I “campi di sterminio” dell’” Azione Reinhardt”, "Dove andarono:la realtà del reinsediamento"... di Thomas Kues
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Pagg. 469-477 de I “campi di sterminio” dell’” Azione Reinhardt” analisi e confutazione delle “prove” fittizie, delle imposture degli errori argomentativi dei bloggers di “Holocaust Controversies” e critica storica, tecnica ed archeologica della storiografia olocaustica sui campi di Bełżec, Sobibór, Treblinka e Chełmno di Carlo Mattogno, Thomas Kues, Jürgen Graf
Prima edizione, 24 Novembre 2013
CAPITOLO 7
I – DOVE ANDARONO: LA REALTÀ DEL REINSEDIAMENTO (Thomas Kues)
1. Note su alcune “idiozie cospirative” supplementari
[1] Nel capitolo 4 dei nostri avversari, mirante a screditare l'ipotesi del reinsediamento, Jason Myers comincia discutendo ciò che che definisce l'«evoluzione atrocemente lenta dell'ipotesi revi- sionistica del “reinsediamento”». Tutte le implicazioni della sua “idiozia cospirativa”, che l'ipotesi del campo di transito sia nata non già da un processo analitico storiografico-scientifico – e tali pro- cessi sono sempre soggetti a errori e al perseguimento di falsi indizi – ma come risultato evidente di una cospirazione revisionistica mal coordinata, non richiede un commento accurato, specialmente se si considera che qui è in questione la validità dell'ipotesi del campo di transito, non già la sua genealogia. Tuttavia possiamo presentare qualche breve osservazione.
Myers considera Arthur Butz il primo revisionista che abbia sviluppato l'ipotesi – il che non dovrebbe sorprendere, perché il suo libro The Hoax of the Twentieth Century , apparso nel 1976, fu il primo ad esaminare criticamente la narrativa olocaustica ortodossa nella sua totalità – ma pre- tende che «l'argomento particolare del reinsediamento non sembra che sia stato bene accetto, a giudicare dalla sua omissione in altre opere revisionistiche nel corso degli anni Settanta e Ottanta » (p. 239). Nella fattispecie, Myers menziona The Dissolution of Eastern European Jewry di Walter Sanning (1983). Egli procede poi a imputare l'approvazione degli argomenti di Sanning da parte degli autori di questa confutazione al fatto che il libro di Sanning è citato come lo studio revisio- nistico «più completo» sul «problema delle perdite della popolazione ebraica» in una nota di Treblinka1589 ed è ricordato anche in Sobibór. Ciò che Myers omette di dire, è che la nota di Treblinka menziona The Dissolution accanto all'antologia olocaustica Dimension des Völkermords, curata da Wolfgang Benz e che «completo» non è sinonimo di «autorevole», ancor meno di «atten- dibile su tutti i punti». Per di più, il riferimento in Sobibór1590 riguarda un problema particolare, cioè le evacuazioni di Ebrei dalle parti occidentali dell'Unione Sovietica al tempo dell'invasione tedesca del 1941, non il problema complessivo delle perdite e delle deportazioni della popolazione ebraica.
[2] Myers distorce inoltre la presentazione di Graf di una serie di nuovi rapporti e dichiarazioni testimoniali (originariamente citati da Boisdefeu) in un articolo del 2000 1591 asserendo che «Graf chiama [i nuovi rapporti e dichiarazioni] “ugualmente” documenti tedeschi del tempo di guerra a sostegno della tesi del reinsediamento» (p. 242). In realtà, Graf ne sottolineò la differenza di valore dimostrativo scrivendo:
«Naturalmente si potrebbe obiettare che questi rapporti non sono documenti tedeschi del tempo di guerra e di conseguenza non sono decisivi. Comunque essi forniscono un sostegno supplementare alla tesi che anche Auschwitz funzionò come campo di transito».
In altri termini, i rapporti non sono prove documentarie decisive, ma offrono nondimeno un sostegno supplementare all'ipotesi del campo di transito.
1589 Treblinka. Extermination Camp or Transit Camp?, op. cit., p. 295, nota 916.
1590 Sobibór: Holocaust Propaganda and Reality, p. 357, nota 1063. Myers fornisce erroneamente il numero di pagina 58, ma ciò è probabilmente un errore di battitura, poiché il numero della nota è corretto.
1591 J. Graf, «What Happened to the Jews Who Were Deported to Auschwitz But Were Not Registered There? », in: The Journal of Historical Review, 19/4, 2000, in rete: www.ihr.org/jhr/v19/v19n4p-4_Graf.html.
2. Una “manciata” di nuovi rapporti vaghi?
[3] Myers comincia la sua effettiva discussione dell'ipotesi del campo di transito asserendo che i revisionisti si affidano a un numero limitato di nuovi rapporti vaghi e perciò privi di valore dimo- strativo:
«Una delle deficienze più vistose della loro ipotesi del reinsediamento è che MGK si affidano a una manciata di nuove fonti del periodo bellico che fanno riferimento a deportazioni all'Est, che il trio assume come parte di un programma di reinsediamento. Le effettive destinazioni dei deportati sono specificate molto di rado nei rapporti, un indizio di quanto fossero deboli le informazioni per le fonti di MGK (a causa della limitata quantità di informazioni disponibili) e quanto flebilmente tali articoli servano da prova» (p. 244).
