L'Olocausto, antica religione, di Gilad Atzmon
Il seguente brano è tratto da "Holocaustica religio, Psicosi ebraica, progetto mondialista", nuova versione, ampliata e reimpostata, di "Holocaustica religio - Fondamenti di un paradigma", del Dottor Gianantonio Valli. Edizioni EFFEPI, http://www.effepiedizioni.com/, © 2010 effepi, via Balbi Piovera, 7 - 16149 Genova, [email protected] , Telefono (0039) 010-6423334 - 338-9195220. La pubblicazione avviene col consenso dell'Autore. Olodogma
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APPENDICI
(Pagg.170→179) Seguono otto brevi saggi che approfondiscono la tematica dell’Olocausto quale religione o meglio, con la più specifica accezione latina, religio, vale a dire
"superstizione a connotazione religiosa o simil-religiosa".
Superstizione, aggiungiamo, prava et immodica. Bieca e sguaiata, cioè, per ogni tempo, ma assolutamente scandalosa se considerata per la nostra epoca demo-illuminata. Se da un lato il problema del destino degli ebrei europei nel secondo conflitto mondiale – che dovrebbe riguardare in primo luogo la ricerca storia – investe invece primamente la psicologia e la sociologia, altrettanto valore per la nascita, la crescita e l'affermazione della nouvelle holovague ha avuto e ha l'approccio concretamente politico e materiale.
Cioè il condizionamento operativo dei cervelli e il quanto più bieco sfruttamento a finalità di rendita pecunaria.
La questione, lo si vede, è quindi ben variegata e multifattoriale. Mentre l’ebreo Gilad Atzmon considera l'oloculto come la più recente espressione di un'atavica, consustanziale componente del plurimillenario psichismo ebraico, il francese Robert Faurisson lo vede sotto l'aspetto, quanto più attuale, della “società dei consumi”. Un riflesso della menzogna sulla psiche degli olodiscendenti ci palesa Maurizio Blondet, mentre Gian Franco Spotti rende in pregnante sintesi il destino dei coraggiosi oloincreduli. A tre dei quali, il tedesco Germar Rudolf, lo svizzero Jürgen Graf e il tedesco Horst Mahler, lasciamo, ammirati, l'ultima parola. ( Gianantonio Valli )
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L'Olocausto, antica religione:
PURIM SPECIAL: FROM ESTER TO AIPAC
di Gilad Atzmon
Gilad Atzmon
«In certi contesti la memoria può essere sovversiva; in altri può difendere lo status quo. Quando la memoria conferisce ai singoli e alle comunità una forma di identità e singolarità, la sofferenza di altri minaccia di spiazzare la centralità della nostra esperienza. Invece che un ponte di solidarietà verso coloro che soffrono nel presente, l'avere sofferto nel passato può divenire un segno d'onore che ci protegge dalle sfide future. Allora la nostra testimonianza, un tempo potente, che investe problematiche su Dio e sul potere, viene a diluirsi, può venire considerata falsa, artificiosa, persino ostinata. Una industria ti cresce intorno, ti onora e al contempo usa la tua testimonianza per altri scopi. Alla fine domina la confusione, all'esterno come all'interno, finché la stessa testimonianza non può più riconoscere la differenza tra il mondo dell'interpretazione che essa ha contribuito a formare e il mondo che ora parla in suo nome. È questo che è accaduto a Wiesel, o anche la più aspra analisi di Finkelstein è esatta?» [Marc Ellis, Marc Ellis su Finkelstein]
L'ebraicità [Jewishness = l'essere ebreo] è un concetto assai vasto. Si riferisce ad una cultura con molte facce, gruppi distinti, diverse credenze, campi politici opposti, etnie differenti. E tuttavia ciò che unisce questa gente così diversa che si identifica come «ebrei» è piuttosto sorprendente. Nel saggio cercherò di indagare a fondo la nozione di ebraicità. Cercherò di identificare il legame collettivo, intellettuale, spirituale e mitico, che conferisce all'ebraicità un'identità così potente. L'ebraicità non è certo una categoria razziale o etnica. Per quanto l'identità ebraica sia orientata in senso sia razziale che etnico, il popolo ebraico non forma un gruppo omogeneo. Non c'è un continuum razziale o etnico. Taluni possono considerare l'ebraicità una continuazione del giudaismo. Io sostengo che non è sempre così. Per quanto l'ebraicità attinga a certi elementi fondamentali del giudaismo, l'ebraicità non è giudaismo ed è persino categoricamente diverso da esso. Inoltre, lo sappiamo, molti di quelli che si autodefiniscono orgogliosamente ebrei conoscono poco del giudaismo. Molti sono atei, non religiosi e anche oppositori del giudaismo e di ogni altra religione. Molti di quegli ebrei che si oppongono al giudaismo vogliono mantenere la loro identità ebraica e ne sono davvero orgogliosi. [www.counterpunch.org/] Questa opposizione al giudaismo comprende ovviamente l'opposizione al sionismo (almeno nella primitiva versione), ma forma anche la base di molto anti-sionismo ebraico di stampo socialista.
