2- Le ragioni del revisionismo storico contro la menzogna olocaustica

Published: 2013-08-05

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BELZEC
Secondo la storiografia sterminazionista, il campo di Belzec si colloca al terzo posto per importanza tra i campi di sterminio. Secondo gli storici di regime, in esso furono gasati 600.000 ebrei.
Belzec fu aperto nel marzo 1942 e serviva da campo di transito per gli ebrei diretti in Russia.
Subito dopo lapertura del campo corsero voci sui massacri che i v i sarebbero stati compiuti.
Ci che ci viene raccontato dalla propaganda sterminazionista un insieme quanto mai variegato di versioni dei fatti. Tali versioni dei fatti hanno ben otto varianti, spesso in stridente contraddizione fra loro.
Prima variante: gli ebrei erano spinti in una baracca dove si dovevano tenere in piedi su di una placca metallica attraverso la quale si faceva passare corrente elettrica mortale (cos riferisce il giornale del governo polacco in esilio Polish Fortnightly Review nel dicembre 1942).
Seconda variante: gli ebrei venivano fucilati, e quelli che non lo erano venivano gassati o sterminati mediante l'uso della corrente
elettrica (dichiarazione fatta dal comitato d'informazione interalleato il 19 dicembre 1942).
Terza variante: gli ebrei erano uccisi dal calore dentro un forno elettrico, secondo la testimonianza di Abraham Silberschein (Die
Judenausrottung in Polen. Ginevra, agosto 1944).
Quarta variante: descritta da Stefan Szende, dottore in filosofia, nel libro Der letzte Jude aus Polen (Europa-Verlag Zurich/New York, 1945).
Vi si afferma che gli ebrei venivano spogliati di ogni avere e condotti a migliaia alla volta in sale metalliche che venivano riempite in parte di acqua. Dopodichè veniva fatta passare corrente elettrica ad alta tensione.
Quindi il pavimento di metallo si alzava dall'acqua sollevando i cadaveri, si metteva in funzione una linea elettrica che trasformava la placca in bara crematoria finché tutti i cadaveri non erano ridotti in cenere.
Quinta variante: gli ebrei venivano fulminati nelle docce elettriche e poi trasformati in sapone. Questa versione viene fornita da Simon Wiesenthal (Der neue Weg, Vienna, n 19-20, 1946): le persone, in gruppi di 500, entravano in bagni con il pavimento di metallo su cui veniva fatta passare una corrente a 5.000 volt, mentre le docce spruzzavano acqua.
Le vittime non venivano cremate mediante resistenze scaldate al calor bianco, come afferma Stefan Szende; i carnefici ne facevano sapone con la marca RIF Rein Jüdisches Fett, puro grasso ebreo (in realtà la sigla RIF significa Reichsstelle für industrielle Fettversorgung, ovvero Servizio di approvvigionamento industriale di materie grasse del Reich).
Sesta variante: gli ebrei venivano assassinati mediante la calce viva. Questa variante descritta dal polacco, non ebreo, Jan Karski,
autore del libro Story of a secret State (1944, Houghton Mifflin, Boston,

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The Riverside Press, Cambridge, pubblicato poi in francese nel 1948 col titolo Mon témoignage devant le monde, edizioni S.E.L.F., Parigi).
Settima variante: gli ebrei venivano sterminati per mezzo dello Zyklon B che era introdotto nei locali delle docce grazie ad un sistema di tubi. Fu per questa versione che decise di propendere un tribunale tedesco nel 1965, ai tempi del processo di Belzec, versione seguita anche da Adalbert Rückerl, ex-direttore dell'Ufficio Centrale di Ludwigsburg incaricato dell'informazione sui criminali nazisti, nel suo libro Nationalsozialistische Vernichtungslager im Spiegel Deutscher Strafprozesse (Deutscher Taschenbuchverlag, 1977).
Il tribunale e il signor Rückerl precisano che in capo a qualche settimana si è poi passato ai gas di scappamento.
Ci significa che... è stata necessaria qualche settimana perché le SS si accorgessero che le pasticche di Zyklon-B non passavano per i tubi!
Ottava variante: gli ebrei venivano uccisi dai gas di scappamento dei motori Diesel. Questa variante si trova nel Rapporto Gerstein,
rapporto che passa, con la confessione di Höss, come la prova più importante dell'Olocausto.
L'ufficiale delle SS del Servizio di Sanità Kurt Gerstein si arrese alle truppe della Prima Armata Francese che occupavano il Württemberg nell'aprile 1945 e, prima del suo suicidio in prigione, avvenuto, (manco a dirlo...) nel luglio dello stesso anno, avrebbe reso la sua confessione. O,meglio, le sue sei confessioni, come il francese Henri Roques ha ampiamente dimostrato; sei confessioni che, tra laltro, divergono considerevolmente tra loro. Secondo quanto affermato nelle sei deposizioni, Gerstein visitò Belzec e Treblinka nell'agosto 1942.
A suo dire, circa 25.000.000 di persone furono gassate [!!!]. Stando a ci che dice, da 700 a 800 persone si ammucchiavano in una camera a gas di 25 metri quadrati (da 28 a 32 persone a metro quadro, quindi). Per ragioni non ancora chiare, gli storici di regime preferiscono il Rapporto Gerstein alle altre varianti. (Fra l'altro i gas di scappamento dei motori Diesel contengono una percentuale modesta di ossido di carbonio: un motore a benzina sarebbe stato uno strumento di produzione di ossido di carbonio molto più efficiente di un motore Diesel).
Se avessero voluto gassare migliaia (o milioni) di persone sul serio, i tedeschi non avrebbero usato un motore, ma avrebbero utilizzato uno dei loro gas tossici di produzione industriale.
Siamo quindi di fronte a una contraddizione evidente: il genio tecnico che si attribuisce ai tedeschi e che doveva loro permettere di
sterminare milioni di persone senza lasciare la minima traccia è incompatibile con la stupidità di cui avrebbero dato prova, scegliendo, tra le tante armi di sterminio, la meno efficace.
Quali altre prove abbiamo dell'assassinio di 600.000 persone a Belzec?
Un'ispezione sul sito del vecchio campo di Belzec non è di alcun aiuto perché non vi si trova che un prato, e niente altro.
Non troviamo un solo documento al riguardo: gli sterminazionisti rispondono che i nazisti avrebbero trasmesso oralmente gli ordini per gli sterminii.

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Non si sono trovate fosse comuni: gli sterminazionisti rispondono che i nazisti avrebbero bruciato i cadaveri.
Anche i resti delle 600.000 vittime sono però spariti. Gli sterminazionisti rispondono che i nazisti avrebbero disperso le ceneri. Non
dicono niente circa le ossa: pochi sanno infatti che le ossa ed i denti non bruciano che parzialmente nei forni crematori, e quindi, per essere fatti sparire dovevano essere macinati.
I morti di Belzec non sono stati registrati da nessuna parte.
Non ci sono più testimoni oculari sopravvissuti. Uno solo dei 600.000 ebrei deportati a Belzec, un certo Rudolf Reder, è sopravvissuto nel campo, ma è deceduto negli anni Sessanta.
Ciò significa che non abbiamo nessuna prova dei 600.000 assassinati a Belzec.