La «manciata di nuove fonti del periodo bellico» presentata fino ad ora comprende circa una dozzina di giornali, riviste e bollettini di agenzia e una quantità di singole informazioni che supera le 60. Quanto alla pretesa che le «effettive destinazioni» dei deportati sono specificate «molto di rado», i circa 35 numeri dell' JTA Daily News Bulletin1592 che descrivono le deportazioni o la pre- senza di Ebrei deportati nei territori orientali occupati, menzionano le seguenti destinazioni:
Pinsk e il distretto di Rokitno (20/10/41, 23/10/41, 7/1/43), il fronte Taganrog-Kharkov (26/3/ 42), Kishinev (16/10/42), il distretto di Smolensk (22/10/42), Jassy (Iaşi) sulla via della Transnistria (1/11/42), (piani per deportatare Ebrei norvegesi in) Lithuania (6/11/42), Riga (20/11/42, 28/ 12/44), il distretto di Rovno in Ucraina occidentale (22/12/42), il distretto di Minsk (21/11/43, 23/11/43), Dvinsk (Daugavpils) (9/7/44), Kaunas (Kovno) (16/8/44, 20/8/44), Kretinga (22/8/44)/
In altri nuovi rapporti troviamo menzionati anche Vilnius (Vilna) ( Judisk Krönika, numero del maggio/giugno 1944, p. 68) e Ochakov/Oceacov in Transnistria (Contemporary Jewish Record, giu- gno 1943, p. 300). A quanto pare i giornalisti in questione (molti dei quali lavoravano per giornali e riviste ebraici) sbrigliarono selvaggiamente la loro immaginazione...
La presunta inattendibilità dei nuovi rapporti sarebbe anche dimostrata dal fatto che le stesse fonti informative
«cambiarono le loro conclusioni quando furono loro disponibili ulteriori informazioni. L'American Jewish Yearbook, una delle fonti principali che MGK citano e distorcono nelle loro opere, col passare del tempo si concentrò sempre di più sulla politica di sterminio nazista contro gli Ebrei. La Judisk Krönika allo stesso modo descrisse uccisioni naziste di Ebrei nel prosieguo della guerra me- diante fucilazione e anche gasazione, come Kues ammette (ma, naturalmente, non accetta)» (p.244).
Si potrebbe anche argomentare in modo diverso: Quando la sconfitta della Germania nella guer- ra si avvicinava sempre di più, le cautele e la copertura informativa del nemico divennero più rare e nella stampa occidentale fu dato in modo crescente maggior credito ai rapporti propagandistici come quelli pubblicati dalla resistenza polacco-ebraica e dai Sovietici. Per dare qualche esempio di «informazioni» che furono «disponibili» a una di queste pubblicazioni (oltre al falso “protocollo di Auschwitz”), il volume 46 (1944-1945) dell' American Jewish Year Book parlò (a p. 220) di bam- bini ebrei belgi che erano stati «gasati a Brasschaet, a nord di Anversa», asserì che la liquidazione del ghetto di Łódż era cominciata nel gennaio 1944 «col massacro di 20.000 Ebrei in un solo giorno» (p. 242) – sebbene la liquidazione del ghetto fosse cominciata solo un semestre dopo –, che i Sovietici avevano scoperto «migliaia di Ebrei [...] affogati nei pozzi petroliferi intorno alla città di Maikop» nel Caucaso (p. 246) nonché «i cadaveri di 30.000 Ebrei che erano stati affogati, dai na- zisti in fuga, in miniere di carbone allagate» nella città di Schachty, presso Rostov (p. 247). D'altra parte i mezzi di informazione occidentali, incluse le pubblicazioni ebraiche, ancora all'inizio del
1592 Cfr. T. Kues, «Evidence for the Presence of ‘Gassed’ Jews in the Occupied Eastern Territories, Part 3 », in: Incon- venient History, vol. 3, n. 4, in rete in: www.inconvenienthistory.com/archive/2011/volume_3/number_4/eviden-ce_ for_the_presence_of_gassed_jews_part_3.php.
1945, erano ancora incerti sulla sorte degli Ebrei deportati dall'Europa occidentale. Così nel nume- ro del maggio-giugno 1944, la Judisk Krönika riferì che «ora cominciano a filtrare alcune informa- zioni sulla sorte degli Ebrei deportati dall'Europa occidentale in Europa orientale» (corsivo mio), che 20.000 Ebrei dell'Europa occidentale si trovavano ancora a Vilnius e che migliaia di altri Ebrei «di Olanda, Belgio e Francia settentrioanle» erano stati fucilati presso Kaunas 1593. Una interessante notizia pubblicata nel giornale di Perth The West Australian il 27 maggio 1947 diceva che «la sorte di 35.000 Ebrei olandesi deportati dai Tedeschi dall'Olanda nel 1943 al campo di Sobibor, Polonia, non è ancora nota alle autorità olandesi. Solo 19 sono ritornati in Olanda e si teme che i restanti siano stati uccisi da coloro che li catturarono. Ciò è stato annunciato oggi dal Servizio informazioni olandese». Ciò implica che due anni dopo la fine della guerra le autorità olandesi non erano ancora giunte alla conclusione decisiva che questo gruppo di deportati era stato gasato al campo di Sobibór!