Sebbene l'ebraicità sia cosa diversa dal giudaismo, ci si può tuttavia chiedere cosa costituisca l'ebraicità: se sia una nuova forma di religione, un'ideologia o giusto uno "stato mentale". Se l'ebraicità è una religione, la domanda successiva è "che tipo di religione è? cosa comporta? in cosa credono i suoi seguaci?" Se è una religione, uno può chiedersi se è possibile abbandonarla, così come è possibile abbandonare il giudaismo, il cristianesimo o l'islam. Se l'ebraicità è un'ideologia, la corretta domanda è "cosa rappresenta questa ideologia? è una forma di discorso? è un discorso monolitico? promuove un nuovo ordine mondiale? i suoi fini sono la pace o la violenza? porta un messaggio universale all'umanità o è giusto un'altra manifestazione di un qualche precetto tribale?" Se l'ebraicità è uno stato mentale, bisogna chiedersi se è razionale o irrazionale. E se è nell'ordine delle cose esprimibili o inesprimibili. Io suggerisco di considerare la possibilità che l'ebraicità sia uno strano ibrido, misto di religione, ideologia e stato mentale.
La Religione Olocaustica
«Yeshayahu Leibowitz, il filosofo che era anche un ebreo osservante, mi disse una volta: "La religione ebraica morì duecento anni fa. Oggi non c'è nulla che unisca gli ebrei al mondo se non l'Olocausto"» [Uri Avnery, esponente della sinistra israeliana, pacifista e filopalestinese, www.ramallahonline.com]
Il filosofo Yeshayahu Leibowitz, nato in Germania e docente all'Università Ebraica, è stato forse il primo a suggerire che l'Olocausto era divenuto la nuova religione ebraica. "L'Olocausto" è ben più che una narrazione storica, contiene molti degli elementi essenziali di una religione: ha i suoi sacerdoti (Simon Wiesenthal, Elie Wiesel, Deborah Lipstadt, etc.) e profeti (Shimon Peres, Benjamin Netanyahu e coloro che profetizzano l'imminente ebreicidio da parte dell'Iran). I suoi comandamenti e dogmi ("mai più", "sei milioni", etc.). I suoi rituali (Giorni della Memoria, Pellegrinaggi ad Auschwitz, etc.). Stabilisce un ordine simbolico esoterico (kapo, camere a gas, camini, polveri, "musulmani" [nel gergo dei «campi»: gli internati scheletriti], etc.). Ha i suoi santuari e templi (Yad Vashem, il Museo dell'Olocausto a Washington e oggi l'ONU). Non bastasse, la Religione Olocaustica è mantenuta in vita da una massiccia rete economica e da infrastrutture finanziarie globali (l'Industria dell'Olocausto alla Norman Finkelstein). Ancora più significativamente, la Religione Olocaustica è coerente al punto da marchiare i nuovi "anticristi" (i negazionisti) ed è abbastanza potente da perseguirli (leggi contro la negazione dell'Olocausto).
Gli studiosi che contestano la nozione di "Religione Olocaustica" obiettano che sebbene la nuova religione possegga molte caratteristiche di una religione organizzata, non ha fissato una figura divina da adorare o da amare. Mi permetto di obiettare: l'Olocausto è precisamente la religione che incorpora l'essenza della visione del mondo liberale democratico. È in tale contesto che ci si offre una nuova forma di adorazione. Essa ha trasformato l'amore di sé in una convinzione dogmatica in cui il fedele adora se stesso. Nella nuova religione è "l'ebreo" che adora gli ebrei. Tutto ruota intorno a "me", il soggetto di un'infinita sofferenza che avanza verso l'autoredenzione. In ogni caso, pochi studiosi ebrei in Israele e nel mondo accettano le osservazioni di Leibowitz. Tra costoro è Marc Ellis, l'illustre teologo ebreo che ha gettato uno sguardo rivelatore sulla dialettica della nuova religione. "La teologia dell'Olocausto", dice Ellis, "comporta tre temi che sussistono in tensione dialettica: sofferenza e liberazione, innocenza e riscatto [redemption], unicità e normalizzazione. [Marc H. Ellis, Beyond Innocence & Redemption - Confronting The Holocaust And Israeli Power, Creating a Moral Future for the Jewish People, San Francisco: Harper & Row, 1990]
Sebbene la Religione Olocaustica non abbia sostituito il giudaismo, essa ha conferito all'ebraicità un nuovo significato. Ha costruito una moderna narrazione ebraica inserendo il soggetto ebraico in un progetto ebraico. Ha conferito all'ebreo un ruolo centrale in un universo autocentrato. Il "sofferente" e l'"innocente" sono in marcia verso il "riscatto" e il "potere". Ovviamente Dio è fuori causa, è licenziato, ha fallito nella sua missione storica, non c'era a salvare gli ebrei. Nella nuova religione l'ebreo diviene "il nuovo Dio degli ebrei", tutto è centrato sull'ebreo che riscatta se stesso. Il seguace ebreo della Religione Olocaustica idealizza le condizioni della propria esistenza. Egli struttura le condizioni per una lotta futura verso il riconoscimento.
Per il seguace sionista della nuova religione, le implicazioni sembrano relativamente durature. Egli "trascina" a Sion l'interezza dell'ebraismo mondiale a spese del popolo autoctono palestinese.
