La tirannia democratica: L’esempio della Svizzera!... di Jürgen Graf
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di Jürgen Graf
Intervento di Jürgen Graf al convegno organizzato dal Comitato di Solidarietà pro Detenuti Politici sul tema Giustizia di Palazzo e Democrazia Totalitaria, Milano, 24 giugno 2000
Secondo la definizione generalmente riconosciuta, la democrazia è un sistema nel quale la maggioranza del popolo, tramite l'elezione del governo, determina la politica di uno stato.
Ma l'abulia che circonda sempre più ogni consultazione elettorale dimostra chiaramente che il distacco fra la teoria e la pratica è pressochè incolmabile.
La tendenza elettorale più spettacolare in tutti i sistemi democratici è rappresentata dall'astensionismo crescente e dalle schiede bianche. Ovviamente, una parte sempre più grande dei cittadini non ha più nessuna fiducia in un sistema in cui i partiti sono diventati praticamente indistinguibili e in cui una propaganda elettorale vuota di valori e di contenuti non fornisce nessuna risposta alle impellenti necessità dei popoli.
Anche i difensori più accaniti della democrazia parlamentare possono difficilmente negare le debolezze palesi di questo sistema. Costretti ad accettare la validità di certi argomenti dei critici, opporranno a costoro la famosa frase di Winston Churchill secondo la quale la democrazia è il peggior sistema politico tranne tutti gli altri, e insisteranno sul fatto che, contrariamente ai regimi autoritari o totalitari, la democrazia consente a ciascuno di dire ciò che vuole, di leggere e di scrivere ciò che vuole e di esprimere liberamente il suo dissenso.
Riguardo a certi paesi, questo argomento rimane valido. A titolo esemplificativo ricordiamo che gli Stati Uniti non conoscono reati d'opinione. Nonostante lo strapotere dei mondialisti, questi non sono ancora riusciti ad abolire l'importantissimo Primo emendamento che protegge la libertà d'opinione. Naturalmente, chi dissente sostanzialmente corre certi rischi perfino in America. Può darsi che perda il suo lavoro, o che venga diffamato nei media senza avere la possibilità di rispondere agli attacchi calunniatori dei suoi avversari. Ma non finirà in galera a causa delle sue convizioni. Lo stesso vale attualmente per la Russia; durante la mia recente visita a Mosca ho potuto constatare che tutte le tendenze politiche ed ideologiche, di qualsiasi colore, possono essere sostenute senza vincolo alcuno. Se qualcuno mi avesse detto venti anni fa che nell'anno 2000 la Russia sarebbe stata più libera della Svizzera, lo avrei sicuramente dichiarato pazzo.
Essendo Svizzero, e avendo provato sulla mia pelle i benefici della democrazia nel mio paese, parlerò degli sviluppi più recenti accaduti nel mio paese per illustrare il fenomeno della repressione politica in Europa occidentale.
Nell' aprile dell'anno scorso, un referendum sulla nuova costituzione elaborata dal consiglio federale ebbe luogo in Svizzera. La maggioranza di coloro che andarono a votare approvò il progetto. La nuova costituzione, entrata in vigore qualche mese dopo il plebiscito, è molto più democratica della precedente perchè garantisce esplicitamente certi diritti fondamentali non menzionati nella vecchia costituzione.
L'articolo 15 garantisce la libertà di culto e specifica che ogni cittadino ha il diritto di scegliere liberamente la sua religione e la sua Weltanschauung. L'articolo 16 garantisce la libertà d'opinione ed assicura il diritto di ricevere e di diffondere informazioni. L'articolo 17 promette la libertà di stampa, l'articolo 20 la libertà della ricerca.
Essendo stato condannato ad una pena di 15 mesi di prigione senza condizionale per il delitto di revisionismo nel 1998, io avrei dovuto beneficiare di un' amnistia subito dopo l'entrata in vigore della nuova costituzione. Poichè l'articolo 14 di essa garantisce la libertà di culto, non sono obbligato ad aderire alla religione dell'olocausto. Poichè la libertà d'opinione è garantita dall'articolo 16, ho ormai il diritto di non credere alle camere a gas ed alla ciffra di sei millioni di ebrei uccisi dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale. Poichè lo stesso articolo garantisce il diritto di diffondere informazioni, posso d'ora in avanti vendere i miei scritti e metterli su Internet senza essere molestato dalla giustizia e senza subire perquisizioni domicilari. Poichè che l'articolo 20 assicura la libertà della ricerca, posso ormai dedicarmi alla ricerca storica e pubblicare le mie conclusioni senza timore di conseguenze spiacevoli. Se le mie conclusioni sono errate, verranno confutate in un libero dibattito fra storici liberi. Viva la nuova costituzione!