3. Osservazioni generali sulla presunta impossibilità del reinsediamento all'Est
[4] Jason Myers apre il suo paragrafo “Realtà nei territori sovietici occupati” con una discus- sione sulle «politiche di affamamento» pretesamente attuate nei territori orientali occupati da parte dei Tedeschi. Poiché questo problema è stato già discusso da Mattogno nel Capitolo 5 (punti 1-8), rinvio i lettori alla relativa trattazione.
Myers scrive poi che questi territori «erano anche il sito di ampi movimenti di popolazione» (p. 252), cioè dell'evacuazione verso ovest di milioni di civili russi evacuati a forza1594, di cui più di 650.000 dall'area del Gruppo di Armate Centro tra il 1942 e la primavera del 1943. Egli arguisce che un tale reinsediamento di Ebrei nei territori suddetti è impensabile, perché le evacuazioni di questi civili russi «crearono scompiglio nella burocrazia dell'occupazione, con il totale di evacuati che erano divisi tra varie amministrazioni regionali per il timore di sovraccaricare le località in termini di cibo, trasporto e altri problemi» e perché le «regioni che avevano accettato di malavo- glia alcune decine di migliaia di rifugiati (cioè il Reichskommissariat Ostland, il Generalkom- missariat Wessruthenien) avrebbero ovviamente dovuto fronteggiare un incubo logistico, se esse fossero servite da ulteriore destinazione per centinaia di migliaia di Ebrei» (pp. 252-253).
Non ci può essere dubbio sul fatto che questa evacuazione in massa di civili russi provocò numerosi problemi alle amministrazioni locali e comportò grande sofferenza umana. Per esempio, la Polizia di Sicurezza in Lituania riferì nell'agosto 1943 di treni pieni di famiglie russe che erano lasciati in scali ferroviari per giorni senza distribuzione di cibo1595. Il problema dell'argomento di Myers è che l'evacuazione su vasta scala di civili sovietici verso ovest non cominciò prima della fine 1942-inizio 1943, coll'inizio della ritirata tedesca1596.
In Lituania il primo trasporto noto di Russi evacuati non arrivò prima dell'inizio di maggio del 1943 (in un ex campo per prigionieri di guerra ad Alytus)1597. Fino alla metà di settembre del 1943, in Lituania erano presenti circa 20.500 evacuati russi1598.
Il rapporto Korherr, insieme al documento Höfle e ad altre prove, mostra tuttavia che, dei circa 1.800.000-1.900.000 Ebrei complessivi che giunsero nei territori orientali occupati, circa l'80% vi era già pervento entro la metà di dicembre del 1942 1599. Poiché, ovviamente, i Tedeschi non progettavano di perdere la battaglia di Stalingrado, questa evacuazione di civili, sollecitata dall'ini-
1593 Judisk Krönika, vol. 13, n. 5 (maggio-giugno 1944), p. 68.
1594 Circa 1.600.000 fino alla fine del 1943; cfr. Christoph Dieckmann, Deutsche Besatzungspolitik in Litauen 1941-1944, (2 volumi), Wallstein, Gottinga, 2011, p. 1383.
1595 Idem, p. 1384.
1596 Idem, p. 1381.
1597 Idem, p. 1382.
1598 Idem, p. 1384.
1599 Cfr. Sobibór: Holocaust Propaganda and Reality, op. cit., p. 349 ssg.
zio della guerra difensiva tedesca, difficilmente avrebbe costituito un intralcio di qualunque tipo al programma di reinsediamente ebraico concepito in precedenza.
[5] Il tentativo di confutazione di Myers continua così:
«I problemi di un vasto spostamento di popolazione si possono vedere anche nel rifiuto del piano di Hitler del luglio 1942 di evacuare l'intera popolazione della Crimea di alcune centinaia di migliaia [di persone] in Ucraina da parte dell'OKW (il comando militare tedesco). È interessante notare che, tra le ragioni di un tale rifiuto, non fu mai menzionata la spiegazione che “gli Ebrei stanno arrivando qui”» (p. 253).
