Robert Faurisson: il diario di Anna Frank è autentico? (testo)
Al link la recensione, di Mario Consoli, del libro di Robert Faurisson E’ autentico il Diario di Anna Frank?, edito da Graphos (ottobre 2000), presentato e tradotto in italiano da Cesare Saletta, http://olodogma.com/wordpress/2012/10/21/0028-recensione-del-libro-del-prof-robert-faurisson-e-autentico-il-diario-di-anna-frank/ .
Al link http://olodogma.com/wordpress/2013/03/18/0162-il-dr-valli-su-frank-otto-il-diario-di-frank-anna-olocausto-binjamin-wilkomirski-defonseca-rosenblat-enric-marcodonald-watt-l-industria-editoriale-dellolocausto/ il Dr. Valli su frank otto, il diario “di” frank anna, olocau$to, Binjamin Wilkomirski, defonseca misha, rosenblat herman, Enric Marco, Donald Watt… l’ industria editoriale dell’olocau$to. Il Dr. Valli ci delizia di una raccolta di falsi storici, manipolazioni singole, plurime manipolazioni, nella memorialistica dell’immaginato olocau$to ebraico, messi nero su bianco dall’Industria dell’olocau$to, sezione carta stampata!
_____________Testo del Prof Robert Faurisson_____________
Il diario di Anna Frank è autentico?
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Capitolo I 4. Una critica interna del manoscritto: il testo stesso de Il diario di Anna Frank riporta una quantità inspiegabile di fatti inverosimili o inconcepibili.
2°, Per quanto riguarda i tedeschi, non avevano mai pensato all’esistenza di un annesso, “visto che questo tipo di edificio era a loro sconosciuto”; 3°, Il fumo della stufa “non attirò l’attenzione, perché in quel momento la parte (dove erano situati) serviva da laboratorio per la piccola fabbrica, dove una stufa sarebbe stata parimente in funzione tutti i giorni.” Le prime due di queste tre spiegazioni provengono da un libretto di trentasei pagine, senza titolo e senza data, stampato da Koersen ad Amsterdam; l’ultima spiegazione è presente nel prospetto di quattro pagine disponibile presso l’ingresso al museo. Il contenuto di queste due pubblicazioni ha ricevuto l’approvazione del signor Otto Frank; in tutti e tre i casi però queste spiegazioni non hanno il benché minimo valore. L’annesso è visibile ed evidente da un centinaio di posizioni dal pianterreno (il cui accesso è vietato ai visitatori), dal giardino, dai corridoi di comunicazione su quattro livelli, dalle due finestre dell’ufficio che guardano sulla corte e dalle case vicine. Alcuni “nemici” erano perfino costretti ad andare lì per espletare i loro bisogni naturali perché non c’erano alternative nella parte frontale della casa. Al piano terra del retrocasa accedevano perfino alcuni clienti della ditta. La “piccola fabbrica” che si suppone essere esistita “in quel periodo,” nel pieno centro di quel quartiere residenziale e commerciale, si presume sarebbe rimasta per almeno due anni senza emettere fumo per poi, improvvisamente, iniziare di nuovo a emetterlo il 30 ottobre 1942. E che fumo! Giorno e notte! D’inverno come d’estate, in presenza e in assenza del caldo soffocante. A parere di tutti (e, in particolare, dei “nemici,” come Lewin che in precedenza aveva situato lì il suo laboratorio chimico), la “piccola fabbrica” avrebbe ripreso di nuovo la sua attività! Ma perché il signor Frank ha aguzzato l’ingegno per trovare questa spiegazione, quando, per altri versi, l’annesso è già descritto come una sorta di casa-fantasma? 1°, Alcuni fatti molto gravi per la posizione del signor Otto Frank restano inspiegati; 2°, Il signor Otto Frank è in grado di inventarsi storie, anche stupide e mediocri, esattamente come quelle che ho indicato nella mia lettura critica de Il diario di Anna Frank. Chiedo al lettore di ricordarsi questa conclusione; verrà a sapere in seguito quale risposta mi ha dato personalmente il signor Frank alla presenza della moglie. 17. Per la documentazione fotografica relativa alla “Casa di Anna Frank,” si veda l’appendice n°1.