MAJDANEK

Anche Majdanek ebbe le sue camere a gas, e anch'esse erano inadatte.
Esiste lì un crematorio ricostruito, con annessa presunta camera a gas. Le uniche parti dell'edificio che esistevano prima della ricostruzione erano i forni.
Si pretende che l'edificio sia stato ricostruito secondo progetti che sono, però, irreperibili. L'edificio è troppo umido per avervi potuto
utilizzare efficacemente Zyklon-B. Inoltre, la costruzione in calcestruzzo è radicalmente differente dagli altri edifici del complesso. L'installazione del secondo edificio di Majdanek è differente; la parte anteriore possiede una camera a gas.
Tale camera possiede due sfiatatoi sul tetto che avevano la funzione di ventilarla dopo l'operazione di disinfestazione.
Ha infatti il dispositivo per la circolazione dell'aria, ma manca di ciminiera per ventilare il gas estratto. È pertanto impossibile utilizzare il locale come camera a gas per esecuzioni.
Nella parte posteriore dell'edificio si trovano le presunte camere a gas sperimentali, tre (ma una di esse è chiusa e sigillata).
Questi locali possiedono tubazioni per il preteso uso di monossido di carbonio, ma sarebbero state utilizzate anche per gasazioni con Zyklon-B.
Una delle due camere dovrebbe avere una ventilazione attraverso il tetto, ma, a quanto appare, nessuna apertura lo ha mai attraversato.
Le porte non hanno guarnizioni e non sono progettate per essere chiuse ermeticamente. La superficie è di 74,87 m e avrebbe potuto contenere al massimo 90 persone.
Ancora una volta, il tempo di ventilazione sarebbe stato di una settimana.
L'altra camera ha un sistema di circolazione per introdurre aria calda nella camera: tale sistema di circolazione è progettato e

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costruito in maniera approssimativa, in quanto l'immissione e l'estrazione del gas sono troppo vicine per potersi effettuare correttamente.
Nulla è previsto per la ventilazione e non esiste nemmeno un condotto di camino.
Delle due camere, una non fu quindi mai terminata e non poté dunque mai essere utilizzata.
Non esiste traccia di sigillante su mattoni, stucco e intonaco.
In ogni caso, la prima camera ha una superficie di 44,9 m, mentre la seconda di 19,4 m.
Tutte e due avrebbero potuto contenere al massimo 78 persone.
È da notare che queste camere sono circondate su tre lati da corridoi in calcestruzzo, incassati a un livello più basso.
Quindi le filtrazioni del gas si sarebbero potute accumulare nelle fosse ed il gas riparato dal vento, non avrebbe potuto dissiparsi.
Questo fa sì che tali installazioni siano inadatte all'uso di acido cianidrico, come si pretenderebbe, e l'uso potrebbe rendere l'edificio
pericoloso per chiunque.
Il monossido di carbonio, d'altro canto, è poco consigliabile per esecuzioni, dato che il tempo necessario per la morte è troppo lungo, a volte anche 30 minuti.
Anche l'uso del biossido di carbonio è poco redditizio, in quanto è ancora meno efficace del monossido.
I gas sarebbero stati prodotti con un motore Diesel.
In ogni caso, in una camera occupata al massimo della sua capienza,nello spazio di 0,83 m o meno per persona (l'area minima per permettere la circolazione del gas intorno ad esse), gli occupanti dovrebbero morire soffocati dalla loro stessa respirazione.
Quindi molto tempo prima di quando il gas possa avere effetto.
Perciò il solo fatto di rinchiudere persone da giustiziare in uno spazio così ristretto, renderebbe superfluo l'uso di monossido e biossido di carbonio.
È interessante notare che la stessa propaganda sterminazionista non è stata in grado di definire il numero di camere a gas a Majdanek: infatti secondo una celebre lettera dell'ebreo Martin Broszat, pubblicata il 19 agosto 1960 dal Die Zeit, a Majdanek non ci sarebbe stata alcuna camera a gas.
Secondo la Deutsche Volkzeitung del 22 luglio 1976, invece, ce ne sarebbero state ben sette, mentre, secondo la sentenza del processo di Majdanek a Düsseldorf, ce ne sarebbero state "almeno tre".
Secondo il rapporto della commissione sovieto-polacca del 1944,18.000 persone furono gassate a Majdanek il 3 novembre 1943 al suono di un valzer di Strauss.
Quando l'impossibilità tecnica di questa asserzione è divenuta troppo evidente, si è mutato il massacro col gas in massacro mediante fucilazione.

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LA RISIERA DI SAN SABBA

Anche l'Italia avrebbe i suoi campi di concentramento e di sterminio: piccoli, certo, ma, secondo la storiografia sterminazionista, funzionanti.
Il testo sterminazionista più conosciuto su questo argomento è quello di Ferruccio Fölkel La Risiera di San Sabba.
Vediamo, con l'aiuto dell'ottimo testo La risiera di San Sabba: un falso grossolano di Carlo Mattogno che cosa fu il campo di sterminio nostrano,con annessi e connessi, vale a dire cameretta a gas e forno.
Basta poco per smontare questa ennesima menzogna.
Infatti nessuno dei testimoni cosiddetti oculari ha affermato di aver visto la camera a gas, tranne Paolo Sereni, che vi accenna poco e per sentito dire.
Ma il testimone Schiffner dice che nella stanza in cui venivano uccisi gli ebrei, stanza denominata "Garage", non c'erano impianti a gas e che,probabilmente, si procedeva mediante impiccagione.
Quindi venivano effettuate gasazioni in stanze dove non c'erano impianti per il gas e dove, secondo la testimonianza di Wachsberger, la porta rimaneva aperta per l'intero pomeriggio nei giorni in cui si procedeva agli stermini.
L'assurdità di una camera a gas operante a porta aperta si commenta da sola!
Per quel che riguarda il forno crematorio, la confusione di Fölkel è inenarrabile: infatti afferma che il forno era interrato e che, secondo l'architetto Boico, era lungo 20 metri x 15. Sarebbero quindi 300 m.
Ma dalla piantina in scala della risiera presentata fuori testo dal Fölkel, risulta che il forno crematorio misurava 10,5 x 9,5 metri; ovvero 99,75 m. Risulta poi evidente a chiunque l'utilità di piazzare un crematorio sotto terra...
I soli dati pseudoscientifici forniti da Fölkel si fermano qui: il resto sono solo raccontini e pettegolezzi.
Questo è tutto ciò che hanno in pugno gli sterminazionisti nostrani: decisamente troppo poco per rappresentare una prova italiana
dell'Olocausto, e troppo poco per poter dimenticare le foibe istriane in cui furono sterminati, e sul serio, migliaia di Italiani dalle truppe comuniste Jugoslave (con l'appoggio e la benedizione di tanti comunisti nostrani).

I CAMPI DELL'OVEST

Nei primi anni del dopoguerra si dava per scontato che pressoché tutti i campi di concentramento fossero dotati di una o più camere a gas.
Ora, neanche gli stessi storici sterminazionisti dubitano più del fatto che nei territori occidentali non vi siano state camere a gas.

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Ciò è dovuto alla estrema strampalatezza e alla troppo evidente non veridicità delle fonti: per capire ciò su cui ci si dovrebbe basare per provare l'esistenza delle camere a gas occidentali, basta dare un'occhiata alla inverosimile rivelazione di Franz Ziereis, comandante di Mauthausen.
Costui, infatti, "confessò" sul letto di morte (19) (come sempre...) la cosa assurda che era avvenuta al castello di Hartheim, non lontano da Linz: tra uno e un milione e mezzo di persone erano state gassate nel castello!
"Un impianto di gassazione camuffato da sala da doccia fu costruito al campo di Mauthausen per ordine del Dottor Kresbach, Hauptsturmführer SS
[...]. Il Gruppenführer Glücks ha dato l'ordine di far passare i miseri prigionieri per pazzi e farli assassinare in una grande installazione a gas. Da uno a un milione e mezzo di persone circa sono state assassinate. Questo luogo si chiama Hartheim e si trova a 10 chilometri da Linz in direzione di Passau" (Simon Wiesenthal, KZ Mauthausen, Ibis-Verlag, 1949, pag. 7-8).
Qual è, allora, la verità sulle cosiddette camere a gas occidentali?
Stephen F. Pinter, che lavorò per sei anni, dopo la guerra, come consulente legale per il ministero della guerra degli Stati Uniti per le truppe di occupazione in Austria e Germania, fece la seguente dichiarazione nel diffuso giornale cattolico Our Sunday Visitor
(L'osservatore della Domenica) del 14/6/59:
"Sono stato per 17 mesi, dopo la guerra, come avvocato del 'Ministero della Guerra' degli Stati Uniti, e posso confermare che a Dachau non esisteva alcuna camera a gas. Quello che veniva mostrato e indicato come camera a gas ai visitatori era un forno crematorio (e lo sbaglio non era certo involontario).
Anche negli altri campi di concentramento in Germania non c'erano camere a gas.
A noi venne raccontato che ad Auschwitz esisteva una camera a gas, ma poiché si trovava nella zona di occupazione sovietica, non ci fu permesso di svolgere alcuna inchiesta."
Il totale del numero degli internati morti a Dachau è un esempio tipico di esagerazioni che vennero poi gradualmente corrette. Nel 1946, il segretario di stato del Governo Bavarese, Philip Auerbach, quello stesso Auerbach che venne in seguito riconosciuto colpevole di essersi appropriato di somme di denaro che egli aveva reclamate a titolo di indennizzo in nome di ebrei mai esistiti, scoprì a Dachau, nel 1946, una lapide, su cui era scritto: " Questo territorio deve essere ricordato come il luogo dove furono cremate 238.000 persone".
Da allora questa cifra è stata costantemente ridotta e attualmente si è giunti a una cifra oscillante tra 20.000 e 25.000 decessi, dovuti principalmente al tifo e alla fame.
Il fatto che alcune migliaia di prigionieri morirono negli ultimi,caotici, mesi della guerra ci porta a chiederci come essi vissero durante la guerra. Le condizioni di vita dei prigionieri sono state descritte in modo distorto e falso nei rapporti e nei diari forniti dai prigionieri stessi.