Myers qui omette una parte importante del contesto: già nella conferenza delle nuove politiche del 16 luglio 1941 Hitler aveva deciso che la Crimea, che egli considerava come una futura Gibilterra tedesca, «doveva diventare una colonia puramente tedesca, dalla quale dovranno essere deportati tutti gli stranieri» e successivamente doveva diventare parte del Reich tedesco vero e proprio1600. Secondo i progetti iniziali, la nuova popolazione della penisola doveva essere costituita da circa 140.000 Volksdeutsche (tedeschi etnici) della Transnistria, ma in una fase successiva furono invece considerati Tedeschi del Sud Tirolo1601. All'inizio di dicembre del 1941 il Wirtschaftsstab Ost (l'organizzazione economica est) mandò in Crimea un ufficiale per individuare luoghi dove si potessero realizzare insediamenti con breve preavviso. La conclusione fu che l'intera penisola era adatta all'insediamento1602. Il 12 dicembre 1941 almeno il comando dell'11a Armata della Wehr- macht (AOK 11) fu informato della progettata evacuazione della Crimea1603. All'inizio di luglio del 1942, con la caduta di Sebastopoli nelle mani dei Tedeschi, Hitler vide la possibilità di mettere in atto il suo “piano di germanizzazione” e perciò ordinò l'evacuazione della penisola di Crimea. Il 3 luglio 1942 l' AOK 11 fu informato dell'ordine di evacuare «tutti i Russi, gli Armeni e altri bol- scevichi» dalla penisola1604. Alla fine Hitler dovette revocare quest'ordine di evacuazione, essendo stato messo di fronte al riconoscimento che la sua attuazione avrebbe provocato il collasso del- l'economia della Crimea, minacciando così il sostentamento dell' 11a Armata1605. In altre parole, dal luglio 1941 al luglio 1942 la Crimea fu la località di destinazione prevista di un programma di reinsediamento mirante alla germanizzazione della penisola e alla sua incorporazione finale nel Reich tedesco. Considerando questo retroscena, è estremamente improbabile che esistessero piani di reinsediamento per Ebrei nella penisola di Crimea prima della revoca dell'ordine. L'argomento di Myers è pertanto insulso.
[6] Myers vuole poi far credere ai suoi lettori che non esisteva alcuna necessità di manodopera ebraica nei territori orientali occupati:
«Non c'era neppure un bisogno di manodopera ebraica all'interno dei territori sovietici occupati, se MGK dovevano ammettere che furono deportati lavoratori ebrei. Nel 1942, sia l' Ucraina sia l' Ostland erano pieni di prigionieri di guerra sovietici, con totali varianti da un minimo di 617.000 a un massimo di 989.000. Infatti perfino alla metà del 1943 300.000 prigionieri sovietici e partigiani furono richiesti dal Gauleiter Sauckel per lavorare nelle miniere del Reich, mentre il Gauleiter Koch propose di trasferire 1,5 milioni di Hilfswilligen (aiutanti sovietici delle forze armate tede- sche) nel Reich a fini lavorativi. Oltre a tutto ciò che è stato esposto sopra, bisogna aggiungere i milioni di Ostarbeiter, lavoratori prelevati dai territori orientali occupati e mandati nel Reich » (p.253).
1600 L-221, memorandum del 16 luglio 1941 su una discussione di Hitler con Rosenberg, Lammers, Keitel e Göring. IMT, vol. XXXVIII, p. 87, 90.
1601 Manfred Oldenburg, Ideologie und militärisches Kalkül. Die Besatzungspolitik der Wehrmacht in der Sowjetunion 1942. Böhlau Verlag, Colonia, 2004, p. 126.
1602 Ibidem.
Difficilmente la storica olocaustica Wendy Lower concorderebbe con Myers, dato che scrive che gli ufficiali tedeschi nell'Ucraina occupata, pur attuando «una politica sanguinaria di terrore», «si lamentavano continuamente per la carenza di manodopera e di materiale» 1606. Christopher Browning cita una dichiarazione fatta dall'SS- und Polizeistandortführer di Brest-Litovsk, Friedrich Wilhelm Rohde, all'inizio di settembre del 1942:
«Per quanto la questione ebraica è risolta a Brest, prevedo un grave danno economico deri- vante dalla mancanza di manodopera».
Browning cita anche un rapporto mensile del comando degli armamenti in Volinia-Podolia risa- lente all'ottobre 1942 secondo il quale le «evacuazioni ebraiche su vasta scala in Volinia in conse- guenza delle quali ogni Ebreo fu rimosso da tutte le fabbriche» significavano che «le fabbriche giunsero ad un arresto completo per un periodo di tempo più o meno lungo, o la produzione diminuì ad una semplice frazione»1607. Christoph Dieckmann fornisce un esempio illuminante dei problemi di manodopera nella Lituania occupata. Nel marzo 1942, nel settore agricolo del paese, che si fondava sul lavoro manuale piuttosto che sulle macchine, erano impiegate 214.000 persone, di cui solo 5.400 (il 2,5%) erano prigionieri di guerra. Nell'estate del 1942 gli amministratori del Reichs- kommissariat Ostland (d'ora in avanti RK Ostland) stimarono la mancanza di manodopera in Lituania a 40.000 persone, di cui 20.000 nell'agricoltura. L'autoamministrazione lituana1608 da parte sua fornì una stima di 92.000 persone soltanto nel settore agricolo. Il numero dei non impiegati che potevano essere assegnati per riempire questa lacuna ammontavano solo a circa 16.000 1609.