1°, l’indirizzo di Elli in Olanda; 2°, il come rintracciare il magazziniere indicato nel libro come v.M. (che ho saputo trattarsi probabilmente di Van Maaren); 3°: il come rintracciare l’austriaco Karl Silberbauer che il 4 agosto 1944 arrestò i clandestini [protagonisti de Il diario di Anna Frank]. 20. A proposito di Elli, il signor Frank mi dichiarò che era molto malata e che, essendo “poco intelligente,” non avrebbe potuto essermi di nessun aiuto. Per quanto riguarda gli altri due testimoni, avevano passato abbastanza guai senza che andassi a importunarli con domande che avrebbero fatto riaffiorare loro alla mente un passato doloroso. A compensazione di ciò, il signor Frank mi raccomandò di mettermi in contatto con Kraler (il cui vero nome è Kugler), stabilitosi in Canada, e con Miep e suo marito, che vivono tuttora ad Amsterdam. – Il periodo dal 12 giugno 1942 al 5 dicembre dello stesso anno (quest’ultima data però non corrisponde a nessuna lettera stampata); abbiamo a disposizione un piccolo quaderno per appunti con una copertina in carta telata con un disegno a quadretti rossi, bianchi, e marroni (il “quaderno con la copertina in stile scozzese”); – Il periodo dal 6 dicembre 1942 al 21 dicembre 1943; non siamo in possesso di nessun quaderno in particolare (vedere però nel seguito i “fogli sparsi”); si presume che questo quaderno sia andato perso; – Il periodo dal 2 dicembre 1943 al 17 aprile 1944, poi per il periodo da quella stessa data del 17 aprile (!) all’ultima lettera (primo agosto 1944); due quaderni di appunti rilegati in nero e foderati con carta marrone. 23. A questi tre quaderni e a quello mancante va aggiunta una raccolta di 38 fogli sparsi, per il periodo dal 20 giugno 1942 al 29 marzo 1944. Il signor Frank ha detto che quei fogli costituiscono una ripresa e un rimpasto, fatto da Anna stessa, di lettere contenute, in forma originale, nei quaderni di cui sopra: il “quaderno con la copertina in stile scozzese,” il quaderno mancante, e il primo dei due quaderni neri. 1°, La critica interna basata sulla coerenza di un testo ci permette di rilevare alcune singolarità che sono manifestazioni di anomalie autentiche; 2°, Il lettore de Il diario di Anna Frank, una volta giunto all’episodio dell’8 luglio 1944, ha il diritto di affermare l’assurdità di un testo in cui l’eroe (”verduriere sull’angolo” “molto gentile”), salta fuori dalle profondità degli abissi come uno che risorge dalla morte. 33. Tale fruttivendolo, mi disse il signor Frank, si chiamava Van der Hoeven, il quale, deportato per aver ospitato a casa alcuni ebrei, alla fine fece ritorno. Al momento delle cerimonie commemorative, arrivò a comparire al fianco del signor Frank. Ho chiesto al signor Frank se dopo la guerra qualcuno del quartiere gli avesse detto: “Abbiamo sospettato della presenza di persone che si nascondevano a Prinsengracht 263” e Frank mi ha risposto chiaramente che nessuno aveva sospettato della loro presenza, inclusi gli uomini del magazzino, Lewin, e anche Van der Hoeven. Quest’ultimo presumibilmente li ha aiutati senza saperlo! – “Dai andiamo! [si intenda, “Che assurdità!”, ndt] – “Quel che dici è incredibile!” – “Un aspirapolvere! Questa è da non crederci! Non l’avevo mai notata!” – “Ma dovevi essere veramente imprudente!” – “Questa è stata davvero un’azione imprudente!” L’osservazione più interessante che la signora Frank ha fatto è stata la seguente: “Sono sicura che [la gente del quartiere] sapeva che eravate lì.” Da parte mia, direi piuttosto: “Sono sicuro che la gente del quartiere vedeva, udiva, sentiva l’odore della presenza di persone in clandestinità, se effettivamente qualcuno si fosse nascosto in quella casa per venticinque mesi.” Ich setze mich zu ihm ans Bett und habe ihm alles gesagt. Er hing sehr an Herrn Frank, denn er kannte ihn lange [passo mancante]. Gesagt hat er nichts. Er hat nur dagelegen. [2] Ed ecco il testo in lingua inglese: I sat down beside his bed and told him everything. He was deeply attached to Mr. Frank, who he had known a long time [passo mancante]. He said nothing. [3] 46. Una volta tornato in Francia mi è stato facile chiarire questo mistero: da molti altri punti del testo in lingua francese è diventato evidente che sono esistite due versioni originali in tedesco. La prima versione di Schnabel deve essere stata inviata come “dattiloscritto” alla casa editrice francese di Albin Michel in modo che potesse essere preparata una traduzione in francese senza perdere tempo. Subito dopo, Schnabel o, molto probabilmente, il signor Frank, ha proceduto a stilare una revisione di quel testo, rimuovendo quindi quella frase su Vossen in discussione. Fischer successivamente ha pubblicato la versione corretta, ma in Francia avevano lavorato molto velocemente, tanto che il libro era già in stampa. Era troppo tardi per porvi rimedio. Noto inoltre una curiosità bibliografica: la mia copia del Sur les tracce d’Anne Frank è contrassegnata come “18 millesima” copia e riporta come data di “completamento della stampa” il febbraio 1958. Per quanto riguarda l’edizione originale in tedesco il primo migliaio di copie venne stampato nel marzo 1958. La traduzione [in francese] quindi è comparsa effettivamente prima dell’originale.