19 Per la cronaca, era stato ferito all'addome da tre colpi di arma da fuoco.

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Il rapporto della Croce Rossa, che sarà esaminato più avanti,dimostra, però, che durante tutta la guerra, i campi erano bene
amministrati. Gli internati che vi erano detenuti ricevevano, in qualità di forza lavoro, negli anni tra il 1943 e il 1944, non meno di 2.750 calorie: il doppio di quanto riceveva il cittadino medio tedesco dopo la guerra nella Germania occupata dagli alleati. Gli internati erano sotto costante controllo medico e quelli gravemente ammalati venivano portati all'ospedale del campo.
Tutti gli internati, a differenza di quanto accadeva nei campi di concentramento sovietici, potevano ricevere pacchi contenenti alimenti,indumenti e medicinali da parte dell'Ufficio Assistenza della Croce Rossa.
L'ufficio del procuratore di Stato conduceva accurate indagini nei casi di prigionieri arrestati per attività criminali. Gli innocenti venivano rilasciati; coloro che venivano considerati colpevoli, così come i deportati accusati di crimini più gravi all'interno del campo, venivano processati da una corte militare e giustiziati.
Nell'archivio di Coblenza si trova una direttiva di Himmler del gennaio 1943, che riguarda appunto queste esecuzioni: in essa si ricorda che "non sono permesse brutalità". Occasionalmente ci furono episodi di brutalità, ma essi furono subito stroncati dal giudice delle SS Konrad Morgen dell'Ufficio di Polizia Criminale del Reich, il cui compito era quello di indagare sulle irregolarità nei campi di concentramento.
L'ordine che regnava nei campi di concentramento tedeschi si deteriorò rapidamente durante gli ultimi, terribili mesi di guerra, nel
1945.
Il rapporto della Croce Rossa dichiara che i massicci bombardamenti a tappeto degli Alleati distrussero il sistema di informazioni e di comunicazioni del Reich. I rifornimenti di viveri non poterono più raggiungere i campi di concentramento, e la fame provocò vittime in numero sempre maggiore, così tra gli internati dei campi, come tra la popolazione civile.
Questa terribile situazione fu peggiorata dal sovraffollamento dei campi e dalle epidemie di tifo. Il sovraffollamento era causato dallo sgombero dei campi dell'Est, come Auschwitz, quando i prigionieri furono trasportati verso Occidente a causa dell'avanzata sovietica. Colonne di uomini arrivarono così in altri campi tedeschi, come Bergen-Belsen, che già versavano in notevoli difficoltà.
Senza dubbio simili condizioni provocarono migliaia di decessi, così si spiegano le fotografie di esseri umani ischeletriti e di mucchi di cadaveri che i propagandisti pubblicano e ripubblicano sotto il titolo di "vittime della feroce persecuzione nazista".
È interessante la lettura della testimonianza del dr. Russel Barton,caposezione e consulente psichiatrico del Severalls Hospital - Essex, pubblicata nella Purnell's History of the Second World War (vol. 7, n. 15),il quale, dopo la guerra, trascorse un periodo di tempo nel campo di Bergen Belsen, come studente di medicina.
"Ufficiali medici tedeschi mi raccontarono che il trasporto di viveri era diventato sempre più difficile. Sulle strade ogni mezzo di trasporto veniva mitragliato e bombardato..."

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"Le cause principali [della mortalità] a Bergen-Belsen alla fine della guerra furono: malattie, sovraffollamento causato dall'arrivo di internati dei "Lager" dell'Est, mancanza di disciplina e poco rispetto dei regolamenti all'interno delle baracche, scarso rifornimenti di viveri, acqua e medicinali."
La mancanza di disciplina provocò delle vere e proprie sommosse durante la distribuzione dei viveri: gli Inglesi dovettero usare le
mitragliatrici e i carri armati per riportare l'ordine nel campo.
Non soltanto situazioni del genere furono sfruttate a scopi vergognosamente propagandistici, ma è stato fatto uso anche di vere e
proprie falsificazioni.
Un caso interessante è stato scoperto dal giornale inglese Catholic Herald, il 29 ottobre 1948. A Kassel, dove ogni tedesco adulto fu costretto ad assistere a un film sugli "orrori" di Buchenwald, un medico di Gottinga riconobbe se stesso sullo schermo, mentre osservava le vittime. Dopo un momento di sbalordimento, si rese conto di avere visto un documentario,girato dai Tedeschi a Dresda, dopo il terribile attacco del 13 febbraio 1945: in quell'occasione il medico aveva prestato il suo aiuto.
Dopo l'attacco aereo su Dresda, che provocò parecchie centinaia di migliaia di vittime, vennero raccolti i corpi in mucchi di 400-500
cadaveri, la cui cremazione durò alcune settimane. Queste erano le immagini che egli aveva riconosciuto e che gli erano state presentate come testimonianze degli orrori di Buchenwald.
Da tutto ciò che è stato finora esposto, risulta chiarissimo che,nonostante la convinzione dell'esistenza di camere a gas nei campi
dell'Ovest sia ancora largamente diffusa nel pubblico, non vi è più nessuno storico serio che creda a gassazioni nel castello di Hartheim o nei campi di Ravensbrück, Buchenwald o Dachau, e ciò da decenni. Inoltre, si può anche comprendere il vero motivo dei decessi.
Vale la pena esaminare, a questo punto, la lettera indirizzata a Die Zeit il 19 agosto 1960 dallo sterminazionista Martin Broszat, allora collaboratore dell'Istituto di Storia Contemporanea di Monaco e destinato a diventarne direttore. Questa lettera ha suonato a morto per tutte le camere a gas occidentali: "Né a Dachau, né a Bergen-Belsen, né a Buchenwald ebrei o altri detenuti sono stati gassati. [...] L'annientamento massiccio degli ebrei con il gas cominciò nel 1941/42 ed ebbe luogo unicamente in rari punti scelti per questo scopo e provvisti di installazioni tecniche adeguate, soprattutto in territorio polacco occupato (ma da nessuna parte nell'ex Reich); ad Auschwitz-Birkenau, a Sobibor, a Treblinka, Chelmno e Belzec." [Si noti la mancanza di Majdanek].
Detto in poche e scarne parole, Broszat ammetteva che tutto quanto era stato detto dal 1945 sulle camere a gas del Reich Germanico era menzogna (per "Reich Germanico" s'intende il territorio della Germania nelle sue frontiere del 1937).
D'altronde, né in questa lettera, né in altre opere, Broszat ha prodotto la minima prova del perché, ad esempio, le dichiarazioni dei testimoni relative alle presunte gassazioni di Auschwitz e degli altri campi orientali dovessero essere più degne di fede di quelle che si riferivano alle gassazioni negate di Dachau e Buchenwald.

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Fin dal 1948 una commissione di inchiesta americana diretta dai giudici Simpson e Van Roden aveva constatato che le confessioni sulle camere a gas del Reich Germanico erano state ottenute con la tortura:
percosse, testicoli lesionati, denti rotti, ecc. Moltissomi fra gli accusati sono stati assassinati, "suicidati" o "giustiziati" subito dopo queste confessioni estorte (The Progressive, febbraio 1949, pag. 21-22).