Che cosa bisogna pensare dei prigionieri di guerra allora? Essi nei territori orientali occupati costituirono realmente una forza lavorativa tanto ampia da precludere la necessità di manodopera ebraica, come suppone Myers?
Il 14 dicembre 1941 il Reichsminister dei territori orientali occupati, Alfred Rosenberg, riferì che ogni giorno perivano circa 2.500 prigionieri di guerra solo nei campi situati in Ucraina e che non ne restavano molti1610. Il 28 febbraio Rosenberg mandò al comandante in capo della Wehr- macht, Generalfeldmarschall Wilhelm Keitel, una lettera relativa al maltrattamento di prigionieri di guerra sovietici nella quale si legge:
«La sorte dei prigionieri di guerra in Germania è al contrario una tragedia di grandissima ampiezza. Dei 3,6 milioni di prigionieri di guerra, solo alcune centinaia di migliaia sono ancora pienamente abili al lavoro. Una gran parte di essi è morta di fame o perita per i rigori del tempo. Migliaia sono stati vittime del tifo. Si comprende facilmente che l'alimentazione di simili masse di prigionieri di guerra incontrò difficoltà. Comunque, con una certa comprensione delle finalità perseguite dalla politica tedesca, si sarebbero potuti evitare morte e deperimento nelle dimensioni descritte. Ad esempio, secondo le informazioni disponibili, la popolazione locale nell'Unione Sovietica è assolutamente intenzionata a mettere cibo a disposizione dei prigionieri di guerra. Alcuni comandanti di campi com- prensivi hanno scelto con successo questa via. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, i comandanti dei campi hanno impedito alla popolazione locale di mettere cibo a disposizione dei prigionieri e li hanno piuttosto lasciati morire di fame» 1611.
Secondo Christian Streit, durante la seconda guerra mondiale caddero nelle mani dei Tedeschi
1606 Ray Brandon, Wendy Lower (a cura di), The Shoah in Ukraine. History, Testimony, Memorialization. Indiana Uni- versity Press/USHMM, Bloomington/Indianapolis, 2010, p. 226.
1607 Christopher Browning, «Evidence for the Implementation of the Final Solution : B. Escalation», in rete in: www. hdot.org/en/trial/defense/browning/420.
1608 Un governo fantoccio lituano creato dagli occupanti tedeschi.
1609 C. Dieckmann, Deutsche Besatzungspolitik in Litauen 1941-1944, op. cit., p. 666 sg.
1610 PS-1517. IMT vol XXVII, p. 272.
all'incirca 5,7 milioni di membri dell'Armata Rossa 1612. Perciò tra il 1° marzo e la fine della guerra furono catturati circa 2.100.000 soldati sovietici. Il comandante in capo della Wehrmacht, sezione Eserciti Stranieri Est [Fremde Heere Ost, un servizio informativo dell'OKW], fornì il numero di 3.837.730 soldati sovietici catturati fino al 31 maggio 1942, mentre un'altra fonte, risalente probabilmente al giugno 1942, diede la cifra di 3.760.2881613. All'inizio del 1942, tra alcuni dirigenti tedeschi, come Rosenberg, doveva serpeggiare il timore che le dure condizioni nei campi per prigio- nieri di guerra avrebbero col tempo portato all'estinzione della forza lavoro costituita dai militari sovietici prigionieri. Si stima che oltre il 60% dei prigionieri di guerra sovietici morirono di fame o per altre cause fino al febbraio 19421614. Sebbene in febbraio-marzo il tasso di mortalità nei campi per prigionieri di guerra orientali fosse diminuito a “soltanto” 80.000 al mese circa 1615, ciò cor- rispondeva ancora a circa un milione di decessi su scala annua. Alcuni prigionieri di guerra furono anche rilasciati – 280.108 nel 1941 (di cui 270.095 erano ucraini) 1616 – mentre altri – circa 456.000 durante il 19421617 – furono mandati in siti di lavoro più a ovest. In un telegramma del 5 dicembre 1941 il dipartimento del lavoro del RK Ostland spiegò al Ministro del Lavoro del Reich che nei campi del Reichskommissariat morivano ogni giorno 2.000 prigionieri di guerra1618. Dei 231.000 prigionieri di guerra originariamente internati nel RK Ostland, nel gennaio 1942 restavano in vita solo 162.990; in febbraio questo numero era sceso a 152.951, secondo un rapporto di Werner Mansfeld, capo del Geschäftsgruppe Arbeitseinsatz im Vierjahresplan (Gruppo di affari impiego lavorativo nel piano quadriennale) recentemente costituito, al segretario di Stato Körner datato 23 marzo 19421619. Durante lo stesso mese, i prigionieri di guerra che arrivarono nel Reichs- kommissariat Ostland e Ukraine dalle aree operative furono soltanto 26.4261620. Secondo Andrej Angrick, all'inizio del 1942 circa 50.000 prigionieri di guerra erano impiegati nell'Organization Todt, che sovrintendeva alla costruzione della Durchgangsstraße IV [strada di transito IV] nel- l'Ucraina meridionale, ma «nella primavera 1942 [...] i dirigenti della la DG IV avevano già “esaurito” questo gran numero di prigionieri di guerra al punto che avevano cominciato a ricorrere a civili», nonché a manodopera ebraica1621. La misura in cui i prigionieri di guerra che rimasero vivi erano resi inabili dalle malattie è mostrata ampiamente dallo studio di Dickmann sull'occupazione tedesca della Lituania. Nel campo per prigionieri di guerra di Kaunas, nell'ottobre 1941, solo circa il 10% dei detenuti furono dichiarati abili al lavoro 1622. Nel campo di Alytus la percentuale dei prigionieri di guerra impiegati nel lavoro durante la maggior parte dei mesi del 1942 variò dal 16% (nel febbraio 1942) al 50-60%1623. Nel campo per prigionieri di guerra di Vilnius la relativa percen- tuale per il 1942-1943 variò tra il 30 e il 50%1624. L'unico campo lituano in cui la percentuale dei
1612 C. Streit, Keine Kameraden: Die Wehrmacht und die Sowjetischen Kriegsgefangenen, 1941-1945. Dietz, Bonn,
1978, pp. 9-10, 128 sgg.