Per l'ebreo socialista, il progetto è un po' più complesso. Per lui il riscatto significa costruire un nuovo ordine mondiale, ossia un paradiso socialista. Un mondo dominato dai politici dogmatici della classe operaia nel quale gli ebrei non saranno più che una minoranza tra le tante.
Per il fedele umanitario, la Religione Olocaustica significa che gli ebrei devono considerarsi l'avanguardia della lotta contro il razzismo, l'oppressione e il male in generale. Per quanto ciò sembri promettente, il tutto è problematico per ovvie ragioni. Nel mondo attuale Israele e l'America sono schierati tra i peggiori mali e le peggiori oppressioni. Attendersi che gli ebrei si schierino all'avanguardia della lotta umanitaria schiera gli ebrei in una lotta contro i loro fratelli e la superpotenza che li sostiene.
In ogni caso, è piuttosto chiaro che tutte e tre le Chiese olocaustiche assegnano agli ebrei un ruolo centrale nel progetto con talune implicazioni globali.
Nello stesso tempo, l'Olocausto funziona come interfaccia ideologica. Fornisce al seguace un logos, un discorso. A livello cosciente fornisce certo una visione del passato e del presente che sembra storica e fattuale, ma non si ferma qui: definisce anche la lotta futura. Prevede il futuro ebraico. Contemporaneamente, nell'inconscio, riempie il soggetto ebraico dell'angoscia più definitiva: la paura della distruzione dell'"io". Va da sé che una fede che stimola la coscienza (ideologia) e guida l'inconscio (spirito) è una ricetta molto buona per una religione vincente. Questo legame strutturale tra ideologia e spirito è fondamentale per la tradizione giudaica. Il legame tra la chiarezza legale della halachah (ideologia) e il mistero di Jahweh o anche della Qabbalah (spirito) fa del giudaismo una totalità, un universo conchiuso. Il bolscevismo, inteso come movimento di massa piuttosto che teoria politica, è strutturato allo stesso modo, la lucidità del materialismo pseudoscientifico si coniuga con la paura dell'avidità capitalistica. La politica neoconservatrice della paura chiude anch'essa il soggetto nel baratro tra la presunta lucidità giuridica della WMDs [?] e l'indicibile paura del "terrore a venire".
Il vero legame tra coscienza e inconscio ci porta alla nozione lacaniana di "Reale". Il "Reale" è ciò che non può venire simbolizzato, cioè espresso, in parole. Il Reale è l'"inesprimibile", l'inaccessibile. Nelle parole di Zizek [lo sloveno Slavoj Zizek, filosofo, sociologo e studioso di psicoanalisi, docente all'università di Lubiana], "il Reale è l'impossibile", "il Reale è il trauma". Cionondimeno, questo trauma definisce l'ordine simbolico. È il trauma che forma la nostra realtà. La Religione Olocaustica si conforma a puntino al modello lacaniano. Il suo nucleo spirituale è radicato nel dominio dell'inesprimibile. La sua predica ci insegna a vedere una minaccia in ogni cosa. È la suprema congiunzione tra l'ideologia e lo spirito, materializzata in puro pragmatismo.
Fatto alquanto interessante, la Religione Olocaustica va molto aldilà della comunità ebraica. Invero, la nuova religione è missionaria. Innalza santuari in terre lontane. Anzi, vediamo che questa religione emergente sta già diventando il Nuovo Ordine Mondiale. E l'Olocausto oggi viene usato come alibi per incenerire l'Iran con bombe atomiche [peacepalestine.blogspot. com/]. Chiaramente, la Religione Olocaustica serve al discorso politico israeliano sia di destra che di sinistra, ma fa appello anche ai goyim, specie a quelli impegnati a massacrare spietatamente gli altri "in nome della libertà" [www.amin.org/]. In un certo senso siamo tutti soggetti a questa religione, taluni sono veri e propri adoratori, altri semplicemente soggetti al suo potere. Aspetto sempre interessante, anche chi nega l'Olocausto è soggetto alla persecuzione da parte dei Gran Sacerdoti di questa religione. La Religione Olocaustica costituisce il "Reale" per l'Occidente. Non siamo autorizzati a toccarlo o a guardarci dentro. Proprio come gli israeliti, che erano tenuti ad adorare il loro Dio, ma non autorizzati a porgli domande.
Gli studiosi della Religione Olocaustica (teologia, ideologia e storicità) sono impegnati soprattutto con formulazioni strutturali, il suo significato, la sua retorica, la sua interpretazione storica. Taluni indagano la dialettica teologica (Marc Ellis), altri formulano i comandamenti (Adi Ofir), qualcuno ne studia l'evoluzione storica (Lenni Brener), altri ne mettono a nudo l'infrastruttura finanziaria (Finkelstein). La maggior parte degli studiosi della Religione Olocaustica sono impegnati a indagare una lista di eventi accaduti tra il 1933 e il 1945. La maggior parte degli studiosi sono essi stessi osservanti ortodossi. Per quanto possano essere critici sui diversi aspetti dello sfruttamento dell'Olocausto, tutti accettano la realtà dell'ebreicidio nazista e le sue interpretazioni e implicazioni maggioritarie. La massima parte degli studiosi, quand'anche non tutti, non contestano la narrazione sionista, cioè l'ebreicidio nazista, anche se qualcuno critica il modo col quale le istituzioni ebraiche e sioniste usano l'Olocausto. Malgrado alcuni contestino i numeri (Shraga Elam) e altri la validità della memoria (Ellis, Finkelstein), nessuno si spinge lontano come il revisionismo, nessuno studioso della Religione Olocaustica osa intraprendere un dibattito coi cosiddetti "negazionisti" per discutere la loro visione degli eventi o un qualsiasi altro aspetto delle loro tesi.
