosa, che lo si giudichi ispirato o no dall’Alto, vi è una summa del più grande mistero presente nella storia: il male voluto, cercato, liberamente scelto; il Male con la “m” maiuscola, che, tante volte, gli uomini preferiscono al Bene. Le circostanze storiche sono note: una folla raccolta sul Litostrato, davanti al Pretorio di Gerusalemme; un Pilato riluttante, che esce fuori per giudicare Gesù; il sommo sacerdote e i suoi colleghi che attendono fuori, senza voler entrare, per non contaminarsi nella casa di un pagano; la folla che tumultua e chiede la crocifissione; la flagellazione dell’imputato, nel tentativo di impietosirla; la reiterata richiesta di morte; l’ultima carta del procuratore romano, offrire la scelta fra Gesù e Barabba; un nuovo e più alto tumulto e la minaccia, neanche tanto velata, di denunciare Pilato a Cesare, per non aver voluto condannare un sovversivo politico il quale, facendosi chiamare Re dei Giudei, aveva sfidato la sovranità di Roma.
I cultori di storia antica non amano soffermarsi su questa vicenda, che li mette in imbarazzo per le sue implicazioni religiose; quelli di storia delle religioni lo amano ancor meno, dato che, fino a pochi anni fa, andava di moda negare addirittura la storicità di Cristo ed equiparare il Cristianesimo ad uno dei tanti miti di salvezza orientali, come quello di Osiride: si leggano, in proposito, i testi di Ambrogio Donini, per il quale il valore dei Vangeli come documenti storici è pari a zero. Anche gli intellettuali che, in buona o in cattiva fede, si prostrano davanti all’unica religione oggi riconosciuta e osservata, quella dell’Olocausto, non amano soffermarsi su questo brano, perché in esso si dice - in modo fin troppo chiaro - che a volere fortemente, implacabilmente, la morte di Cristo, non fu Pilato, ma furono Anna e Caifa; non i Romani, ma gli Ebrei. Il Vangelo di Matteo è il più “ebraico” dei quattro Vangeli canonici: si rivolgeva a un pubblico di Ebrei e, per giunta - ormai è incontrovertibile - in un tempo nel quale molti testimoni dei fatti di cui si parla dovevano essere ancora vivi e ricordare benissimo quel che era accaduto. Perciò, se le affermazioni in esso contenute fossero state menzognere, sarebbe stato facilissimo sbugiardarlo: eppure nessuno lo fece. Né gli Ebrei si adombrarono per quella rappresentazione dei fatti e per la terribile formula d’uso: “Il sangue di lui ricada su noi e sui nostri figli”, che tanto indigna quegli storici moderni che vedono sempre e dovunque un complotto antisemita in agguato. Certo, la conclusione che ne trassero alcuni fanatici cristiani nei secoli successivi, e cioè che il popolo ebreo era colpevole, “in solido”, della condanna a morte di Cristo, è aberrante: quel mattino, sul Litostrato, la folla raccolta per tumultuare davanti a Pilato doveva essere ben poca cosa, data anche la ristrettezza del luogo. Non per nulla il Sinedrio aveva deciso di arrestare Gesù in piena notte e di processarlo immediatamente: lo avevano portato da Pilato alle prime luci del giorno, proprio per evitare che la notizia si spargesse per Gerusalemme e che i sostenitori dell’arrestato avessero il tempo di radunarsi e organizzarsi. Occorreva far presto e ciò spiega la fretta scomposta con cui agirono i sacerdoti: fra l’arresto di Gesù, il processo e l’esecuzione della condanna, non passano nemmeno quindici ore, a farla grande. La ragione non era solo quella di evitare una condanna a morte nella giornata del sabato pasquale, ma anche quella di prevenire qualunque iniziativa dei seguaci di Gesù. Ciò detto, rimane incontestabile che furono i Giudei, per bocca dei loro sacerdoti, a chiedere ed esigere la condanna di Gesù; Pilato, dal canto suo, non si era nemmeno accorto dell’esistenza di quel “pericoloso” agitatore. Ma è certo che egli tentò di sottrarlo alle grinfie dei suoi persecutori: perché, altrimenti, proprio Matteo si sarebbe soffermato tanto sui suoi tentativi di salvarlo? Perché avrebbe riportato perfino il particolare del sogno della moglie di Pilato e di quel suo biglietto al marito: “Non immischiarti nelle cose di quel giusto”? Come avrebbe osato farlo, se si fosse trattato di una pura e semplice invenzione per “scagionare” le responsabilità dei Romani, con parecchi Ebrei che ricordavano benissimo i fatti in questione? Eppure, oggi, molti storici e molti studiosi del Nuovo Testamento affermano che quella parte del Vangelo di Matteo è interpolata o comunque inattendibile, perché il suo unico scopo sarebbe stato quello di ingraziarsi i Romani e di far ricadere ogni responsabilità sugli Ebrei.
Ma se gli autori del Vangelo di Matteo erano ebrei!
Se lo stesso Gesù Cristo era ebreo!...
(è ben strano che ci si preoccupi degli scopi, ipotetici, degli autori del testo e NON di quello che vi viene scritto! Tale pratica è usata anche e sopratutto contro gli storici revisionisti, di cui si sentenzia la volontà restauratrice del "nazzzzismo", evitando accuratamente di discettare sul testo revisionista!)
Quanto a Barabba, si è voluto farne un guerrigliero, un rivoluzionario, un combattente per la libertà della Giudea contro il dominio romano. Può darsi, non lo sappiamo. Tutto quel che sappiamo è che era un assassino: lo dice il Vangelo di Giovanni (18, 40); e, di nuovo, se ciò non fosse stato vero, se si fosse trattato di una calunnia gratuita, che cosa di più facile che smentirlo? Eppure nessuno si prese la briga di farlo, né allora, né poi; né fra gli Ebrei della Palestina, né fra quelli delle comunità straniere (perché la “Diaspora”, è bene chiarirlo, non cacciò via gli Ebrei dalla Palestina tutti in una volta: moltissimi vivevano da tempo immemorabile in Egitto, in Cirenaica, a Creta, in Mesopotamia, in Persia, in India, nell’Asia centrale). Soltanto Celso e alcuni altri filosofi pagani tenteranno di smentire le parole dei Vangeli, molti secoli più tardi, nel contesto della loro disperata battaglia per la sopravvivenza; ma senza contestare questo punto. Dicevamo che nella condanna di Gesù e, più ancora, nella scelta della folla di far liberare Barabba al posto suo, si compendia il mistero del Male nella storia umana: qui, infatti, vediamo, con la massima chiarezza e senza alcuna possibile attenuante, la scelta deliberata dell’ingiustizia, in luogo della giustizia; del male, in luogo del bene. Da una parte, c’è un maestro spirituale che ha sempre predicato l’amore, la pace, il perdono, non senza rimproverare l’ipocrisia e la rapacità di coloro che si credono giusti: flagellato, coronato di spine, con indosso un derisorio mantello di porpora, “dono” di Erode Antipa (l’assassino di Giovanni il Battezzatore); dall’altra parte, un assassino. E la folla (ebrei), richiesta su chi voglia che sia liberato per la solenne festività pasquale, sceglie, a quanto sembra senza esitare, l’assassino.
(...)
Eliminiamo una buona parte del testo (consultabile all'indirizzo sotto riprodotto) che consiste in considerazioni personali e "morali" che non ci interessano minimamente. Olodogma
Fonte: http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=38492
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Author(s): | Olodogma |
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Published: | 2013-05-05 |
First posted on CODOH: | July 7, 2017, 4:50 p.m. |
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