Il goy Karski Jan, sedicente testimone dell'olocausto ebraico a Belzec tramite...folgorazione e calce viva! Fantastico!
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Nel calendario della chiesa olocau$tica si celebrerà, il 20 Novembre 2013, il "goy" (mah!) Jan Kozielewski, alias (!) Karski Jan. Molti nomi e sigle a supporto. Vediamo dell' "oloevangelista" Karski cosa ne esce, e resta, dopo la lettura di brevi brani tratti dalla letteratura revisionista... Prima il lancio della olo-messa cantata in programma...
..."Informazione Corretta, in collaborazione con l'Associazione Italia-Israele di Torino, l'Ambasciata di Israele a Roma, il Consolato Generale della Repubblica di Polonia, l'editore Adelphi, organizza un seminario dedicato a Jan Karski, l'eroe della resistenza polacca contro il nazismo, testimone inascoltato quando visitò le capitali del mondo libero per raccontare lo sterminio degli ebrei che si stava svolgendo in Polonia. Il "testimone inascoltato" è ricordato con una targa nel Giardino dei Giusti, a Yad Vashem a Gerusalemme.
Interventi di : Luca Bernardini, Ugo Volli, Anna Raffetto, Elisabetta Massera, David Meghnagi, Lia Link, Zuzanna Schnepf-Kolacz.
Ecco il programma dell'intera gionata di mercoledì 20 novembre, con inizio alle ore 10, presso la Fondazione Camis de Fonseca, via Pietro Micca 15, Torino, ingresso libero.
Per informazioni : 335 1801264"...
(Fonte:
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=115&sez=120&id=51368)
Jan Karski nella letteratura revisionista
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(...)
La testimonianza di Karski non solo non conferma quella di Gerstein, come lascia intendere la Pisanty, ma la contraddice radicalmente.
In un rapporto del novembre 1942 egli menzionò dei “treni della morte” (col pavimento cosparso di calce viva) come strumenti di tortura per portare gli Ebrei del ghetto di Varsavia «in campi speciali a Treblinka, Belzec e Sobibor», dove venivano uccisi. Per quanto riguarda Belzec, egli gli attribuiva il metodo di sterminio allora in voga della folgorazione. Nel dicembre 1942 Karski riferì di una sua fantomatica visita - in divisa da poliziotto polacco - ad un “campo di smistamento” a cinquanta chilometri da Belzec, rielaborando il tema letterario dei treni della morte, che ora diventavano essi stessi strumento e metodo di sterminio, mentre a Belzec egli affibiava ancora i metodi di uccisione dei gas letali e della corrente elettrica.
Infine, in un libro apparso nel 1944 Karski trasformò il “campo di smistamento” nel campo stesso di Belzec, che ora pretendeva di aver visitato in divisa da guardia estone: esso non era dotato di camere a gas, ma di “treni della morte”, sui quali i detenuti venivano caricati al campo e portati a morire a circa 80 miglia di distanza!
Già da ciò si desume quale sia l'attendibilità del testimone e l'onestà della Pisanty che lo invoca.(...)
(...) Se è solo questione di terminologia, si può parlare di “menzogne propagandistiche”, ma il nocciolo della questione non cambia: la “propaganda nera” è una propaganda fallace, come riconosce la storiografia olocaustica attuale. Come altrimenti bisognerebbe definire le favole della folgorazione, delle camere a vapore, del sapone umano, ecc.?
- Karski all'ONU !
In tale contesto i nostri critici menzionano il «corriere clandestino polacco
Jan Karski “impegnato in “propaganda nera” tra i soldati tedeschi, stampando e distribuendo volantini in tedesco” (p. 43). Questo è un ottimo caso per stabilire il significato reale di “black propaganda”. A p. 15 Karski viene presentato così:
«Un altro rapporto cruciale, che combinava informazioni compilate dall' Oneg Shabes con le fonti clandestine polacche, fu portato fuori dal corriere clandestino polacco Jan Karski nel novembre 1942».
I Plagiari però si guardano ben dal riferire che cosa diceva questo «rapporto cruciale». Karski pretendeva infatti di essere entrato nel campo di Bełżec, ma non vi aveva trovato nessuna installazione di gasazione. Gli Ebrei deportati vi venivano uccisi in “treni della morte” cosparsi di calce viva che venivano caricati al campo e condotti a ottanta miglia di distanza, dove venivano lasciati fermi per giorni fino alla morte di tutte le vittime. Ho descritto le varie “testimonianze oculari” di Karski nel paragrafo Dalla folgorazione ai “treni della morte” del mio libro su Bełżec. Questa storia, dal punto di vista olocaustico, è palesemente falsa (dal punto di vista revisionistico potrebbe essere il travisamento di trasporti che uscivano dal campo per ulteriore destinazione) e ciò spiega l'imbarazzato silenzio dei nostri critici, i quali dunque sanno bene che la “propaganda nera”, a cominciare da quella propalata da Karski, era appunto diffusione intenzionale di menzogne.(...)