LE TESTIMONIANZE

Al fine di inquadrare definitivamente l'obiettività dei presunti testimoni oculari, sono state qui esaminate alcune tra le più famose
testimonianze (testimonianze che non riguardano direttamente i dati tecnici su camere a gas o forni crematori, su cui, ormai, sappiamo quanto basta).
È impossibile qui effettuare una trattazione completa di tutte le asserzioni discutibili, ma non si può fare a meno di mettere in luce alcune tra le più eclatanti assurdità.
Tutti conoscono, almeno per sentito dire, "Se questo è un uomo" di Primo Levi.
L'esame dei fatti vissuti dal Levi, così come lui li descrive, ci consente di mettere in dubbio parecchie delle affermazioni fatte circa la volontà sterminatrice dei tedeschi.
Come mai il Levi, partigiano ebreo, debole e maldestro, è riuscito a sfuggire alle famigerate selezioni e ad essere inviato in infermeria per due volte, la seconda volta quando i russi stavano ormai avanzando verso Cracovia?
Che sia debole e maldestro è detto da lui stesso quando afferma di essere uno di quegli ebrei italiani, tutti dottori, "che non sanno lavorare e si lasciano rubare il pane e prendono schiaffi dalla mattina alla sera...perfino gli ebrei polacchi li disprezzano perché non sanno parlare yiddish".
Ma parliamo dei liberatori: infatti il 18 gennaio 1945, sotto l'incalzare dell'armata russa, che aveva già occupato Cracovia, a 50 km
ad est di Auschwitz, le SS avevano abbandonato il campo, in fretta ma ordinatamente, dopo aver fatto distribuire l'ultimo rancio quotidiano.
All'alba del 21 la fuga dei tedeschi dai pressi del campo era ormai terminata e anche i civili polacchi erano scomparsi. Era logico che le sofferenze fossero finite. Invece no!
I prigionieri, che sotto la direzione delle SS avevano il rancio assicurato, il medico e la possibilità di farsi ricoverare in infermeria,
vedevano passare l'amministrazione del campo ai comitati clandestini diretti dai famigerati triangoli verdi, ovvero i criminali comuni, e dai triangoli rossi, ossia i prigionieri politici (erano così chiamati dal triangolo di stoffa cucito sulle loro giacche), i quali non effettuarono

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alcuna distribuzione del rancio, facendo così morire deliberatamente di fame, di freddo e di stenti parecchie centinaia di prigionieri.
I liberatori invece si facevano attendere: malgrado già dal 22 avessero occupato la vicina cittadina di Auschwitz, e fossero ben sicuri
della fuga dei soldati tedeschi, non fecero nulla per alleviare le sofferenze dei prigionieri; sofferenze delle quali sicuramente i partigiani polacchi li avevano informati.
La riprova di ciò è nelle parole del Levi, quando ci vuol descrivere un orrore, a suo dire, compiuto dai tedeschi. Infatti afferma che alcune SS,disperse, ma armate, erano penetrate nel campo ed avevano ucciso,stando a quel che è scritto, "metodicamente, con un colpo alla nuca", tutti i 18 francesi che si erano stabiliti nel refettorio delle SS, "allineando poi i corpi contorti sulla neve della strada".
Ora, in una zona ormai occupata dalle truppe nemiche, se tedeschi sbandati ed armati avessero incontrato i francesi, li avrebbero al massimo posti in fuga, probabilmente senza sparare, per evitare di richiamare l'attenzione di pattuglie nemiche. Non avendo quindi nessun motivo per ucciderli sistematicamente, ed ancor meno di sistemarli sulla strada, pronti per le fotografie dei liberatori, perdendo del tempo prezioso per la propria salvezza.
Inoltre, se i corpi erano, come racconta, contorti, evidentemente erano stati trasportati ed allineati solo dopo che era sopravvenuta la rigidità cadaverica, ovvero il "rigor mortis", perché se fossero stati trascinati subito dopo l'uccisione sarebbero stati distesi, e non contorti.
L'unica spiegazione è che i francesi siano incappati in una pattuglia di militari russi o, più probabilmente, di partigiani polacchi.
Incongruenze analoghe se ne possono trovare fra gli scritti di Giuliana Tedeschi.
Nel già citato libro C'è un punto della terra... Una donna nel lager diBirkenau l'autrice racconta, a pagina 56, che le detenute ebree greche con le quali ha lavorato dal maggio all'ottobre 1944 e provenienti da Salonicco erano state deportate tre anni prima. In realtà il primo convoglio di ebrei deportati da Salonicco giunse ad Auschwitz un anno prima, esattamente il 20 marzo 1943.
E che dire, infine, dello splendido artificio letterario di pagina 133?
Qui si racconta, di un albero di abete, in questi termini: "la natura ne ebbe compassione e il giorno dopo, il giorno dell'epifania, lo rivestì di neve." L'episodio si riferisce al 6 gennaio 1945, ed è senz'altro molto commovente: peccato che il campo di Birkenau fosse coperto di neve già dal 21 dicembre 1944, come risulta da due fotografie aeree americane.
Vale la pena esaminare un ultimo e illuminante caso: riguarda una testimonianza fatta al processo contro Ernst Zündel, colpevole di aver pubblicato alcuni testi revisionisti.
L'esperto dell'accusa fu Raul Hilberg, un professore americano di origine ebraica.
Dal controinterrogatorio venne fuori che l'esimio professore era stato ad Auschwitz un solo giorno, in occasione di una cerimonia; in tutta la sua vita non aveva mai visto una camera a gas, né nella sua condizione originaria, né ridotta in rovine.

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Dovette ammettere che gli Alleati, dopo il 1945, non avevano proceduto a nessuna sperimentazione dell'arma del crimine che
concludesse l'esistenza di una camera a gas omicida. Nessun rapporto d'autopsia aveva evidenziato l'assassinio di un detenuto per
avvelenamento da gas. Dovette infine ammettere che non esisteva nessuna traccia del cosiddetto "ordine di sterminio" dato dalla cancelleria tedesca.
Pregato dalla difesa di spiegare come i tedeschi, sprovvisti di ogni piano, avessero potuto condurre a termine una gigantesca impresa come quella dello sterminio di milioni di ebrei, egli rispose che c'era stato, nelle varie istanze naziste, "un'incredibile armonia di spiriti, un consenso nella divinazione telepatica in seno a una vasta burocrazia"(!!!).
Ogni commento appare superfluo.

I DOCUMENTI DELLA CROCE ROSSA

A questo punto, è anche ragionevole iniziare a farsi una domanda: è mai possibile che i tedeschi, in un momento particolarmente critico della guerra, impegnassero immense risorse per trasportare milioni di ebrei da una parte all'altra dell'Europa?
È verosimile che, quando la Germania combatteva una guerra disperata su due fronti, lottando per la sopravvivenza, siano stati
trasportati per chilometri e chilometri milioni di ebrei, per condurli in presunti e dispendiosi macelli?
Diciamoci la verità; trasportare i celeberrimi 6 milioni (più innumerevoli altri prigionieri di varie nazionalità) nei campi di
concentramento avrebbe significato la paralisi pressoché totale delle forniture militari (uomini, armi, munizioni, carburante, viveri) in un momento, come abbiamo già detto, in cui l'esercito tedesco conduceva una lotta a morte contro nemici potenti e pericolosi.
Bisogna, a questo punto, anche porsi altre domande: è possibile che i tedeschi abbiano ucciso e cremato milioni di persone, se lamentavano la scarsità di mano d'opera e impiegavano tutti i prigionieri nell'industria bellica? Si sarebbe potuto mantenere segreta una operazione di trasporto e sterminio di tali proporzioni?
Queste sono le domande che dovrebbe porsi una intelligenza critica,la quale scoprirebbe che non solo la documentazione statistica, che abbiamo fornito, ma anche i problemi di trasporto e approvvigionamento rendono impossibile continuare a sostenere la menzogna dei 6 milioni.
Ma atteniamoci ad alcuni fatti: nel 1945 la propaganda alleata sosteneva che tutti i campi di concentramento esistenti in Germania
erano "campi di sterminio". Ma osservatori coscienziosi tra le truppe di occupazione inglesi ammisero che molti internati erano morti, durante gli ultimi mesi di guerra, per malattie o per fame, ma che non erano state trovate tracce di "camere a gas". Per questo motivo i campi di