Purtroppo, ciò non è avvenuto. Non hon beneficiato di nessuna amnistia. La giustizia svizzera non ha smesso di perseguitare persone che mettono in dubbio la versione ebraicha della seconda guerra mondiale. Nei primi di aprile dell' anno corrente si è svolto a Losanna un processo di tipo staliniano che nella sua infamia ha eclissato tutti i processi precedenti condotti sulla base della famigerata legge "contro la discriminazione razziale" - un processo su cui ritornerò più tardi.
Naturalmente, si ha il diritto di chiedersi come questa cieca intolleranza può essere conciliata con una costituzione che promette al cittadino tutte le libertà. Infatti, il consiglio federale ha sollevato questo problema e fornito la risposta seguente:
L'articolo 7 della nuova costituzione dice quanto segue: "La dignità umana deve essere rispettata e protetta." Nel caso di una collisione con uno dei diritti formalmente garantiti, la dignità umana avrà la precedenza.
Evidentemente, nessuno ha mai definito il concetto nebuloso di "dignità umana". Si troverà sempre un pretesto per affermare che una certa opinione, un certo libro, un certo discorso costituisce una violazione della dignità umana di qualcuno. In altre parole: Tutte le libertà che garantisce la costituzione sono totalmente illusorie, e la costituzione non vale neppure la carta sulla quale è stampata.
Ammetto volontieri che la repressione ed i processi politici sono fenomeni che appaiono in qualsiasi sistema politico; ogni regime, a bisogno, schiaccia il dissenso. Ma i regimi apertamente autoritari hanno almeno il vantaggio dell'onestà. Né i fascisti né i nazional-socialisti né i comunisti si sono mai piccati di aver il brevetto della libertà indivuduale. Invece, la democrazia parlamentare pretende fondarsi sulla tolleranza e agita costantemente la bandiera della libertà - il che non impedisce che in processi politici siano all'ordine del giorno in Francia, Austria e Svizerra, per non parlare della Germania dove, nel 1996, quasi 6000 persone sono state messe sotto accusa per cosidetti "delitti di propaganda di estrema destra" [Die Welt, 4-7-1997]. Viene considerata "delitto di propaganda di estrema destra" anche la più timida critica della versione "politicamente corretta" della seconda guerra mondiale, ma egualmente l'opposizione all'invasione allogena. Il numero di libri vietati nella Germania d'oggi supera di gran lunga quello dei liberi vietati nella Germania di Hitler. - A quest'ultima affermazione si potrebbe obiettare che non esiste nessun elenco ufficiale di libri vietati nella Germania federale. Ciò è verissimo. Nella Spagna di Franco, un tale elenco, l'indice dei libri vietati, esisteva infatti e permetteva ai cittadini di sapere se la diffusione di un certo libro era lecito o no. Nella Germania federale il cittadino è alla mercè di decisioni completamente arbitrarie delle autorità locali. Un amico mio, abitante di Leipzig, fu condannato a sei mesi di carcere per aver comprato dieci copie del libro revisionistico Grundlagen zur Zeitgeschichte dopo l'uscita del libro nel autunno del 1994. All'epoca, l'opera non era vietata; fu vietata parecchi mesi più tardi, nella primavera del 1995. Secondo la logica del giudice, il mio amico avrebbe dovuto sapere nel autunno del 1994 che il libro sarebbe stato proibito mezzo anno più tardi, benchè non ne conoscesse neppure il contenuto nel momento in cui lo ordinò. Ma ritorniamo alla Svizzera. Già ho accennato alla sciagurata "legge contro la discriminazione razziale" che serve da base per la persecuzione dei revisionisti. Nel 1994, questa legge fu approvata dal 54% dei partecipanti al referendum. Ma i partecipanti al referendum erano il 45% degli aventi diritto ad esprimere il voto, per cui la legge è stata approvata, in realtà, da poco più del 23 degli svizzeri - e questo dopo una martellante campagne dei media che erano riusciti a far credere che un tale provvedimento era indispensabile per proteggere gli stranieri dalla violenza razzista.