1613 C. Dieckmann, Deutsche Besatzungspolitik in Litauen 1941-1944, op. cit., p. 1339, nota 55.
1614 Cfr. Robert Anthony Pape, Bombing to Win: Air Power and Coercion in War, Cornell University Press, New York,1996, p. 304.
1615 C. Dieckmann, Deutsche Besatzungspolitik in Litauen 1941-1944, op. cit., p. 1340.
1616 Wendy Lower, Nazi Empire-Building and the Holocaust in Ukraine. University of North Carolina Press, 2005, p.65.
1617 C. Dieckmann, Deutsche Besatzungspolitik in Litauen 1941-1944, op. cit., p. 1339.
1618 Idem, p. 1341.
1619 Ibidem. Per la posizione di Mansfeld cfr. Thomas Schiller, NS-Propaganda für den “Arbeitseinsatz”. Lagerzei- tungen für Fremdarbeiter im Zweiten Weltkrieg: Entstehung, Funktion, Rezeption und Bibliographie. LIT Verlag, Am- burgo, 1997, p. 29.
1620 C. Dieckmann, Deutsche Besatzungspolitik in Litauen 1941-1944, op. cit., p. 1341.
1621 A. Angrick, «Annihilation and labor: Jews and Thoroughfare IV in Central Ukraine », in: R. Brandon, Wendy Lo- wer (a cura di), The Shoah in Ukraine, op. cit., pp. 201-202.
1622 C. Dieckmann, Deutsche Besatzungspolitik in Litauen 1941-1944, op. cit., p. 1345.
1623 Idem, p. 1349.
1624 Idem, p. 1356.
lavoratori raggiunse l'80% o più per lunghi periodi di tempo, a quanto sembra, fu quello situato a Šiauliai, dove molti dei prigionieri furono impiegati nell'agricoltura 1625.
All'inizio del 1942, una commissione inviata dal ministro Rosenberg riferì che, degli 80.000 prigionieri stimati in Ostland che non soffrivano di malattie epidemiche, solo 8.000 (il 10%) erano abili al lavoro, una situazione provocata dal «grave denutrimento»1626. Nel gennaio 1942 erano pre- senti in Lituania più di 66.000 prigionieri di guerra; il 1° febbraio 1942 soltanto 49.739, di cui 3.150 furono deportati nel Reich tra il marzo e il giugno dello stesso anno. Dei prigionieri di guerra che restavano in Lituania (il 1° gennaio 1943 essi erano 31.524) la percentuale impiegata nel lavoro fu del 60,3-63,8% nel periodo di gennaio-settembre 1942 e del 44-58,9% nel periodo di gennaio- ottobre 19431627. Il 1° aprile 1943 – all'incirca la stessa epoca in cui 19.000 Ebrei olandesi arrivaro- no in Lituania secondo il diario di Herman Kruk – in Lituania c'erano 31.790 prigionieri di guerra, di cui appena 14.888 o il 46,8% erano impiegati nel lavoro.
Queste statistiche mostrano che, dei 617.000-989.000 prigionieri di guerra sovietici presenti in Ucraina e in Ostland nel 1942 secondo i nostri avversari, si potevano prevedibilmente impiegare come manodopera solo circa il 40-65% (da 250.000 a 645.000), mentre la percentuale dei prigionie- ri effettivamente abili al lavoro era probabilmente molto più bassa. Per di più, come è stato rilevato dai nostri avversari stessi, i prigionieri giudicati abili al lavoro furono richiesti in gran numero per siti di lavoro all'interno del Reich.