Molto più interessante è il fatto che nessuno degli studiosi della Religione Olocaustica ha speso una qualche energia per studiare il ruolo dell'Olocausto nella lunga storia dell'ebraismo. Da questo punto di vista, io sostengo che la Religione dell'Olocausto esisteva già ben prima della Soluzione Finale (1942), ben prima della Notte dei Cristalli (1938), ben prima delle Leggi di Norimberga (1935 [Atzmon scrive erroneamente: 1936]), ben prima che la prima legge anti-ebraica fosse annunciata dalla Germania nazista, ben prima che l'American Jewish Congress [da non confondere con l'AJC American Jewish Committee] dichiarasse una guerra finanziaria contro la Germania nazista (1933) e persino ben prima che Hitler nascesse (1889).
La Religione Olocaustica è antica quanto gli ebrei.
Archetipi ebraici
In un precedente articolo ho definito la nozione di PreTraumatic Stress Disorder (Pre-TSD) [www.imemc.org/article/21744]. Nella condizione di Disordine da Stress Pretraumatico, lo stress è il risultato di un episodio immaginario fantasmatico posizionato nel futuro, un evento che non si è mai verificato. A differenza del Disordine da Stress Posttraumatico, nel quale lo stress si verifica come diretta reazione ad un evento che (può) essersi verificato nel passato, nella condizione di Disordine da Stress Pretraumatico lo stress si forma come risultato di un evento immaginario, potenziale. Nella condizione di Disordine da Stress Pretraumatico un'illusione prende il posto delle condizioni nelle quali la fantasia del futuro terrore forma la realtà presente. La dialettica della paura domina l'esistenza e la mente ebraica ben più di quanto siamo disposti ad ammettere. Sebbene la paura sia stata sfruttata politicamente dai capi dell'ebraismo fin dai giorni dell'emancipazione, la dialettica della paura è molto più antica della moderna storia ebraica. Invero, è il retaggio del Tanakh (la Bibbia ebraica) a porre gli ebrei in uno stato pretraumatico. È la Bibbia ebraica a porre la vita ebraica sul binario dell'Innocenza/Sofferenza e della Persecuzione/Riscatto. Più specificamente, la paura dell'ebreicidio è consustanziale allo spirito, alla cultura, alla letteratura ebraica. In questo senso, affermo che la Religione dell'Olocausto ha trasformato gli antichi israeliti in ebrei.
L'antropologo americano Glenn Bowman, specialista nello studio delle identità esiliche, dà un contributo decisivo quanto ai soggetti della paura e della politica dell'Identità. "L'ostilità", dice Bowman, "è fondamentale al processo di feticizzazione che soggiace all'identità, perché si tende precisamente a parlare di ciò che uno è o di ciò che uno è al momento in cui sembra essere minacciato. Io inizio a considerarmi questa o quella persona, questo o quell'esponente di una immaginaria comunità, nel momento in cui qualcosa sembra minacciare di non riconoscere ciò che mi figuro essere. Il termine identità entra in gioco nel preciso momento in cui per una qualche ragione si viene ad avvertire il significato di un'entità, per la cui difesa bisogna combattere" [Glenn Bowman-Migrant Labour: Constructing Homeland in the Exilic Imagination, Anthropological Theory II:4. December 2002, pp.447-468]. In breve, Bowman afferma che è la paura a cristallizzare il concetto di identità. In ogni caso, dal momento in cui la paura è cresciuta in una condizione di Disordine da Stress Pretraumatico, l'identità si autoridefinisce. Venendo al popolo ebraico, vediamo che è la Bibbia ad aver posto gli ebrei in una condizione di Disordine da Stress Pretraumatico. È la Bibbia che ha avviato la paura dell'ebreicidio. Sempre più numerosi studiosi oggi contestano la storicità della Bibbia. Niels Lechme sostiene in The Canaanites and their Land [I cananei e il loro paese] che essa è stata in massima parte "scritta dopo l'esilio babilonese e che questi testi riscrivono (e in larga parte inventano) la precedente storia israelita al punto di riflettere e ripetere le esperienze di coloro che tornarono dall'esilio babilonese". [ibidem]
In altre parole, essendo scritta da coloro che tornarono, la Bibbia incorpora in una narrazione storica taluni aspetti duri dell'ideologia esilica. Così è per il caso dei primi ideologi sionisti, che consideravano l'assimilazione una minaccia mortale. "Le comunità aggregate sotto la guida dei sacerdoti jahwisti (al tempo dell'esilio babilonese) consideravano l'assimilazione e l'apostasia non solo come la morte sociale in quanto ebrei, ma anche come tentato deicidio. Essi decisero di mantenere una assoluta ed esclusiva fedeltà a Jahweh, perché erano certi che li avrebbe riportati nella terra da cui erano stati esiliati.