Seconda forma: Dall’ottobre 1945 al gennaio 1946, il signor Frank e Isa Cauvern hanno lavorato insieme per realizzare una nuova versione di quella copia, una versione dattiloscritta (“Neufassung der Abschrift / Maschinengeschriebene Zweitfassung”). Terza forma: A una data imprecisata (alla fine dell’inverno del 1945-1946), questa seconda versione (dattiloscritta) è stata presentata ad Albert Cauvern, il quale, lavorando in un’emittente radiofonica come annunciatore della radio De Vara a Hilversum era a conoscenza della riscrittura dei manoscritti. Secondo le sue stesse parole, ha iniziato con l’effettuare “cambiamenti tollerabili” a quella versione; ha elaborato il proprio testo come farebbe una “mano esperta” (“Albert Cauvern stellt heute nicht in Abrede, dass er jene maschinengeschriebene Zweitfassung mit kundiger Hand redigiert hat: “Am Anfang habe ich ziemlich viel geändert””, page 52). Un dettaglio sorprendente per un diario: costui non si è fatto remora di raggruppare sotto un’unica data alcune lettere scritte in giorni diversi; una seconda volta si è limitato a correggere la punteggiatura e gli errori nel fraseggio e di grammatica. Tutti questi cambiamenti e correzioni sono stati effettuati sul testo dattiloscritto; Albert Cauvern non ha mai visto i manoscritti originali. Quarta forma: Nella primavera del 1946 il signor Frank ha elaborato, a partire da quelle modifiche e correzioni, ciò che si potrebbe chiamare il terzo dattiloscritto; ha presentato il risultato a “tre esperti di primo piano” (“drei prominente Gutachter”, pagina 53) facendo credere loro che si trattasse della riproduzione integrale del manoscritto, con l’eccezione molto comprensibile di alcuni punti di carattere personale; il testo, a quanto sembra garantito dai tre, successivamente è stato offerto dal signor Frank a svariate case editrici di Amsterdam, che lo hanno rifiutato; poi, con ogni probabilità, è tornato a una di queste tre persone, la signora Anna Romein-Verschoor, finendo che il marito di quest’ultima, il signor Jan Romein, docente di storia dei Paesi Bassi presso l’Università di Amsterdam, scrivesse sul quotidiano Het Parool un famoso articolo che inizia con queste parole: “Per caso mi è capitato nelle mie mani un diario (ecc.).” Come conseguenza dei molti elogiati ricevuti in quell’articolo è seguita una richiesta di pubblicazione del diario da parte di una modesta casa editrice di Amsterdam (Contact). Quinta forma: Ad accordo quasi concluso o in fase di conclusione, il signor Frank è andato a trovare vari “consiglieri spirituali” (mehrere geistliche Ratgeber), uno dei quali era il pastore Buskes, concedendo loro piena facoltà di censurare il testo (“raumte ihnen freiwillig Zensoren-Befugnisse ein”, pagine 53-54). Quella censura venne effettivamente messa in atto. 54. Le stranezze però non finiscono qui. Il testo in tedesco de Il diario di Anna Frank è oggetto di osservazioni interessanti da parte del giornalista del Der Spiegel che scrive: “Una curiosità della “letteratura di Anna Frank” è il lavoro di traduzione di Anneliese Schütz che Schnabel ha commentato: “Magari tutte le traduzioni fossero così fedeli”, ma il cui testo molto spesso si discosta dall’originale in olandese” (pagina 54). In realtà, come mostrerò nel seguito (sezioni 72-103), il giornalista è molto indulgente in quella sua critica quando dice che il testo in tedesco si discosta molto spesso da ciò che chiama l’originale (cioè quello che è senza dubbio proveniente dall’originale stampato in olandese). Il testo stampato in tedesco non ha il diritto di essere chiamato una traduzione stampata in olandese; costituisce, propriamente parlando, un