Ecco il testo dell'articolo 261bis del Codice Penale svizzero:
"Colui che, pubblicamente, avrà incitato all'odio a alla discriminazione nei confronti di una persona o di un gruppo di persone in ragione della loro appartenenza razziale, etnica o religiosa; colui che, pubblicamente, avrà diffuso un'ideologia finalizzata a screditare o denigrare in modo sistematico gli appartenenti a una razza, etnia o religione; colui che, al medesmimo scopo, avrà organizzato o incoraggiato atti di propaganda o vi avrà preso parte; colui che avrà pubblicamente, con la parola, lo scritto, le immagini, i gesti, in via di fatto o in altra maniera, screditato o discriminato in modo che porti offesa alla dignità umana una persona o un gruppo di persone in ragione della loro razza, della loro appartenenza etnica o della loro religione o che, per gli stessi motivi, negherà, minimizzerà grossolanamente o cercherà di giustificare un genocidio o altri crimini contro l'umanità; colui che avrà rifiutato ad una persona o a un gruppo di persone, in ragione della loro appartenenza razziale, etnica o religiosa, una prestazione indirizzata all'uso pubblico, (...) sarà punito col carcere [fino a tre anni] o con pena pecuniaria."
Ci si accorge immediatamente che il testo di questa legge è formulato in modo sommamente vago. Essendo piena di concetti non definiti, la disposizione permette ai giudici di condannare tutti per tutto secondo l'opportunità politico del momento. Per esempio, gli avversari dell'immigrazione e della società multirazziale possono essere condannati per "appello alla discriminazione". È vero che nessuno è ancora stato condannato per questo motivo, ma grazie alla formulazione molto elastica della legge questo può accadere in qualsiasi momento.
Finora la maggioranza degli imputati nei processi politici - ne abbiamo avuto una cinquantina - sono state delle persone che avevano provocato l'ira degli ebrei svizzeri. Per esempio, sono stati condannati un animalista che aveva criticato la macellazione secondo l'uso ebraico, un medico che aveva espresso critiche troppo severe del sionismo ed uno scrittore che aveva messo alla gogna il ricatto bancario antisvizzero delle organizzazioni ebraiche. Ma le vittime dei processi più spettacolari sono stati certi studiosi del revisionismo storico.
Per mettere il guinzaglio ai revisionisti, i tribunali ricorrono al quarto paragrafo della legge che proibisce la negazione, la minimizzazione o la giustificazione di un genocidio o di un altro crimine contro l'umanità. Ovviamente, i fautori della legge hanno unicamente pensato al cosidetto "olocausto"; nessuno verrà mai citato in giudizio per aver negato il genocidio degli armeni o quello dei cambogiani o per aver minimizzato il numero delle vittime della destruzione di Dresda. Oltre al fatto già menzionato che questo paragrafo è incompatibile con la costituzione che garantisce la libertà di opinione, costituisce una mostruosità giuridica per tre ragioni:
1) È contrario al principio dell'unità della materia perchè la negazione di un genocidio non ha strettamente nulla a che vedere con la discriminazione razziale. Si può molto bene essere revisionisti senza essere razzisti o essere razzisti senza essere revisionisti. Il celebre revisionista statunitense Bradley Smith, passato a seconde nozze con un' indiana messicana dopo essere stato sposato con un' ebrea, potrà difficilmente essere sospettato di razzismo.
2) È contrario al principio universalmente riconosciuto nulla poena sine lege. Poichè il concetto di "genocidio" è inesistente nella legislazione svizzera, i tribunali dovranno applicare la definizione dell'ONU secondo la quale commette un genocidio chi uccide una parte di un popolo. Visto che i nazional-socialisti hanno innegabilmente ucciso degli ebrei, la loro politica verso gli ebrei deve indubbiamente essere qualificato "genocidio" secondo la definizione suddetta. Ma nessun revisionista ha mai negato un genocidio così definito. I revisionisti negano l'esistenza delle camere a gas e la cifra di sei milioni. Ma per poter condannarli, i giudici equiparano arbitrariamente la negazione della camere a gas e dei sei milioni con la negazione del genocidio.