(...) Jan Karski è uno dei tre “testimoni oculari” più noti delle camere a gas di Belzec (gli altri due sono Kurt Gerstein e il polacco Rudolf Reder), l’unico vivente, e in tale qualità egli appare nello “SpecialeMixer” dedicato all’Olocausto che è andato in onda per la prima volta il 21 Giugno 1989 su RAI 2 ed è stato poi replicato varie volte. Questo testimone ha dichiarato che nell’Ottobre 1942, essendogli giunta la notizia che a Belzec era in corso uno sterminio in massa, decise di penetrarvi per accertare la verità. Coll’ausilio di alcuni membri della resistenza polacca e di guardie corrotte, egli riuscì ad entrare nel campo e fu testimone di ciò che vi accadeva. In un rapporto della fine del 1942 egli dichiarò che gli Ebrei a Belzec venivano sterminati mediante folgorazione in una baracca con pavimento metallico; in un libro pubblicato nel 1944 egli scrisse invece che gli Ebrei venivano caricati su vagoni cosparsi di calce viva e lasciati morire fuori del campo. Ma secondo la storiografia ufficiale a Belzec – come pure a Treblinka e a Sobibor – per il presunto sterminio in massa, furono usate esclusivamente camere a gas funzionanti con i gas di scarico di un motore Diesel, non baracche di folgorazione, né treni della morte. Da ciò si può desumere quale sia l’attendibilità di questo testimone e la buonafede di chi lo cita.(...)
(...)
La versione della folgorazione su lastra metallica riappare anche nel rapporto redatto dal testimone oculare Jan Karski e da questi consegnato al governo polacco in esilio a Londra il 25 novembre 1942 (70):
"An electrocuting station is installed at Belzec camp. Transports of "settlers" arrive at a siding, on the spot where the execution is to take place. The camp is policed by Ukrainians. The victims are ordered to strip naked, -- to have a bath, ostensibly -- and are then led to a barrack with a metal plate for floor. The door is then locked, electric current passes through the victims and their death is almost instantaneous". (71)
Con eccezionale tempismo, lo stesso giorno il Daily News Bulletin, pubblicato dalla Jewish Telegraphic Agency, titolava:" 250000 Warsaw Jews led to mass execution: electrocuting introduced as new method of mass killing of Jews" , ripetendo la storia della "barrack with a metal plate as a floor". (72)
Dopo aver ricevuto il crisma della verità ufficiale dalla dichiarazione dell' Inter-Allied Information Committe del 19 dicembre, (73) la storia della folgorazione fu pubblicata nella compilazione propagandistica ufficiale Black Book of Polish Jewry. (74)
Un rapporto del 1° novembre 1943 descriveva ancora cosi l' "inferno di Belzec":
"Den Juden, die nach Belzec verschickt wurden, befahl man, sich auszukleiden, gleich als ob sie ein Bad nehmen sollten. Tatsaechlich fuehrte man sie auch in ein Badeetablissement, das ein Fassungsvermgen fuer etliche hundert Personen hatte. Aber dort toetete man sie haufenweise vermittels elektrischen Stromes [Agli Ebrei che venivano inviati a Belzec si ordinava di spogliarsi come per fare un bagno. Effettivamente venivano condotti in uno stabilimento di bagni che aveva una capienza di diverse centinaia di persone. Ma li venivano uccisi a schiera mediante corrente elettrica]".
Nel 1944 la storia della folgorazione si arricchi: ne fu elaborata una nuova versione che teneva conto del nuovo elemento introdotto l'anno prima: il bagno. Il 12 febbraio 1944, il New York Times pubblico il seguente racconto di "un giovane ebreo polacco" relativo alla "fabbrica delle esecuzioni" di "Beliec":
"The Jews were forced naked onto a metal platform operated as a hydraulic elevator which lowered then into a huge vat filled with water up to the victim's necks, he said. They were electrocuted by current through the water. The elevator then lifted the bodies to a crematorium above, the youth said.
La fonte del racconto era costituito da "individui che erano fuggiti dopo essere stati realmente dentro la 'fabbrica' ", (76) dunque da testimoni oculari.
Questa informazione proveniva da Stoccolma, e proprio in questa città, nel 1944, apparve la versione più fantasiosa, forse sarebbe meglio dire più fantascientifica, della storia della folgorazione:
"De med judar fullastade ta°gen koerde genom en tunnel ned till de underjordiska rum daer avraettningsplatsen var belaegen [...].