Riassumendo, nella primavera del 1942, quando cominciarono le deportazioni ebraiche all' est su vasta scala, il numero di prigionieri di guerra disponibili per lavorare nei territori orientali occupati andava scemando ad un tasso allarmante e si sarebbe esaurito in meno di un anno se nei campi per prigionieri di guerra il tasso di mortalità fosse rimasto invariato. Sebbene negli anni 1942-1943 nei territori orientali occupati ci fossero ancora alcune centinaia di migliaia di prigionieri di guerra sovietici in conseguenza dell'afflusso di nuovi arrivati, la metà o più di essi erano inabili al lavoro a causa di malattia o denutrizione. Degli abili al lavoro, molti furono mandati a lavorare in Polonia, nel Reich e altrove. L'affermazione che la presenza di prigionieri di guerra sovietici avrebbe reso superflua la manodopera ebraica è perciò falsa. Al contrario, si può presumere che l'afflusso di Ebrei costituì una fonte per rimpiazzare la forza lavoro dei prigionieri di guerra che diminuiva. Quanto alla deportazione di milioni di Ostarbeiter nel Reich, ciò non dimostra un sovrappiù di manodopera nei territori orientali occupati (rendendo superflua la manodopera ebraica), ma soltanto una carenza di manodopera nel Reich (dovuta all'arruolamento della maggior parte degli uomini in età lavorativa).
[7] Myers fa una grande sceneggiata con una breve lettera inviata da Himmler a Gottlob Berger il 28 luglio 1942 pretendendo che le nostre «fantasie di reinsediamento» sono «direttamente confutate» (p. 253) dalla seguente dichiarazione in essa contenuta:
«I territori orientali occupati diventano liberi da Ebrei. Il Führer mi ha addossato l'esecu- zione di questo difficile ordine. Comunque nessuno mi può togliere la responsabilità. Perciò proibisco qualunque interferenza»1628.
Ora, questa dichiarazione di Himmler confuta davvero le nostre «fantasie»? La lettera di Him- mler a Berger è, in effetti, lungi dal rappresentare una prova inequivocabile di un programma di sterminio come vorrebbe farci credere Myers, ancor meno una confutazione dell'ipotesi del reinse- diamento. Quand'anche ci fosse stato il piano di sterminare tutti gli Ebrei dei territori orientali occupati, ciò non avrebbe impedito ai Tedeschi di deportarvi Ebrei dall'Ovest una volta che esso fosse stato compiuto, esattamente come la dichiarazione dell'Estonia come judenfrei alla fine del
1625 Idem, p. 1353.
1626 Idem, p. 1366.
1627 Idem,, p. 1367 sg.
1628 NO-626. NMT vol.XIV, p.1011. Cfr. Capitolo 6, punto 164. La traduzione ufficiale inglese, non troppo corretta, è stata postata in rete in: http://forum.axishistory.com/viewtopic.php?p=564358#p564358.
1941 non impedì ai Tedeschi di deportarvi migliaia di Ebrei a scopo lavorativo negli anni 1943-1944.
Si potrebbe argomentare che, siccome le deportazioni ebraiche nei territori orientali occcupati erano in corso dal novembre 1941, la dichiarazione di Himmler significherebbe necessariamente che questi ebrei non dovevano essere epurati. Il punto cruciale è però che Himmler, in questa lettera, parla di un processo che doveva ancora essere completato («diventano [= diventeranno] liberi da Ebrei»). Nel luglio 1942 la Germania aveva ancora la possibilità di vincere la guerra contro l'Unione Sovietica, perciò Himmler poteva credere molto seriamente alla fattibilità di un trasferi- mento degli Ebrei fuori dall'Europa. Si potrebbe forse sostenere che la deportazione degli Ebrei in una località controllata dai Tedeschi a est degli Urali li avrebbe ancora posti nel progetto (ampia- mente esteso) di territori orientali occupati 1629, ma, come mostrano i documenti dell'epoca (vedi Capitolo 5, punto 155), è probabile che allora fosse ancora considerato (sebbene ufficiosamente) che il Madagascar o un luogo simile servisse da destinazione finale per gli Ebrei dopo una vittoria tedesca, sicché essi sarebbero stati di fatto rimossi dai territori orientali occupati.
[8] Prima di discutere gli argomenti di Jonathan Harrison riguardo al Reichskommissariat Ost- land e Ukraine, bisogna sottolineare due cose importanti. Anzitutto, il trattamento della popolazione ebraica locale in questi territori in fin dei conti non ha un'influenza decisiva sulla possibilità di reinsediamento di Ebrei stranieri negli stessi territori. Se gli Ebrei dei territori orientali occupati fossero stati destinati allo sterminio, come afferma la storiografia olocaustica, ciò non avrebbe reso impossibile ai Tedeschi deportatre in questi territori Ebrei stranieri. Secondo una tale logica, sarebbe stato impossibile per i Tedeschi deportare gli Ebrei del Reich a Minsk e a Riga nel novembre 1941 o magari Ebrei del Reich, del Protettorato e della Slovacchia nel distretto di Lublino nel 1942.