altro libro a sé stante. Passiamo comunque oltre questo punto; torneremo nel seguito su tale questione. Anneliese Schütz, grande amica dei Frank, come loro ebrea tedesca rifugiata in Olanda, e insegnante di Anna, ha preparato poi un testo, in tedesco, del diario della sua ex-allieva. Ha fatto questo lavoro... per la nonna di Anna! Quest’ultima, molto anziana, in effetti non leggeva l’olandese e aveva bisogno quindi di una traduzione in tedesco, lingua nativa dei Frank. Anneliese Schütz ha realizzato la sua “traduzione” “dal punto di vista della nonna” (aus der Grossmutter-Perspektive, pagina 55), prendendosi alcune libertà stupefacenti. Dove, secondo i suoi ricordi, Anna si sarebbe dovuto esprimere meglio, l’ha fatta... esprimere meglio! La nonna ne aveva il diritto! “(...) die Grossmutter habe ein Recht darauf, mehr zu erfahren - vor allem dort, «wo Anne nach meiner Erinnerung etwas besseres gesagt hatte»” (ibidem). Sia detto per inciso, che Anneliese Schütz non viene mai menzionata da Anna Frank nel suo diario. Dobbiamo intendere che aveva vissuto vicino ad Anna o che l’aveva conosciuta durante i venticinque mesi durante i quali si nascondeva a Prinsengracht? Alla “punto di vista della nonna,” che dettava alcuni “obblighi,” si è aggiunto quello che si potrebbe chiamare il “punto di vista commerciale,” che dettava altri obblighi. In effetti, al momento di pubblicare in Germania Il diario di Anna Frank, Anneliese Schütz introdusse ulteriori modifiche. Prendiamo un esempio da lei stessa citato. Nel manoscritto, dicono, era presente la seguente frase: “(...) nessuna ostilità più forte al mondo di quella tra i tedeschi e gli ebrei” (ibidem). Anneliese Schütz ha sostituito “i tedeschi” con “questi tedeschi”, avendo cura di scrivere “questi” in corsivo per indicare ai lettori tedeschi che Anna intendeva riferirsi ai nazisti. Anneliese Schütz ha dichiarato al giornalista del Der Spiegel: “Mi sono sempre detta che un libro, destinato ad essere venduto in Germania, non può contenere un’espressione insultante per i tedeschi” (ibidem). Da parte mia, vorrei dire che quest’argomentazione, sul piano allo stesso tempo commerciale, sentimentale, e politico, è comprensibile provenendo una donna di origine ebraica di Berlino che prima della guerra era stata una militante in un movimento di suffragette e che ha dovuto lasciare il proprio paese per motivi politici. Per il resto però quest’argomentazione è tutt’altro che accettabile, poiché le frasi “insultanti” sono state diffuse, e continuano ad essere diffuse in milioni di copie de Il diario di Anna Frank vendute in tutto il mondo in altre lingue diverse dal tedesco. E qui non sto parlando semplicemente dal punto di vista del rispetto della verità.
64. Chi ha “denunciato” e chi ha arrestato i Frank: perché il signor Frank ha voluto assicurare loro l’anonimato? 72. Un confronto tra il testo in olandese e quello in tedesco: il signor Otto Frank, nel tentativo di strafare, si è smascherato, firmando così un falso letterario. a) Lettere in eccesso presenti nel testo T:
[Errore da parte mia (R. Faurisson): La lettera del 12 maggio 1944 (380 parole) non è assente nel testo O, ma presente sotto la data 11 maggio 1944. Quella che manca nel testo O è la lettera del 11 maggio 1944, lunga... 520 parole!] b) Lettere in difetto presenti nel testo T:
c) Parole in eccesso nel testo T per le lettere in comune:
In realtà, come si vedrà nel seguito, questo numero rappresenta solamente una piccola parte delle parole in eccesso presenti nel testo T. Nel frattempo tuttavia, per non sembrare troppo attaccato ai calcoli, darò qualche esempio specifico che riguarda circa 550 parole.