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concentramento orientali, nella zona di occupazione sovietica, come Auschwitz, vennero in primo piano e furono considerati il centro dello sterminio (sebbene a nessuno, all'epoca, fosse permesso di visitarli).
Per quel che riguarda la questione ebraica e le condizioni di vita nei campi di concentramento tedeschi, esiste un Rapporto del comitato internazionale della Croce Rossa sulla sua attività nella Seconda Guerra Mondiale (in 3 volumi, Ginevra 1948).
Gli autori, sotto la direzione di Frederic Siordet, dichiarano nell'introduzione che il rapporto si propone, nelle tradizioni della Croce
Rossa, di mantenere la più stretta neutralità politica.
Il Comitato Internazionale della Croce Rossa, richiamandosi alla Convenzione di Ginevra del 1929, ottenne di poter visitare i prigionieri civili, internati dalle autorità tedesche in Europa Occidentale.
Il suddetto Rapporto, d'altronde, riferisce che in un primo tempo i Tedeschi si rifiutarono di affidare alla Croce Rossa la sorveglianza di persone detenute per motivi di sicurezza, ma che, a partire dall'agosto 1942, fu permessa al Comitato di distribuire nei campi di concentramento della Germania pacchi di viveri, e dal febbraio 1943 l'autorizzazione fu estesa a tutti i campi e a tutte le prigioni (vol. III, pag.
78). Il comitato allacciò presto rapporti con tutti i comandanti dei campi e condusse un programma di aiuti che funzionò egregiamente fino al 1945, così come viene dimostrato dalle migliaia di lettere di ringraziamento inviate da parte di internati ebrei.
Il Rapporto accerta che "quotidianamente venivano preparati fino a 9000 pacchi. Dall'autunno 1943 al maggio 1945 furono spediti
complessivamente ai vari campi di concentramento 1.112.000 pacchi,per un peso di 4500 tonnellate" (vol. III, pag. 80). Oltre ai viveri, gli internati ricevevano indumenti e medicinali. "Pacchi venivano spediti a Dachau, a Buchenwald, Sargenhausen, Sachsenhausen, Oranienburg,Flossenburg, Landsberg am Lech, Flöha, Ravensbrück, Hamburg-Neuengamme, Mauthausen, Theresienstadt, Auschwitz, Bergen-Belsen,ai campi di concentramento vicino a Vienna, in Germania centrale e meridionale. I destinatari principali erano Belgi, Olandesi, Francesi,Greci, Italiani, Norvegesi, Polacchi, Ebrei apolidi." (vol. III, pag. 83).
Nel corso della guerra "il Comitato fu in condizione di spedire e distribuire aiuti per un valore di 20 milioni di franchi svizzeri, raccolti in tutto il mondo da organizzazioni assistenziali ebraiche, soprattutto dalla Amerikan Joint Distribution Committee di New York" (vol.I, pag 644).
La Croce Rossa ebbe a lamentarsi per le difficoltà che incontrava nella sua azione, non per colpa dei Tedeschi, ma del blocco dell'Europa voluto dagli alleati.
Il Comitato ebbe anche parole di lode per il regime di Jon Antonescu,il capo fascista della Romania, dove gli fu possibile estendere il proprio aiuto a 183.000 ebrei rumeni, fino al tempo dell'occupazione sovietica.
Allora l'aiuto cessò, e la Croce Rossa si lamentò amaramente di non essere mai riuscita "a mandare qualcosa in Russia" (vol. II, pag. 62). Lo stesso destino toccò a molti campi di concentramento in Germania, dopo la "liberazione" da parte dei russi.
Gli sforzi effettuati dalla Croce Rossa per spedire degli aiuti agli internati rimasti ad Auschwitz sotto i sovietici non ebbero successo.

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Uno degli aspetti più interessanti del "Rapporto della Croce Rossa", è che esso mette in chiaro le diverse cause dei decessi avvenuti nei campi di concentramento verso la fine della guerra. Il rapporto dice: "La situazione caotica in Germania, durante gli ultimi mesi di guerra, quando i campi di concentramento non ricevevano più rifornimento di viveri, provocò un numero sempre crescente di vittime.
Il governo tedesco, allarmato da questa situazione, informò infine la Croce Rossa, il 1 febbraio 1945... Nel marzo dello stesso anno, colloqui tra il presidente del "Comitato Internazionale della Croce Rossa" ed il Generale delle SS Kaltenbrunner diedero risultati concreti. Operazioni di soccorso poterono essere avviate immediatamente dal Comitato stesso, e fu permesso che in ogni campo di concentramento rimanesse un delegato della Croce Rossa." (vol. III, pag. 83).
Sicuramente le autorità tedesche facevano ogni sforzo possibile per migliorare la situazione. La Croce Rossa rivela anche che i rifornimenti di viveri dovettero essere interrotti a causa degli attacchi aerei degli alleati contro la rete dei trasporti tedeschi, e che, nell'interesse degli ebrei internati, protestò contro "la barbara guerra aerea degli alleati". Il 2 ottobre 1944 il Comitato della Croce Rossa Internazionale mise in guardia il Ministero degli Esteri tedesco contro l'imminente crollo del sistema dei trasporti tedesco e dichiarò che una carestia si sarebbe resa inevitabile per tutta la popolazione della Germania.
Se si esamina questo ampio rapporto, in 3 volumi, si constata che manca completamente qualsiasi prova che esistesse, nei campi
concentramento dell'Europa occupata dalle Potenze dell'Asse, una politica di sterminio.

In nessuna delle 1600 pagine del rapporto si trova un accenno alle camere a gas. Si ammette che ebrei, come anche prigionieri di altre nazionalità, soffrirono privazioni e furono trattati con rigore, ma il completo silenzio sull'argomento di un genocidio programmato è una confutazione della menzogna dei "sei milioni".
Alla Croce Rossa, come pure ai rappresentanti del Vaticano, con i quali essa collaborò, non fu possibile unirsi al coro di accuse al genocidio come è oggi di moda.
Non basta: si sente dire da più parti che le esecuzioni di massa avevano luogo in camere a gas camuffate da docce. Il rapporto fa ampia giustizia di queste accuse: "Vennero ispezionate dai delegati non solo i lavatoi, ma anche i bagni e le docce. Spesso si interveniva per migliorare le installazioni, ripararle o ingrandirle"(vol. III, pag. 594).
Il terzo volume del Rapporto (terzo capitolo) tratta "degli aiuti che vennero dati alla parte ebraica dalla popolazione civile".
Ciò significa chiaramente che una notevole parte della popolazione ebraica europea continuò, seppur con limitazioni, a far parte della popolazione civile.
Un esempio è dato dalla Slovacchia, dove era responsabile l'assistente di Eichmann, Dieter Wisliceny, dove gran parte della minoranza ebraica aveva il permesso di rimanere nel paese. Gli ebrei in Slovacchia vissero tranquillamente fino all'agosto del 1944, quando scoppiò la rivolta contro le truppe tedesche.

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Bisogna ammettere anche che la legge del 15 maggio 1942 aveva determinato l'internamento di migliaia di ebrei, ma furono tenuti in campi di concentramento dove le condizioni di vita erano abbastanza buone e dove era loro permesso di lavorare dietro compenso.
Dal Rapporto si evince infine che non solo gran parte dei tre milioni di ebrei viventi in Europa ha potuto evitare l'internamento, ma anche che l'emigrazione ebraica continuò per tutta la durata della guerra attraverso la Romania, l'Ungheria e la Turchia.
Infatti viene riferito: "Fino al marzo del 1945 gli ebrei potevano lasciare l'Ungheria, se erano in possesso di un visto per la Palestina" (vol.I, pag. 648).