Non c'è bisogno di dire che difficoltà o perfino miserabili condizioni relative ad alloggiamento, igiene, salute e nutrimento in particolari aree avrebbero posto gravi ostacoli al reinsediamento effettivo degli Ebrei. D'altra parte, da documenti come la corrispondenza tra Wilhem Kube e Heinrich Lohse in seguito all'arrivo non annunciato a Minsk di 1.000 Ebrei di Varsavia il 31 luglio 1942 (vedi sotto, punto 15), risulta chiaro che il reinsediamento era una priorità che superava le competenze delle amministrazioni locali su tali problemi, che il programma di deportazione doveva essere attuato in qualunque modo e che si lasciava alle autorità locali di occuparsi al meglio delle loro possibilità dei problemi risultanti dall'attuazione del programma di reinsediamento. Che le autorità responsabili fossero consapevoli che il reinsediamento degli Ebrei nelle condizioni allora dominanti avrebbe richiesto un considerevole quantitativo di vite, specialmente tra gli Ebrei occi- dentali che erano abituati alle comodità moderne ed erano ampiamente estranei al duro lavoro fisico, è dimostrato da una lettera scritta il 21 giugno 1942 da Walter Föhl 1630, che era il capo dipar- timento del Commissariato del Reich per il consolidamento del germanesimo a Cracovia. La lettera fu indirizzata a un membro ignoto delle SS. Una parte di essa diceva:
«Ogni giorno accogliamo treni di 1000 Ebrei ciascuno da tutta l'Europa e li curiamo qui, li alloggiamo più o meno provvisoriamente e per lo più li mandiamo oltre, nelle paludi della Rutenia Bianca in direzione del Mar Glaciale, dove – se sopravvivono (e certamente ciò non accadrà agli Ebrei di Kurfürstendamm o di Vienna o di Presburgo) – verso la fine della guerra vengono raccolti, non senza aver costruito alcune autostrade. (Ma di ciò non bisogna
1629 [Una tale obiezione è contraddetta dalla dichiarazione del Führer all'ambasciatore Abetz del 16 settembre 1941: «Gli Urali saranno il confine dietro il quale Stalin e i suoi accoliti potranno fare ciò che vorranno». Vedi Capitolo 5, punto 43. C.M.].
1630 Föhl fu processato nel 1962 insieme a Lothar Weirauch, Herbert Heinrich, Richard Türk e Fritz Reuter coll'accusa di aver organizzato ed effettuato deportazioni nel distretto di Lublino. Tutti gli accusati sostennero che avevano cre- duto che le deportazioni di Ebrei a Bełżec fossero reali azioni di reinsediamento e che se mai avevano appreso del presunto sterminio in massa solo più tardi. Bogdan Musial, Deutsche Zivilverwaltung und Judenverfolgung im Gene- ralgouvernement. Harrassowitz Verlag, Wiesbaden, 1999, pp. 368-369.
parlare)»1631.
Pur non mostrando intenti genocidi, come pretende Götz Aly1632, questa lettera – che è completa- mente in linea con le decisioni prese alla conferenza di Wannsee – riflette le intenzioni di utilizzare gli Ebrei deportati per il lavoro forzato senza riguardo a perdite umane causate dal processo o dalle condizioni generalmente dure che prevalevano nella regione di reinsediamento. La propensione tra i dirigenti nazionalsocialisti ad elaborare piani di reinsediamento su vasta scala senza alcuna pre- occupazione per i reinsediati o per i dettagli del reinsediamento stesso, lasciando alle autorità civili o militari la soluzione di tali problemi di attuazione, è chiaramente dimostrata dal piano abortito di deportatre la popolazione della Crimea menzionato sopra. L'ordine di evacuazione di Hitler fu trasmesso nel primo mattino del 3 luglio 1942 tramite la sezione amministrativa del Gruppo di Ar- mate Sud alla 11a Armata che stazionava in Crimea, alla quale fu data la responsabilità esclusiva di pianificare, organizzare e realizzare la deportazione di 700.000 persone. Incredibilmente, la 11 a Ar- mata doveva redigere il piano di questa espulsione in massa e stabilire la destinazione dei deportati in appena 6 ore1633. Secondo il piano firmato da Erich von Manstein, la popolazione urbana sarebbe stata trasportata in treno, mentre 2.000 persone della popolazione rurale sarebbero partite ogni giorno a piedi lungo le due strette lingue di terra che collegano la Crimea all'Ucraina, marciando per 20 km al giorno, con una sosta di un giorno ogni quattro. Il piano prevedeva un periodo di prepara- zione di 10 giorni (!) prima che cominciassero le deportazioni1634.
Per quanto riguarda il memorandum di Wetzel sul Generalplan Ost e l'affermazione che tutti «i piani di reinsediamento erano stati abbandonati prima dell'estate del 1942 » (p. 254), vedi il Capitolo 5, punto 125.
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Author(s): | Olodogma |
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Published: | 2013-12-16 |
First posted on CODOH: | Jan. 21, 2018, 12:26 p.m. |
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