81. Tra le voci corrispondenti alle lettere in comune ai testi O e T, eccone alcune (tra le altre) in cui nel testo T manca qualche frammento presente però nel testo O e cioè qualche frammento ignoto al lettore tedesco:
Un fatto notevole è che i frammenti mancanti sono molto numerosi e molto brevi. Per esempio, nella lettera del 20 agosto 1943 presente nel testo T sono state tagliate 19 parole, distribuite come segue: 3 + 1 + 4 + 4 + 7 = 19.
85. Penso che sia inutile proseguire con una lista del genere; non si esagera dicendo che la prima voce del gruppo di lettere che abbiamo segnalato ci dà in qualche modo il senso del tutto. In questa breve lettera, gli olandesi vengono a sapere che Anna, per il suo compleanno, ha ricevuto “una piantina” (“een plantje”), mentre i tedeschi hanno il privilegio di venire a sapere che quella pianta era “un cactus” (“eine Kaktee”). In cambio, gli olandesi vengono a sapere che Anna ha ricevuto “due rami di peonie,” mentre i tedeschi si devono accontentare di sapere che si trattava di “qualche ramo di peonie” (“einige Zweige Pfingstrosen”). Gli olandesi hanno il diritto alla seguente frase: “ecco i figli di Flora che stavano sulla mia tavola quella mattina” (“dat waren die ochtend de kinderen van Flora, die op mijn tafel stonden”). Nel testo in tedesco la tavola è scomparsa, così come “i figli di Flora” (una curiosa “frase fatta” dalla penna di una bambina di tredici anni; qualcosa che ci si aspetterebbe piuttosto da un adulto che cerca di “abbellire con decorazioni floreali” lo stile in modo laborioso e ingenuo). I tedeschi hanno semplicemente il diritto a: “Questi erano, per cominciare, i fiori offerti per congratularsi con me” (“Das waren die ersten Blumengrüsse”). Gli olandesi vengono a sapere che quel giorno Anna offrirà agli insegnanti e ai compagni di classe “biscottini al burro” (“boterkoekjes”), mentre i tedeschi hanno il diritto di sapere che si trattava di “dolci” (“Bonbons”). La “cioccolata” presente per gli olandesi scompare per i tedeschi. Più sorprendente è un libro acquistato la domenica del 14 giugno 1942 da Anna con un po’ di denaro appena ricevuto e che nel testo tedesco diventa un libro che Anna si era già comprata (“zodat ik me (...) kan kopen” / “habe ich mir (...) gekauft”).
88. Questi ultimi cambiamenti vennero effettuati da un testo tedesco a un altro testo tedesco. Non ci sono scuse di traduzioni maldestre o fantasiose. Dimostrano che l’autore de Il diario di Anna Frank – il termine che uso solitamente per il responsabile del testo che sto leggendo – era ancora vivo nel 1955. Allo stesso modo, leggendo il testo tedesco del 1950 (edizione Lambert Schneider), ho scoperto che l’autore de Il diario di Anna Frank (un autore particolarmente prolifico) era ancora vivo nel 1950. Quell’autore non poteva essere Anna Frank, che, come sappiamo, è morta nel 1945. Tabella della cronologia (“ufficiale”) delle forme successive del Il diario di Anna Frank
Si può ovviamente affermare che forse il testo (V) è solamente una ripulitura molto fedele del testo (IV). Lo stesso dicasi per il testo (VII) in relazione al testo (VI). Ciò supporrebbe che il signor Frank, che ha rielaborato quel testo continuamente, abbia smesso di farlo improvvisamente al momento di ricopiare il testo (IV) senza nessun testimone e al momento della probabile correzione delle bozze per la stampa nel caso del testo (VII). Personalmente ritengo che queste nove costituiscano il minimo delle versioni esistenti a cui è necessario in effetti aggiungere una, due, o tre “Abschrift” per il testo (VIII). 30 agosto 1978 [1] Causa 2JS 19/59, VU 10/59.