La prescrizione della purezza del sangue come modalità per conservare i confini della comunità nazionale proscrisse allora i matrimoni misti coi popoli che li circondavano.
I ritornati stabilirono dunque una serie di rituali esclusivisti che li isolarono dai loro vicini, e i rituali non includevano solo una forma surrogata di adorazione nel Tempio, ma anche un calendario distinto, che permetteva loro di vivere ritualmente in un tempo differente da quello delle comunità con le quali condividevano lo spazio. Tutti questi strumenti di separazione servirono a marcare e mantenere la diversità, ma non impedirono loro il commercio e la sopravvivenza tra i babilonesi".
Il considerare le spettacolari tesi bibliche di Bowman e di Lechme nonché la narrativa giudaica come manifestazione di identità esilica e marginale può spiegare il fatto che l'ebraicità fiorisce nell'esilio ma perde la propria carica allorché diviene un'avventura nazionale [domestic]. Ma se l'ebraicità s'incentra su un'ideologia di sopravvivenza collettiva nell'emigrazione, i suoi cultori prospereranno nell'Esilio. In ogni caso, ciò che mantiene l'identità collettiva degli ebrei è la paura. Come nella Religione Olocaustica, l'ebraicità pone la paura dell'ebreicidio nel cuore della psiche ebraica, ma offre anche le misure spirituali, ideologiche ed operative per combattere questa paura.
Il libro di Ester
Il Libro di Ester è una storia biblica che fonda la festa di Purim, probabilmente la ricorrenza ebraica più gioiosa. Il libro racconta la storia di un tentato ebreicidio, ma anche una storia nella quale gli ebrei operano per cambiare il proprio destino. Nel libro gli ebrei agiscono per salvare se stessi e anche vendicarsi dei loro nemici. La storia ha luogo nel terzo anno del regno di Assuero, che si è soliti identificare con il re persiano Serse I. È una storia di palazzo, di complotti, di un tentato ebreicidio e di una valorosa e bella regina ebrea, Ester, che salva il popolo ebraico all'ultimo minuto.
Nel racconto, il re Assuero è sposo a Vashti, che ripudia dopo che ella ha rifiutato di "visitarlo" durante una festa. Ester viene scelta tra le candidate per essere la nuova moglie di Assuero. Col tempo, Haman, primo ministro di Assuero, complotta affinché il re uccida tutti gli ebrei, peraltro senza sapere che Ester è ebrea. Nel racconto Ester e suo cugino Mordechai salvano il loro popolo. A rischio della vita, Ester avverte Assuero del criminale complotto anti-ebraico di Haman. Haman e i figli vengono impiccati a una forca di cinquanta cubiti che Haman aveva preparato per Mordechai. Mordechai diviene primo ministro al posto di Haman. Poiché Assuero non può annullare il proprio decreto che sanziona lo sterminio degli ebrei, egli emana un altro editto che consente agli ebrei di prendere le armi per uccidere i loro nemici, ciò che essi fanno. La morale della storia è piuttostro chiara. Se gli ebrei vorranno sopravvivere, dovranno infiltrarsi nei corridoi del potere. Quando si hanno nella testa Ester, Mordechai e Purim, l'AIPAC [l'American-Israel Public Affairs Committee che, guidando una ottantina di Political Action Committees pro-Israele è il più potente dei trentotto maggiori gruppi di pressione ebraici statunitensi] e il concetto di "potere ebraico" appaiono radicati in una profonda ideologia biblica e culturale.
Ma qui c'è un profondo travisamento. Per quanto la narrazione sia presentata come un racconto storico, la fedeltà storica del Libro di Ester è contestata dalla maggior parte dei moderni studiosi biblici. La mancanza di riscontri nella storia persiana, quale è nota alle fonti classiche, ha indotto gli studiosi a concludere che essa è per lo più o totalmente inventata. In altre parole, per quanto la morale sia chiara, il tentato genocidio è finto.
Il Libro di Ester mette i suoi seguaci in una condizione di Disordine da Stress Pretraumatico. Trasforma una fantasmatica di distruzione in un'ideologia di sopravvivenza. È l'allegoria degli ebrei perfettamente "assimilati" che scoprono di essere vittime dell'"antisemitismo", ma sono in una posizione per salvare se stessi e i loro connazionali ebrei. Tenendo presente Bowman, possiamo capire di più. Il Libro di Ester è la base che forma l'identità esilica, genera lo stress esistenziale, annuncia la Religione Olocaustica, pone le premesse per inserire l'Olocausto nella realtà. Il Libro di Ester (nella versione ebraica) è uno dei soli due libri biblici che non fanno menzione diretta di Dio (l'altro è il Cantico dei Cantici). Nel Libro di Ester agiscono gli ebrei che credono in se stessi, nel proprio potere, nella propria unicità, nella propria astuzia, nella propria capacità complottistica, nella propria capacità di soverchiare i regni, nella propria capacità di salvarsi. Il Libro di Ester tratta della presa del potere e degli ebrei che credono nei propri poteri.