3) La proibizione della "minimizzazione di un genocidio" è insensata poichè i tribunali non hanno mai stabilito una cifra ufficiale delle vittime dell'"olocausto". Secondo lo storico ebreo Raul Hilberg, massimo specialista sterminazionista, il numero delle persone morte ad Auschwitz ammonta a 1,3 milioni mentre Jean-Claude Pressac, nella versione tedesca del suo secondo libro Les crématoires d'Auschwitz, parla di 631.000 e gli storici revisionisti come Carlo Mattogno di circa 150.000, di cui approssimativamente il 60% ebrei. Dove comincia la "minimizzazione"? E perchè?
Questo esempio è ampiamente sufficiente per dimostrare l'assurdità di une legge che trasforma i giudici in detentori della verità storica. La fondatezza o l'infondatezza delle tesi revisionistiche non potrà risultare che da un libero dibattito e non dai verdetti di qualsivoglia giudice che conosce appena la differenza fra una camera a gas e un crematorio e chi confonde Rudolf Höss con Rudolf Hess.
Tutto ciò è talmente ovvio che ogni persona di mente sana dovrebbe capirlo senza difficoltà. Ma stranamente i politici non lo capiscono. I gazzettieri non la capiscono - o fanno finta di non capirlo.
Il processo più ignobile dall'introduzione della legge museruola ebbe luogo due mesi fa a Losanna. Il settantanovenne Gaston-Armand Amaudruz, editore del Courrier du Continent, un giornale con una tiratura di 400 copie, fu condannato ad un anno di carcere senza condizionale; inoltre deve pagare quasi 60.000 franchi svizzeri a tre organizzazioni ebraiche - di cui una francese! - ed un ebreo individuale che si erano presentati come querelanti civili. I rappresentanti delle organizzazioni ebraiche si permisero di insultare l'imputato in modo sconcio. Cito Philippe Nordmann, rappresentante della Lega contro il razzismo e l'antisemitismo: "L'accusato mi fa pensare ad un esibizionista che viene al suo processo senza pantaloni. (...) Amaudruz non è uno squalo che nuota nell'acqua chiara, bensì un pesce che vive nell'acqua turbida e si nutre di sudiciume." Ecco il linguaggio di coloro che parlano fino alla nausea di "dignità umana" e di "tolleranza"!
Nel suo dramma immortale Macbeth, Shakespeare fa dire alle streghe: "Fair is foul and foul is fair" - " Bello è brutto, e brutto è bello." Ligi a questo motto satanico, i detentori del potere nella società mondialista hanno pervertito il senso delle parole. Gli oppositori vengono incarcerati in nome della "libertà". I libri che contengono verità indesiderate vengono bruciati in nome della "tolleranza". L'inumano embargo alimentare contro l'Irak che in dieci anni ha provocato la morte di centinaia di migliaia di bambini viene mantenuto in nome dei "diritti dell'uomo". L'aggressione criminale della NATO contro la Serbia e la rapina di territorio serbo sono state commesse in nome della "pace". L'abominevole infanticidio nel grembo materno viene perpetrato in nome del "diritto della donna all'autodeterminazione".
Per ciò che ci concerne, abbiamo fatto la nostra scelta. Respingiamo questa società basata sulle menzogne, sulla falsificazione sistematica della storia e sulla perversione dei valori. E inutile lagnarsi dell'ingiustizia del sistema vigente perchè i nostri lamenti non spingeranno i detentori del potere a cambiar rotta. Bisogna lavorare per il superamento di un sistema che condanna la cultura europea e i popoli bianchi ad una morte lenta e atroce. Il revisionismo storico è soltanto un aspetto di questa lotta. La lotta sarà lunga e dura, e le vittime nel nostro campo saranno numerose. Come scrisse George Orwell, in un sistema politico in cui la menzogna è norma di vita, dire la verità è un atto rivoluzionario.
Fonte http://juergen-graf.vho.org/articles/democratica.html
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Author(s): | Olodogma |
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Published: | 2015-06-18 |
First posted on CODOH: | Jan. 31, 2019, 5:53 p.m. |
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