Nota dell’editore francese (1980)
(*) Nota dell’autore (16 maggio 2010): Con una sola eccezione. Nella relazione iniziale è incluso l’allegato n°3 costituito dall’attestazione di un professore universitario, Michel Le Guern, rinomato per la sua competenza in materia di critica testuale. L’ultima frase della sua attestazione è la seguente: “Certamente le convenzioni della letteratura autorizzano il signor Frank, o chiunque altro, a costruire, molti personaggi immaginari di Anna Frank a suo piacimento a condizione però che non pretenda di identificare di questi personaggi immaginari con la persona di sua figlia.” Tutte le pagine della mia relazione riportano la firma o le iniziali di M. Le Guern. Altri due professori, Frédéric Deloffre e Jacques Rougeot, stavano arrivare a conclusioni sulla stessa linea, quando sulla stampa nel novembre del 1978 è esploso improvvisamente il “caso Faurisson.” Resi prudenti, questi professori hanno preferito astenersi. Per ulteriori dettagli consultare il poscritto riportato qui sotto e datato 1° aprile 2003.
[R. Faurisson, Écrits révisionnistes, tome I, 1974-1983]
Il diario racconta che gli abitanti dell’annesso, anche loro, correvano molti rischi, soprattutto quella di essere uditi da altri se avessero fatto troppo rumore. Faurisson tuttavia non ha cercato di capire meglio la situazione complessiva della clandestinità in quanto tale, e in questo contesto, non è preoccupato per nulla del fatto che la famiglia Frank e i suoi compagni di clandestinità sono finiti per farsi arrestare (pagina 117). D. Barnouw esprime lì un pathos che gli permette di concludere sfacciatamente: “Non è necessario, considerato quanto precede, sottoporre a un esame critico ciascuno dei punti citati da Faurisson” (p. 118). Per parte mia, trovo che questa ultima osservazione dimostri che le responsabilità del R.I.O.D. non hanno, per loro stessa ammissione, “sottoposto a un esame critico” una parte essenziale della mia perizia, quella relativa alle impossibilità fisiche o materiali della narrazione. Quel testimone [nel 1978] scongiurò, me e il mio accompagnatore di non rivelare il suo nome. Ho promesso di non dire nulla a proposito del suo nome, ma terrò la mia promessa solo a metà. L’importanza della sua testimonianza è tale che mi sembra impossibile passarla sotto silenzio. Il nome di questo testimone e il suo indirizzo, nonché il nome del mio accompagnatore e il suo indirizzo sono stati scritti in una busta sigillata riportata nell’appendice n°2: “Riservato” [da presentare al tribunale di alla corte di Amburgo]. D. Barnouw inizia citando queste righe, ma non senza eliminare la frase che rivela il motivo della mia discrezione, ovvero che il testimone ci “scongiurò” - era proprio questa la parola che usò - di non nominare. Lo stesso D. Barnouw poi aggiunge perfidamente: Una fotografia di questa busta sigillata, è riprodotta nell’appendice dell’indagine di Faurisson nella versione francese del 1980 [quella del libro di S. Thion]; saggiamente l’editore della versione olandese ha rinunciato a produrre questo pezzo di prova (pagina 119). In altre parole, D. Barnouw fa credere al lettore che la mia busta in verità non contenesse nessun nome e che con questo presunto stratagemma mi sarei preso gioco del lettore. Per D. Barnouw, quella busta non era mai esistito o era vuota. La verità era che avevo davvero consegnato al tribunale di Amburgo una busta contenente i nomi e gli indirizzi del mio testimone e il mio accompagnatore. Oggi, a 22 anni di distanza, mi sento autorizzato a rivelare i nomi noti al tribunale: si tratta della vedova di Karl Silberbauer e di Ernst Wilmersdorf, entrambi residenti a Vienna. Certamente le convenzioni della letteratura autorizzano il signor Frank, o chiunque altro, a costruire, come tutti i personaggi immaginari di Anna Frank che vuole, a condizione però che non identifichi questi personaggi inventati con la persona di sua figlia. Altri due professori universitari stavano per giungere a conclusioni simili, quando improvvisamente nel novembre 1978 nella stampa è esploso, il “caso Faurisson.” Si tratta di due professori della Sorbonne (Università di Parigi-4): Federico e Jacques Deloffre Rougeot. |
Fonte: http://www.erichufschmid.net/HoloHoax/Anne-Frank-Faurisson-I.html .Il testo francese è qui ; il testo originale qui: http://robertfaurisson.blogspot.it/1978/08/le-journal-danne-frank-est-il.html]
Vai alla Parte 2 (contiene le appendici)
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Author(s): | Olodogma |
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Published: | 2013-07-05 |
First posted on CODOH: | Sept. 12, 2017, 12:37 p.m. |
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