Da Purim a Birkenau
In un articolo intitolato A Purim Lesson: Lobbying Against Genocide, Then and Now [La lezione di Purim: fare lobby contro il genocidio, allora e oggi], [www.wymaninstitute.org/articles/2004-03-purim.php] il dottor Rafael Medoff partecipa ai lettori l'insegnamento che concerne gli ebrei nel Libro di Ester. Per essere più precisi, Ester e Mordechai ci insegnano come fare lobby. "La festa di Purim", dice Medoff, "celebra gli sforzi, coronati da successo, di ebrei influenti nel Campidoglio dell'antica Persia per prevenire il genocidio del popolo ebraico". Ma Medoff non si ferma qui. Questo specifico esercizio di quello che taluno chiama "potere ebraico" è stato portato avanti e perfezionato dagli ebrei di oggi: "Ciò che non a tutti è noto è che un eguale lavoro di lobby ebbe luogo nei tempi moderni, a Washington, al culmine dell'Olocausto".
Nell'articolo, Medoff lumeggia le analogie tra l'azione di lobby di Ester in Persia e quella dei suoi moderni confratelli durante l'amministrazione di Franklin Delano Roosevelt al culmine della Seconda Guerra Mondiale. "La Ester degli anni Quaranta a Washington fu Henry Morgenthau jr., un ricco ebreo assimilato di ascendenze tedesche, ansioso (come avrebbe rivelato il figlio) di essere considerato 'americano al cento per cento'. Grazie al fatto di non mettere in rilievo la propria ebraicità, Morgenthau salì gradatamente fino a divenire amico, consigliere e Ministro del Tesoro di FDR". E Medoff ci segnala anche un Mordechai moderno, "un giovane emissario sionista giunto da Gerusalemme, Peter Bergson (vero nome: Hillel Kook), che capeggiò una serie di manifestazioni di protesta al fine di trascinare gli Stati Uniti a salvare gli ebrei sotto Hitler. Le inserzioni sui giornali e le manifestazioni dei gruppi di Bergson resero l'opinione pubblica consapevole dell'Olocausto, specie quando riuscirono ad organizzare la marcia di quattrocento rabbini davanti alla Casa Bianca, la vigilia di Yom Kippur del 1943".
La lettura che fa Medoff del Libro di Ester ci fornisce una chiara visione del codice interno delle dinamiche di sopravvivenza collettiva nelle quali l'ebreo assimilato (Ester) e l'ebreo osservante (Mordechai) uniscono le forze col chiaro obiettivo di salvaguardare gli interessi ebraici. Seguendo Medoff, le analogie sono scioccanti. "Alla fine, le pressioni di Mordechai convinsero Ester a recarsi dal re; le pressioni di Bergson convinsero Morgenthau ad andare dal presidente, armato di un rovente rapporto di diciotto pagine intitolato Report to the Secretary on the Acquiescence of This Government in the Murder of the Jews [Rapporto al Ministro sull'inazione di questo governo riguardo allo sterminio degli ebrei]". Il dottor Medoff è pronto a trarre le conclusioni storiche. "Il lobbysmo di Ester ebbe successo. Assuero cancellò il decreto del genocidio e giustiziò Haman e i suoi boia. Anche il lobbysmo di Morgenthau ebbe successo. Una risoluzione congressuale scritta da Bergson, che chiedeva un'azione di soccorso da parte degli USA, fu approvata dalla Commissione Esteri del Senato. Il che rese possibile a Morgenthau di dire a Roosevelt: 'Deve attivarsi molto rapidamente, altrimenti lo farà per Lei il Congresso degli Stati Uniti'. Dieci mesi prima delle elezioni, l'ultima cosa che avrebbe voluto FDR era un pubblico scandalo sulla questione dei rifugiati. In pochi giorni Roosevelt fece quanto voleva la risoluzione del Congresso, firmò un ordine esecutivo che creava il War Refugee Board, un'agenzia governativa americana per salvare gli ebrei da Hitler".
È chiaro che Medoff considera il Libro di Ester come un manuale generale per un felice futuro ebraico. Medoff termina l'articolo dicendo: "La protesta che niente fu fatto per salvare gli ebrei d'Europa è stata demolita dagli ebrei che vinsero le loro paure e parlarono per il loro popolo, nell'antica Persia come nella moderna Washington". In altri termini, gli ebrei operano e opereranno per se stessi. Questa è la morale del Libro di Ester, e questa è la morale della Religione Olocaustica. Ciò che gli ebrei faranno per se stessi è una questione ancora aperta. Gli ebrei hanno opinioni diverse. I neocon credono sia bene trascinare l'America e l'Occidente in una guerra infinita contro l'Islam. [Il filosofo] Emmanuel Levinas crede invece che gli ebrei debbano porsi all'avanguardia della lotta contro l'oppressione e l'ingiustizia. Invero, il potere ebraico è solo una risposta tra le tante. Certo, tale potere è davvero potente, per non dire che è pericoloso. È pericoloso soprattutto quando l'American Jewish Committee agisce come un moderno Mordechai e pubblicamente si adopera in una vasta azione di lobbysmo per scatenare una guerra contro l'Iran.