De foerdes in i jaettestora hallar, vilka rymde flera tusen maenniskor. Dessa rum saknade foenster, var helt i metal och hade golv, som kunde saenkas ned.
Genom en sinnrik mekanism saenktes sa° golvet med alla de tusentals judarna ned i en bassaeng under golvet -- men inte laengre aen att vattnet na°dde dem till hoefterna. Sa° leddes starkstroem genom vattnet och pa° na°gra oegonblick var alla de tusentals judarna avlivade. Sedan lyftes golvet med alla liken upp ur vattnet. En annan stroem kopplades pa° och i de stora hallarna blev nu gloedande hett som i en krematorieugn tills alla lik foerbraents till askan. Roeken leddes ut genom stora fabriksskorstenar.
[I treni stipati di Ebrei entravano attraverso un tunnel in locali sotterranei, dove si trovava il posto dell'esecuzione. Essi erano portati in enormi sale che potevano contenere parecchie migliaia di uomini. Questi locali non avevano finestre, erano tutti di metallo e avevano un pavimento che poteva essere calato giù. Per mezzo di un meccanismo ingegnoso il pavimento, con tutte le migliaia di Ebrei, veniva calato in una cisterna che si trovava al di sotto del pavimento -- ma solo finché l'acqua non arrivava ai loro fianchi. Allora attraverso l'acqua veniva fatta passare la corrente ad alta tensione e in pochi istanti tutte le migliaia di Ebrei erano uccisi. Poi il pavimento, con tutti i cadaveri, veniva tirato fuori dall'acqua. Si inseriva un'altra linea elettrica e queste grandi sale diventavano ora roventi come un forno crematorio fino a quando tutti i cadaveri erano inceneriti. Potenti gru ribaltavano il pavimento ed evacuavano le ceneri. Il fumo veniva espulso attraverso grandi camini da fabbrica]". (77)
Per rendere ancor più orribile la storia, ben presto fu aggiunto un particolare raccapricciante: i cadaveri delle vittime venivano usati per fare il sapone!
Nel già citato rapporto del 1 novembre 1943 si legge:
- ussr-393,prova Norimberga sapone da grasso umano
"Ein Junge, dem es gelang, aus einem solchen Etablissement zu entfliehen, hat mir erzaehlt, was sich nach der elektrischen Hinrichtung ereignete: man liess das Fett der Leichname aus, um daraus -- Seife herzustellen [Un giovane che riusci a fuggire da tale stabilimento mi ha raccontato che cosa succedeva dopo l'esecuzione con l'elettricità: si scioglieva il grasso dei cadaveri per farne sapone]". (78)
Anche qui dunque la fonte della notizia era un testimone oculare.
La storia del sapone umano ebbe grande successo nel 1945. I compilatori del Libro nero sovietico, una eccellente collezione di fantasie propagandistiche, non si lasciarono sfuggire questa leccornia:
"In a different area of the Belzec camp was a soap works. The German selected the plumpest individuals, killed them, and boiled them down for soap". (79)
- wiesenthal simon
Ma a questa tentazione non rinunciarono neppure persone reputate più serie, come Simon Wiesenthal, il futuro "cacciatore di nazisti", (80) che scrisse un articolo intitolato La fabbrica di sapone di Belsetz. (81)
La storia dell'impianto di folgorazione di Belzec, al pari di quella delle camere a vapore di Treblinka, non rimase una semplice Greuelpropaganda, ma fu elevata anch'essa a verità ufficiale sia nel rapporto ufficiale polacco preparato per il processo di Norimberga, (82) sia nel dibattimento di questo stesso processo. (83)
La storiografia ufficiale riconosce tre "testimoni oculari" sul campo di Belzec: Kurt Gerstein, Jan Karski e Rudolf Reder. Di Gerstein, che ha parlato di uccisione in camere a gas per mezzo dei gas di scarico di un motore Diesel, mi occupo nel secondo capitolo. Jan Karski, il quale pretende di aver visitato personalmente il campo di Belzec nell'ottobre 1942, ha fornito due versioni di cio che ha "visto": secondo il già citato rapporto del novembre 1942 , egli ha "visto" l'impianto di folgorazione descritto sopra; secondo il resoconto che appare in un suo libro pubblicato nel 1944, egli ha "visto" soltanto ed esclusivamente treni della morte:
"I have no other proofs, no photographs. All I can say is that I saw it and that is the truth. The floors of the car had been covered with a thick, white powder. It was quicklime. Quicklime is simply unslaked lime or calcium oxide that has been dehydrated. Anyone who has seen cement being mixed knows what occurs when water is poured on lime. The mixture bubbles and steams as the powder combines with the water, generating a large amount of heat. Here the lime served a double purpose in the Nazi economy of brutality. The moist flesh coming in contact with the lime is rapidly dehydrated and burned. The occupants of the cars would be literally burned to death before long, the flesh eaten from their bones. [...]. It took three hours to fill up the entire train by repetitions of this procedure. [...]". (84)
Indi il treno partiva e raggiungeva una zona deserta a 80 miglia da Belzec, dove restava fermo fino a quando tutti gli Ebrei erano morti per l'azione corrosiva della calce e per soffocamento. (85)
Il testimone polacco Rudolf Reder, che pretende di aver trascorso tre mesi a Belzec, parla si di un motore -- a benzina, non Diesel -- collegato mediante tubi a dei locali, ma descrive cosi il metodo di uccisione:
"Non so dire se con questi tubi si sprigionava nelle camere qualche gas, se nelle camere si comprimeva l'aria oppure se l'aria veniva pompata via dalle camere. Fui spesso sulla rampa al momento dell'apertura delle porte, pero non sentii mai nessun odore (nie poczulem zadnego zapachu) e l'ingresso nella camera subito dopo l'apertura della porta non ebbe mai in nessun modo effetti dannosi sulla mia salute. I cadaveri che si trovavano nella camera non presentavano un colorito innaturale. (86)
NOTE:
(70) Martin Gilbert, Auschwitz and the Allies.The politics of rescue. Arrow Books Limited, London 1984, p.93.
(71) News is reaching the Polish Government in London about the liquidation of the Jewish ghetto in Warsaw. In: Foreign Office papers, FO 371/30917, xp 5365, p. 79, e FO 371/30923, C11923, xp 009642, p.79.
(72) "Daily News Bulletin, 25 novembre 1942, pp.1-2.
(73) "The New York Times", 20 dicembre 1942, p.23.
(74) The Black Book of Polish Jewry. New York 1943, p.131: Report of Dr. I. Schwarzbart.
(75) A.Silberschein, Die Judenausrottung in Polen. Genf 1944, Fuenfte Serie, p.21.
(76) "The New York Times", 12 febbraio 1944, Nazi Execution Mill Reported in Poland. Fugitive Tells of Mass Killings in Electrically Charged Vats, p.6.
(77) Stefan Szende, Den siste juden fran Polen. A. Bonniers foerlag, Stockholm 1944, pp.298-299.
(78) A.Silberschein, Die Judenausrottung in Polen. Genf 1944, Fuenfte Serie, pp. 21-22.
(79) Ilya Ehrenburg, Vasily Grossman, The Black Book. Holocaust Library, New York 1981, p.117.
(80) La credibilità di Wiesenthal è stata recentemente demolita in Germania nel corso di una inchiesta della serie televisiva Panorama trasmessa dalla Norddeutsche Rundfunk (Sonntagszeitung, Zuerich, 11.2.1996; fotocopia dell'articolo in: VHO Nieuwsbrief, n.2, 1996, p. 37)
(81) S.Wiesenthal, Seifenfabrik Belsetz. In: "Der neue Weg", Wien, n.19/20, 1946, p.14.
(82) URSS-93, p.65 della traduzione russa; pp.41-42 della traduzione tedesca; p.83 della traduzione inglese.
(83) IMG, vol.VII, pp.633-634, dove il nome del campo è deformato in Beldjitze per una traslitterazione molto approssimativa dal russo.
(84) Jan Karski, Story of a Secret State. Houghton Mifflin Company, Boston 1944, pp.349-350.
(85) Ibidem, p.350.
(86) Verbale dell'interrogatorio di Rudolf Reder, Cracovia, 29 dicembre 1945. ZS Ludwigsburg, Samml. Polen, Ord. 356, 115-120, p.118. Il colorito delle vittime di avvelenamento da ossido di carbonio è "rosso ciliegia" (cherry red) o " rosa" (pink): S. Kaye, Handbook of Emergency Toxicology, Springfield, C.C. Thomas 1989, pp.187-188; cit. da Fritz Berg, The Diesel Gas Chambers: Myth Within A Myth. "The Journal of Historical Review", Spring 1984, p.20.
Fonti:
- http://studirevisionisti.myblog.it/
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http://studirevisionisti.myblog.it/archive/2012/01/08/olocausto-dilettanti-allo-sbaraglio1.html
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Author(s): | Olodogma |
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Published: | 2013-11-16 |
First posted on CODOH: | Dec. 29, 2017, 1:32 p.m. |
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