LA "SOLUZIONE FINALE"

Non esiste un solo documento che permetta di provare in maniera inconfutabile che i Tedeschi progettassero o pensassero di attuare il presunto sterminio degli ebrei. Lo sterminazionista Leon Poliakov è costretto a scrivere che "le tre o quattro persone, che erano principalmente coinvolte nel piano della eliminazione totale, sono morte,e che non si è conservato alcun documento in proposito" (20).
Questa situazione offre notevoli vantaggi; naturalmente sia il progetto sia le "tre o quattro persone" sono affermazioni nebulose, che non è possibile provare.
I documenti di cui disponiamo non fanno mai riferimento a eliminazioni, e pertanto autori come Reitlinger e Poliakov ricorrono
sempre alla comoda giustificazione che tali ordini venivano impartiti "a voce".
Mancando prove documentate, si congettura che il progetto di sterminare gli ebrei sia nato nel 1941, contemporaneamente all'attacco alla Russia: la prima fase sarebbe stata l'eliminazione degli ebrei sovietici.
Il resto del piano, così viene supposto, dovrebbe aver avuto inizio nel marzo del 1942, con la deportazione degli ebrei orientali nei lager del Governatorato Generale di Polonia, quali i giganteschi insediamenti industriali di Auschwitz.
Poliakov e Reitlinger almanaccano di "ordini orali" impartiti in incontri segreti tra Hitler e Himmler, aggiungendo che nessuno doveva essere presente a questi colloqui e che non fu redatto alcuno scritto.
È superfluo ricordare ancora una volta che non esiste neanche il più piccolo indizio che simili insoliti incontri siano avvenuti.
William Shirer, nel suo libro "Ascesa e caduta del Terzo Reich",(opera nell'insieme stravagante e poco seria), di eventuali prove
documentate non fa parola. Dichiara soltanto (e forse senza neanche tanta convinzione), che il supposto ordine di eliminare gli ebrei "non fu

20 Das Dritte Reich un die Juden (Berlino 1955).

LE RAGIONI DEL REVISIONISMO STORICO

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mai posto per iscritto da Hitler, in quanto non ne venne trovata copia alcuna. Esso fu verosimilmente trasmesso a voce a Göring, Himmler e Heydrich, che a loro volta provvidero a inoltrarlo..." (pag. 1148).
I particolari tecnici dell'eliminazione degli ebrei sarebbero stati fissati in una conferenza al Gross-Wannsee (Berlino), il 20 gennaio 1942. A tale conferenza, presieduta da Heydrich, sarebbero stati presenti funzionari di tutti i ministeri tedeschi.
Reitlinger e Poliakov considerarono il processo verbale di questa conferenza come la loro carta vincente, in quanto esso dimostrerebbe l'esistenza di un piano di sterminio. Ma la verità è che un tale piano di sterminio non viene menzionato in nessun punto del processo verbale.
Heydrich disse solo di aver ricevuto da Göring l'incarico di regolare la soluzione della questione ebraica.
Dopo aver constatato che gli sviluppi bellici avevano reso irrealizzabile la progettata emigrazione ebraica in Madagascar (21),
proseguì: "Il programma che prevedeva l'emigrazione è stato ora sostituito da un'altra possibile soluzione: l'evacuazione degli ebrei nei territori dell'Est in conformità con l'autorizzazione precedente del Führer".
Qui, aggiunse, deve essere impiegata la loro mano d'opera.
Ora si pretende di dare a questa dichiarazione un senso oscuro e sinistro, e far nascere il sospetto che gli ebrei dovessero essere portati in Oriente per esservi sterminati.
Il professor Paul Rassinier, un francese deportato a Buchenwald,afferma che "il processo verbale vuol dire solo ciò che in esso è scritto, ossia il concentramento degli ebrei per utilizzare questa mano d'opera nei ghetti orientali del Governatorato Generale di Polonia. Lì avrebbero dovuto aspettare la fine della guerra e la ripresa dei colloqui internazionali che avrebbero deciso del loro futuro."
Ciò nonostante, molti autori continuano a insistere che Heydrich avrebbe usato l'espressione "impiego della mano d'opera nei territori dell'Est" per indicare un riferimento all'eliminazione fisica, ma non ci spiegano perché non dovremmo credere che "impiego di mano d'opera" significhi realmente "impiego di mano d'opera".
La completa mancanza di prove documentate che comprovino l'esistenza di un piano di sterminio ha favorito l'abitudine di stravolgere il significato di documenti che ci sono giunti. Per esempio, un documento che parla di "evacuazione" non riguarda l'"evacuazione", ma, sarebbe un modo artificioso per intendere lo sterminio.
In questo modo, come abbiamo potuto vedere, le parole non vengono più intese per quello che significano.
I Tedeschi, quando si trattava di stendere un rapporto erano meticolosissimi al punto che tenevano conto fin dei più piccoli particolari;ma tra tutte le migliaia di carte e documenti delle SS, della Gestapo, gli atti del "Reichssicherheitsshauptamt", gli atti del Quartier Generale di Himmler e gli ordini personali di Hitler, non si è trovato un solo ordine riguardante lo sterminio degli ebrei o di chi per essi.

21 La sconfitta della Francia fece sì che prendesse corpo la prospettiva di evacuazione di tutti gli ebrei europei nell'isola
di Madagascar, allora colonia francese. Tale progetto fu abbandonato ufficialmente il 10 febbraio 1942.

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Del pari infruttuosi sono stati i tentativi di trovare "velate allusioni" al genocidio in discorso come quello che Himmler tenne a Posen nel 1943 ai suoi SS-Obergruppenführer (Generali delle SS).
Anzi, il 20 gennaio 1943 l'SS-Brigadeführer Glücks provvide a trasmettere ai comandanti dei campi di concentramento un ordine dello stesso Himmler del 28 dicembre 1942, concernente l'abbassamento con ogni mezzo della mortalità dei campi, ritenendoli "personalmente responsabili dell'esaurimento di ogni possibilità di conservare la forza fisica dei detenuti".
Conclusione: non esiste nessuna prova... ma, come sempre, solo illazioni.

I PROCESSI

Non essendoci prove dell'Olocausto (niente cadaveri, niente documenti, niente armi del crimine), i tribunali che dopo la guerra
furono incaricati dai vincitori (e successivamente dai governi tedeschi) di scovare le prove del genocidio, si trovarono di fronte alla contraddizione di dover giudicare di un presunto crimine perpetrato su milioni di persone senza che del delitto ci fosse la benché minima traccia.
Questo è stato lo scopo di Norimberga: quello di configurare una strage che sarebbe stata di dimensioni uniche nella storia e di attribuirla in qualsiasi modo ai tedeschi.
Certo, gli alleati non hanno di certo indietreggiato, nell'occasione,dinanzi alle torture fisiche (il caso Höss parla chiaro, e i casi simili non si contano), ma in genere hanno usato una tattica più sottile.
Il ragionamento era pressapoco questo: dato che l'Olocausto era un fatto stabilito, allora gli accusatori possono dare prova di una grande disinvoltura quanto alla colpevolezza individuale di tale o talaltro accusato.
È stato così possibile, per molti nazisti di secondo piano, riversare qualsiasi colpa su superiori morti o scomparsi.
L'articolo 19 dello statuto del tribunale militare internazionale, sorto dall'accordo di Londra (firmato l'8 agosto 1945), e base del processo di Norimberga, prevedeva che: "Il tribunale non sarà tenuto alle regole tecniche relative all'amministrazione delle prove [...]". Ciò significa, in maniera molto chiara, che tale tribunale poteva ammettere qualsiasi "documento" giudicasse aver valore di prova, senza assicurarsi dell'autenticità dello stesso; forgiare a volontà corpi di reato e rigettare le prove a discarico, tutto ciò senza alcuna motivazione.
Inoltre l'articolo 21 dello statuto stabiliva che "Il tribunale non esigerà che sia presentata prova di fatti di pubblica notorietà, ma li darà per acquisiti [...]". Dato che era lo stesso tribunale a decidere cosa fosse "un fatto di pubblica notorietà", ne risulta che la