Quando si analizza l'opera e l'influenza dell'AIPAC nella vita politica americana, è il Libro di Ester che si dovrebbe aver presente. L'AIPAC è più di una mera lobby politica. L'AIPAC è un moderno Mordechai, l'AJC è un moderno Mordechai. Sia l'AIPAC che l'AJC sono in linea con la scuola biblica di pensiero. In ogni caso, mentre i Mordechai sono relativamente facili da identificare, le Ester, che agiscono per Israele dietro le quinte, sono più difficili da rintracciare.
Io credo che da quando possiamo guardare il lobbysmo di Israele nei termini tracciati dal Libro di Ester, cioè della Religione Olocaustica, siamo autorizzati a considerare Ahmadinejad come l'attuale figura di Haman/Hitler. L'AJC è Mordechai, Bush è ovviamente Assuero, ma Ester può essere pressoché chiunque, dall'ultimo neocon a Cheney e oltre.
Brenner e Prinz
Nel primo paragrafo mi sono chiesto cosa fosse l'ebraicità. Per quanto io accetti che il concetto di ebraicità è complesso, tendo a concordare con Leibowitz:
l'Olocausto è la nuova religione ebraica.
Piuttosto che riferirmi solo alla Shoah, cioè all'ebreicidio nazista, sostengo che l'Olocausto oggi permea il dibattito e lo spirito ebraici. L'Olocausto è l'essenza del Disordine da Stress Pretraumatico ebraico collettivo, e precede la Shoah. Essere ebreo significa guardare l'"altro" come un nemico, non come un fratello. Essere ebreo vuol dire essere sempre in allerta. Essere ebreo è introiettare il messaggio del Libro di Ester. È puntare agli snodi decisivi del potere. Essere ebreo è collaborare col potere.
Lo storico marxista americano Lenni Brenner ha fatto luce sulla collaborazione tra i sionisti e il nazismo. Nel libro Zionism In The Age of Dictators [Il sionismo nell'epoca dei dittatori], fornisce un sunto del libro del rabbino Joachim Prinz, edito nel 1937, dopo che Prinz lasciò la Germania per l'America.
"Ognuno in Germania sa che solo i sionisti possono rappresentare responsabilmente gli ebrei nelle trattative col governo nazista. Noi tutti sappiamo che un giorno il governo aprirà un tavolo di discussione con gli ebrei, ove dopo i disordini e le atrocità del periodo rivoluzionario verrà considerato il nuovo status degli ebrei tedeschi. Il governo [tedesco] dichiara solennemente che non c'è stato al mondo un paese che ha cercato di risolvere la questione ebraica in modo più serio che la Germania. Soluzione della questione ebraica? Era il sogno di noi sionisti! Noi non abbiamo mai negato l'esistenza di una questione ebraica! Dissimulazione? Era il nostro appello! [...] In una dichiarazione notevole per orgoglio e dignità, abbiamo chiesto di indire una conferenza" [www.marxists.de/middleast/brenner/ ch05.htm].
Brenner riporta poi brani da un memorandum inviato al partito nazista dalla ZVfD Zionistische Vereinigung für Deutschland [Unione Sionista per la Germania] il 21 giugno 1933:
"Noi sionisti non ci facciamo illusioni sulla difficoltà della condizione ebraica, che consiste essenzialmente in attività lavorative anormali e nella mancanza di radici nella propria tradizione [...] Con la fondazione del nuovo Stato, basato sul principio di razza, noi vogliamo inserire la nostra comunità nella struttura totalitaria, cosicché anche per noi, nell'ambito assegnatoci, sia possibile lavorare a profitto della Patria [...] Il nostro riconoscimento della nazionalità ebraica richiede una relazione chiara e sincera col popolo tedesco e le sue realtà nazionali e razziali. Proprio perché non vogliamo falsare questi principi, proprio perché anche noi siamo contro i matrimoni misti e vogliamo mantenere la purezza del gruppo ebraico [...] crediamo nella possibilità di una onesta relazione di lealtà tra un ebraismo cosciente della propria specificità e lo Stato tedesco" [ibidem].