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colpevolezza degli accusati era stabilita per principio, in quanto l'Olocausto, secondo il suddetto tribunale era "un fatto di pubblica notorietà".
Solo chi ha potuto leggere i documenti di Norimberga può rendersi conto del carattere strampalato delle accuse fatte: basterà qui darne un esempio per tutte. Secondo le accuse sovietiche, i tedeschi hanno sterminato nel campo di concentramento di Sachsenhausen non meno di 840.000 prigionieri di guerra russi procedendo in questa maniera:
"Nel piccolo locale c'era un'apertura di circa 50 cm. I prigionieri di guerra si dovevano mettere con la testa all'altezza del buco ed un tiratore che si trovava dietro gli sparava. Ma questo dispositivo era in pratica insufficiente, poiché, spesso, il tiratore non colpiva il prigioniero. In capo a otto giorni si creò un nuovo dispositivo. Il prigioniero era piazzato, come prima, presso la parete; poi si faceva scendere lentamente una piastra di ferro sulla sua testa. Il prigioniero di guerra aveva l'impressione che si volesse misurare la sua altezza. C'era nella piastra di ferro un chiodo e affondava nella nuca del prigioniero. Questi crollava morto sul pavimento. La piastra di ferro era azionata per mezzo di una leva a pedale che si trovava in un angolo di questo locale." (Processo dei grandi criminali di guerra davanti al tribunale militare internazionale. Norimberga, 14 novembre 1945-1 ottobre 1946, volume VII, pagine 416-417).
Secondo l'accusa, i cadaveri di questi 840.000 prigionieri di guerra sarebbero poi stati carbonizzati in quattro crematori mobili montati sul rimorchio di un camion.
Ora, né l'ammazzatoio a pedale, né i crematori mobili in grado di incenerire 210.000 cadaveri in tempo record, né gli innumerevoli altri prodigi tecnici descritti a Norimberga sono stati presentati al tribunale come corpo del reato. L'assenza del cosiddetto "corpus delicti" è stata controbilanciata dalle dichiarazioni scritte di testimoni che deponevano sotto giuramento.
Purtroppo Norimberga non è stata l'unico caso: ancora oggi si indicono processi (condotti in maniera estremamente vergognosa) da
parte della stessa Repubblica Federale Tedesca (e non solo).
Il semplice fatto che una perizia sull'arma del crimine, cioè sulle camere a gas, non sia stata reclamata in alcuno di questi processi, mostra che essi non sono stati condotti secondo i principi di uno Stato di diritto.
Una tale perizia avrebbe rivelato l'impossibilità tecnica della gassazione di massa e la leggenda dell'Olocausto sarebbe crollata.
Le sole prove a carico erano e sono le testimonianze: gli ex deportati che incriminavano gli accusati per odio o per oro non avevano niente da temere. Nessun testimone è mai stato perseguito per falsa testimonianza in un processo a "criminali di guerra" tedeschi.
La discussione sui "crimini" verteva unicamente sulla colpa individuale dell'accusato. Se questi osava contestare l'esistenza delle
camere a gas e lo sterminio degli ebrei, si metteva in una situazione totalmente disperata e la sua "insistenza" lo esponeva a una pena particolarmente severa.
Gli accusati sceglievano quasi sempre, d'accordo con gli avvocati, la tattica di non contestare l'esistenza delle camere a gas. Essi negavano solo la loro personale partecipazione alle gassazioni, oppure, quando le

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testimonianze erano particolarmente pervicaci, sostenevano di aver agito dietro ordini superiori.
Coloro che accettavano di cooperare potevano sperare in pene particolarmente lievi: questo rende conto del fatto che non si voleva
giudicare un crimine (ripetiamo, presunto), ma si volevano indire una serie di processi a scopo politico.
Al processo di Belzec, nel 1965, l'unico accusato, Josef Oberhauser, è stato ritenuto responsabile di aver partecipato all'eliminazione di 300.000 persone, ma se ne è uscito con una pena di 4 anni e 6 mesi di reclusione.
Motivo di questa clemenza: al momento del dibattito Oberhauser ha rifiutato qualsiasi dichiarazione. Il significato di ciò è chiaro: l'imputato non contestava l'accusa, quindi la giustizia della Repubblica Federale Tedesca poteva affermare ancora una volta che i colpevoli non avevano mai negato i massacri.
Al processo per Auschwitz, a Francoforte, l'accusato Robert Mulka,giudicato colpevole di gravi crudeltà, è stato condannato a 14 anni di prigione, pena criticata perché giudicata troppo moderata.
Quattro mesi più tardi veniva liberato per "ragioni di salute": aveva ammesso l'esistenza delle camere a gas.
Coloro che hanno agito diversamente non hanno avuto scampo. Kurt Franz, imputato al processo di Treblinka, è stato in prigione dal 1959 al 1993 perché non ha cessato di contestare l'immagine di Treblinka come campo di sterminio. Il suo co-accusato, Suchomel, secondo il quale gli ebrei entravano nelle camere a gas nudi e in buon ordine, non ha
scontato che quattro anni.
Un giudice che mettesse in dubbio l'Olocausto o le camere a gas si esporrebbe alla rovina irrimediabile della propria carriera. Anche gli avvocati difensori non hanno mai messo in dubbio l'esistenza delle camere a gas, ma solamente la partecipazione al crimine dei loro clienti.
È in questo modo che hanno fatto e fanno tutt'ora giustizia in Germania e negli altri paesi satelliti degli Stati Uniti.

PERCHÉ SEI MILIONI

Possiamo anche chiederci, a questo punto, da dove è uscita la leggenda dei mitici "6 milioni". Possiamo dire con estrema sicurezza che tale numero è stato inventato molto prima dell'ascesa al potere del nazismo.

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Infatti, nel Congresso Sionista del 1911 (quindi ben 22 anni prima dell'ascesa al potere di Hitler) fu fatta una interessantissima
dichiarazione da parte di Max Nordau (22).
Egli si scagliò contro i rappresentanti ebreo-tedeschi, rei di essere contrari al ritorno in Israele del popolo ebraico, e di essersi vantati,quindi, del loro grado di integrazione in Germania.
Le sue "profetiche parole" furono esattamente le seguenti: "Questi governi così solleciti del diritto, così nobilmente e industriosamente attivi nel preparare la pace universale, stanno preparando la completa annichilazione di sei milioni di persone".
Vogliamo ricordare che il numero di sei milioni non può essere messo in dubbio senza rischio: in Francia il 14 luglio 1990 è stata approvata una legge (legge Fabius-Gayssot), che infligge una pesante pena a chiunque metta in dubbio il numero di sei milioni.
La legge corrispettiva, qui in Italia, è la legge Mancino.

CONCLUSIONE

Dopo aver trattato questi argomenti, ci sentiamo in obbligo di rispondere ad un'ultima domanda che potrebbe sorgere in coloro che
leggono: tutto ciò giova solo agli Alleati?
Certamente no:
1) Giova ai dirigenti tedeschi: nessun uomo di potere in Germania,partendo dai cancellieri che si sono avvicendati nel tempo, fino all'ultimo borgomastro, ha mai potuto o voluto mettere in dubbio la "verità suprema" dell'Olocausto.
Se i dirigenti tedeschi avessero messo in dubbio l'Olocausto o rinunciato ad istituire "processi ai criminali di guerra", la stampa
americana e mondiale, quasi tutta sotto controllo sionista, avrebbe reagito con un fuoco continuo di attacchi antitedeschi (basti ricordare le traversie a cui fu soggetto Kurt Waldheim, calunniato per anni dai sionisti per crimini di guerra puramente inventati).
L'intenzione della Repubblica Federale Tedesca è chiara: grazie a questi processi si ottengono due vantaggi tangibili.
Il primo è quello di dare ampia prova di ortodossia democratica al mondo e di apparire un alleato modello agli occhi degli Stati Uniti d'Israele. Il secondo, non meno importante del primo, di giustificare le storture del sistema liberal democratico, introdotto dai carri armati USA Facendo apparire il regime nazista come una criminale combriccola di bruti.

22 Max Nordau: Max Simon Südfeld, detto Max Nordau (Budapest 1849 - Parigi 1923). Medico e scrittore, di
formazione socialista, dopo il 1895 fu uno dei principali animatori del sionismo. Il suo ruolo crebbe d'importanza dopo la
morte di Theodor Herzl (Budapest 1860 - Edlach, presso Vienna, 1904).