Brenner non approva né l'atteggiamento di Prinz né l'iniziativa dei sionisti. Indignato, egli dice: "Questo documento, un tradimento degli ebrei in Germania, fu stilato usando i classici stereotipi sionisti: 'attività occupazionali anormali', 'intellettuali sradicati bisognosi di rigenerazione', e così via. Con esso i sionisti tedeschi offrivano una calcolata collaborazione tra sionismo e nazismo, giustificata dal fine di uno Stato ebraico: non daremo battaglia a te ma a quelli che ti resistono". Brenner non riesce a vedere quanto ciò sia ovvio. Rabbi Prinz e la ZVfD non erano traditori, erano veri ebrei. Seguivano un codice genuinamente ebraico. Seguivano il Libro di Ester, avevano il ruolo di Mordechai. Cercavano di trovare una forma di collaborazione con quello che correttamente avevano identificato come un grande potere emergente. Nel 1969 Prinz confessò che "dall'assassinio di Walter Rathenau nel 1922, mai avevamo avuto dubbi che l'evoluzione della Germania portasse a un regime antisemita totalitario. Quando Hitler cominciò a crescere e 'svegliò' la nazione tedesca alla consapevolezza razziale e alla superiorità razziale, non avemmo dubbi che quell'uomo, prima o poi, sarebbe diventato il capo della nazione tedesca". [www.marxists. de/middleast/brenner/ch03.htm]
Piaccia o non piaccia a Brenner o a chiunque altro, Rabbi Prinz dimostra di essere un vero leader ebreo. Dimostra di possedere un meccanismo radar di sopravvivenza altamente sviluppato, che si adatta alla perfezione all'ideologia esilica. Nel 1981 Brenner intervistò Prinz. Riportiamo quanto disse sul rabbino collaborazionista: "[Prinz] maturò drammaticamente nei 44 anni da quando fu espulso dalla Germania. Egli mi disse, a registratore spento, di avere improvvisamente realizzato che nulla di quanto aveva detto poteva essere capito in America. Divenne un liberal americano. Alla fine, come capo dell'American Jewish Congress, gli fu chiesto di marciare con Martin Luther King, ed egli lo fece".
Ancora una volta, Brenner non riesce a vedere ciò che è ovvio. Prinz non cambiò affatto. Prinz non maturò in quei 44 anni. Era e restò un autentico ebreo, e un ebreo estremamente intelligente. Un uomo che aveva interiorizzato l'essenza della filosofia ebraica dell'emigrazione: essere tedesco in Germania, americano in America. Essere duttile, adeguarsi e adottare un pensiero etico relativista. Prinz, devoto seguace di Mordechai, realizzò che qualunque cosa è buona per gli ebrei, è, semplicemente, buona in assoluto. Sono tornato ad ascoltare le impagabili interviste di Brenner a Rabbi Prinz, ora disponibili su internet. [cosmos.ucc.ie/cs 1064/jabowen/IPSC7php/ clip.php? cid=512] Ero piuttosto scioccato nello scoprire che alla fine Prinz aveva illustrato apertamente la propria posizione. È Prinz, piuttosto che Brenner, che ci permette uno sguardo sull'ideologia ebraica e sulla sua interazione con la realtà circostante. È Prinz, più che Brenner, che capisce il Volk tedesco e le sue aspirazioni. Prinz illustra da ebreo orgoglioso le proprie azioni. Da questo punto di vista, collaborare con Hitler era la cosa giusta. Egli seguiva Mordechai, probabilmente era in cerca di una Ester. Allora, è soltanto naturale che Rabbi Prinz sia divenuto presidente dell'American Jewish Congress. Egli divenne un grande leader americano malgrado la sua "collaborazione con Hitler". Semplicemente, per un'ovvia ragione: dal punto di vista ideologico ebraico, aveva fatto la cosa giusta.
Conclusioni sul sionismo
Quando impariamo a guardare all'ebraicità come ad una cultura da esiliati, possiamo comprenderla come un continuum collettivo basato su una fantasmatica di orrore. L'ebraicità è la materializzazione di una politica di paura inserita in un'agenda operativa. Questo e solo questo è la Religione Olocaustica, antica quanto gli ebrei. Rabbi Prinz prevedeva l'Olocausto. Sia Prinz che la ZVfD si aspettavano un ebreicidio. Allora, dal punto di vista ideologico ebraico, essi agirono appropriatamente. Erano guidati dalla loro etica esoterica, presente all'interno di un discorso culturale esoterico.
Il sionismo è stato una grande promessa, quella di trasformare gli ebrei in israeliti, fare cioè dei giudei un popolo come gli altri. Per questo il sionismo denunciava e combatteva il galut (diaspora), la caratteristica esilica del popolo ebraico e della sua cultura. Ma il sionismo ha fallito, com'era prevedibile.
La ragione è ovvia: in una cultura metafisicamente fondata sull'ideologia esilica, un sereno ritorno a casa è l'ultima cosa che ci si può aspettare. Al fine di vivere per la sua promessa, il sionismo avrebbe dovuto liberarsi dall'ideologia esilica ebraica, avrebbe dovuto liberarsi della Religione Olocaustica. Ma proprio in questo ha fallito.
Essendo esilico fino al midollo, per mantenere il feticcio dell'identità ebraica il sionismo ha dovuto farsi nemico dei palestinesi autoctoni.
Poiché il sionismo ha fallito nello scindersi dall'ideologia ebraica dell'emigrazione, ha perso l'opportunità di evolversi in una qualunque forma di cultura interna/nazionale [domestic]. Conseguentemente, la cultura e la politica di Israele sono uno strano amalgama di irrisolutezza; un misto di potere coloniale e di mentalità vittimistica da galut. Il sionismo è un prodotto secolare della cultura esilica che non è in grado di evolvere in un'autentica percezione interna/nazionale [homegrown].
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Author(s): | Olodogma |
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Published: | 2013-04-13 |
First posted on CODOH: | June 14, 2017, 4:33 p.m. |
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