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Sostanzialmente il governo coloniale tedesco vuole inviare una sorta di messaggio subliminale alle sue masse subalterne che suono più o meno così: "non lamentatevi della democrazia "made in USA" per lo spaccio in ogni angolo di strada, per la corruzione dilagante, per la depravazione dei costumi sessuali (che hanno ridotto le nascite al lumicino), per l'individualismo più sfrenato e per la perdita di ogni identità culturale...
Quando in Germania comandavano i tedeschi, le cose andavano ben peggio...".
Tutta la campagna antinazista è stata orchestrata in maniera perfetta, al fine di "educare" in particolar modo le giovani generazioni. A questo fine si fanno assistere ai processi masse di scolaretti, in maniera tale da cancellare in essi ogni traccia di spirito nazionale, di amor proprio e di devozione nei confronti del proprio popolo.

2) Giova per occultare gli orrendi crimini e le brigantesche imprese di Gran Bretagna, Stati Uniti, Francia, ed Unione Sovietica; crimini commessi sulla pelle dei tedeschi, degli italiani, e dei giapponesi. (Ad esempio il popolo tedesco avrebbe potuto chiedere per quale motivo Dresda, città che si sapeva essere priva di obbiettivi militari e piena solo di profughi, fu ridotta a un braciere, con 300.000 morti carbonizzati; perché più di un milione di tedeschi morirono nei campi di concentramento anglo-americani; perché milioni, milioni autentici, di tedeschi della Prussia, della Slesia, dei paesi baltici, sono scomparsi senza lasciare traccia).

3) Giova alla Polonia, che può consolidare definitivamente i suoi confini occidentali, la famosa linea Oder-Neiss, e perché può lucrare su Auschwitz e sugli altri campi, trasformati in varie Gardaland dell'orrore a uso e consumo di curiosi turisti in vena di emozioni forti.

5) In ultimo, ma non per ultimo, giova allo stato-pirata di israele,che può così occupare una terra sulla quale non può vantare nessun diritto, e nella quale può perpetrare qualsiasi crimine; in quanto le vittime delle vittime... sono sempre un po' meno vittime... terra strappata ai legittimi abitanti con la forza delle armi pagate con le decine di miliardi di marchi ottenuti a titolo di riparazione dalla Germania (23).

Il Grande Olocausto rappresenta una delle più importanti colonne su cui poggia la potenza di quell'immenso impero ebraico-statunitense chiamato Occidente.
È stato qui dimostrato che tale colonna, dall'apparenza così gagliarda, è in realtà estremamente fragile ed inconsistente.
Basterà farla crollare e si può esser sicuri che l'impero degli Stati Uniti d'israele entrerà in crisi, quantomeno in crisi di legittimità.
Siamo consci del fatto che l'impresa è tutt'altro che facile. I revisionisti non possiedono certo i mezzi di cui dispone la propaganda:

23 Ricordiamo che, secondolo Spiegel (n° 18/1982), la Repubblica Federale Tedesca ha pagato, dal 1952 a oggi,
85,4 miliardi di marchi a Israele; ovvero, in lire, circa 88mila miliardi di lire.
L'ebreo Nahum Goldmann, nella sua autobiografia Das jüdische paradox, scrive: "Senza le riparazioni tedesche, che
sono cominciate a giungere nel corso dei primi dieci anni di esistenza dello stato, Israele non avrebbe che la metà delle
sue infrastrutture attuali: tutti i treni in Israele sono tedeschi, le navi sono tedesche, così come l'elettricità, una gran
parte dell'industria [...], per non parlare delle pensioni versate ai sopravvissuti."

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non abbiamo studi cinematografici (24), non abbiamo televisioni, non abbiamo radio... ci si sente, scusate la retorica, come un granello di sabbia.
Ma siamo sicuri che l'ingranaggio della menzogna non può continuare a girare all'infinito e che anche un granellino di sabbia, per
quanto piccolo, può bloccare il meccanismo più gigantesco.

24 Negli Stati Uniti quasi tutte le case cinematografiche appartengono ad ebrei, si veda al riguardo l'interessante testo
di Gianantonio Valli Dietro il Sogno Americano - Il Ruolo dell'Ebraismo nella Cinematografia Statunitense. Edito dalla
"Casa Editrice Barbarossa" - Milano.

ALLEGATI

(cliccare sulle foto per ingrandirle)

Allegato 1

 
Allegato 1

ALLEGATO 1
Tabella riportante i dati rilevati nelle analisi dei campioni di mattoni e intonachi prelevati in Auchwitz e Birkenau. Fonte: Leuchter, "Rapporto Leuchter". Edizioni all'insegna del Veltro, Parma, 1993.

 

Allegato 2

 
Allegato 2

ALLEGATO 2
Rappresentazione grafica delle analisi dei campioni di mattoni e intonachi prelevati in Auschwitz e Birkenau.
Fonte: Leuchter, "Rapporto Leuchter". Edizioni all'insegna del Veltro, Parma, 1993

 

Allegato 3

 
 
Allegato 3

ALLEGATO 3
KL Auschwitz 1
A. Casa del comandante del campo
B. Garitta principale
C. Comando del campo
D. Amministrazione del campo
E. Ospedale delle SS
F. Sezione politica G. Ufficio accettazione del campo (Aufnahmegebude)
H. Cancello d'entrata con la scritta "Arbeit Macht Frei"
I. Cucina del campo
KI. "Camera a gas" e Crematorio 1
L. Depositi e officine
M. Magazzino degli oggetti ritirati ai "trucidati"
N. Cava di ghiaia - Zona delle esecuzioni
O. Zona dove suonava l'orchestra del campo
P. Lavanderia delle SS
R. Garitta del Blockfhrer
S. Muro delle esecuzioni
1 - 28. Blocchi d'abitazione dei prigionieri
Fonte: Mattogno, "Auschwitz: le 'confessioni' di Hss". Ed. La Sfinge, Parma, 1987

Allegato 4

 

 
Allegato 4

ALLEGATO 4
Dal raffronto tra le porte delle presunte camere a gas di Auschwitz e quella di una camera a gas per eseguzioni capitali in USA si pu ben comprendere quale sia la seriet degli storici sterminazionisti.

BIBLIOGRAFIA REVISIONISTA
AAVV, "Revisionismo III". Articoli su Avanguardia n° 91, 1993.
AAVV, "Pluralismo e revisionismo". Articoli su L'Uomo libero n° 4 1 ,1996.
Christophersen T., La menzogna di Auschwitz. Edizioni La Sfinge, 1984.
Faurisson R., "Le camere a gas non sono mai esistite". Articolo su Storia Illustrata n° 261, 1979.
Felderer D., Il diario di Anna Frank: una frode. Edizioni la Sfinge, 1990.
Guillaume P., Jean-Claude Pressac, preteso demolitore del revisionismo olocaustico. Edizioni Graphos, 1996.
Harwood R., Auschwitz o della soluzione finale. Storia di una leggenda.Edizioni Le Rune, 1978.
Leuchter F. A., Rapporto Leuchter. Edizioni all'Insegna del Veltro, 1993.
Mattogno C., La Risiera di San Sabba: un falso grossolano. Edizioni Sentinella d'Italia, 1985.
Mattogno C., Auschwitz: due false testimonianze. Edizioni La Sfinge, 1986.
Mattogno C., Wellers e i 'gasati' di Auschwitz. Edizioni La Sfinge, 1987.
Mattogno C., Auschwitz: le 'confessioni' di Höss. Edizioni La Sfinge, 1987.
Mattogno C., 'Medico ad Auschwitz': anatomia di un falso. Edizioni La Sfinge, 1988.
Mattogno C., Come si falsifica la storia. Saul Friedländer e il 'rapporto' Gerstein. Edizioni La Sfinge, 1988.
Mattogno C., La soluzione finale: problemi e polemiche. Edizioni di Ar,1991.
Mattogno C., Auschwitz: la prima gasazione. Edizioni di Ar, 1992.
Mattogno C., Auschwitz: fine di una leggenda. Edizioni di Ar, 1994.
Mattogno C., Intervista sull'Olocausto. Edizioni di Ar, 1995.
Rassinier P., La menzogna di Ulisse. Edizioni Le Rune, 1966 (nuova ediz.Graphos, 1996).
Saletta C., Per il revisionismo storico contro Vidal-Naquet. Edizioni Graphos, 1993.
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Fonte: http://www.vho.org/aaargh/fran/livres5/ragioni.pdf


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Author(s): Olodogma
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Published: 2013-08-05
First posted on CODOH: Oct. 1, 2017, 3:52 p.m.
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