Processo: dibattimento o alcuni atti di esso svolti a porte chiuse

Published: 2013-03-29

Il provvedimento del processo a porte chiuse adottato, il 28 Marzo 2013, a Roma, da un giudice ci porta a leggere ciò che regola tale procedura, precisamente il

Dispositivo dell'art. 472 Codice di Procedura Penale

 

1. Il giudice (1) dispone che il dibattimento o alcuni atti di esso (2) si svolgano a porte chiuse (3) quando la pubblicità può nuocere al buon costume ovvero, se vi è richiesta dell'autorità competente, quando la pubblicità può comportare la diffusione di notizie da mantenere segrete nell'interesse dello Stato (4). 2. Su richiesta dell'interessato, il giudice dispone che si proceda a porte chiuse all'assunzione di prove che possono causare pregiudizio alla riservatezza dei testimoni ovvero delle parti private in ordine a fatti che non costituiscono oggetto dell'imputazione. Quando l'interessato è assente o estraneo al processo, il giudice provvede di ufficio (5). 3. Il giudice dispone altresì che il dibattimento o alcuni atti di esso si svolgano a porte chiuse quando la pubblicità può nuocere alla pubblica igiene, quando avvengono da parte del pubblico manifestazioni che turbano il regolare svolgimento delle udienze ovvero quando è necessario salvaguardare la sicurezza di testimoni o di imputati (6). 3bis. Il dibattimento relativo ai delitti previsti dagli articoli 600 (7) 600bis, 600ter, 600quinquies, 601 (7), 602 (7), 609bis, 609ter, e 609octies, del Codice penale si svolge a porte aperte; tuttavia, la persona offesa può chiedere che si proceda a porte chiuse anche solo per una parte di esso. Si procede sempre a porte chiuse quando la parte offesa è minorenne. In tali procedimenti non sono ammesse domande sulla vita privata o sulla sessualità della persona offesa se non sono necessarie alla ricostruzione del fatto (8). 4. Il giudice può disporre che avvenga a porte chiuse l'esame dei minorenni (9).

Note

(1) Mentre l'allontanamento delle persone che non possono assistere all'udienza (art. 471) è fatto rientrare nei poteri di disciplina dell'udienza attribuiti al presidente del Collegio (anche quando, come nell'ipotesi del comma 5, si limita il numero delle persone ammesse ad assistervi), il provvedimento che dispone di procedersi a porte chiuse è atto del «giudice», e quindi del Collegio. La diversa competenza trova origine nella considerazione che mentre l'allontanamento o l'espulsione di qualcuno non contraddice in radice il principio della pubblicità del dibattimento, il processo a porte chiuse è l'esatto contrario. (2) La norma prevede che possa svolgersi a porte chiuse o l'intero dibattimento o qualche suo singolo atto. Applicazione di questo principio è quanto disposto dal comma 4. (3) Vedi art. 473. (4) La prima serie di motivi che impongono il rito non pubblico è costituita dal buon costume e dalla necessità di tutelare notizie che nell'interesse dello Stato debbano rimanere segrete. Va sottolineata la sostituzione del termine, tecnicamente più preciso, di «buon costume» a quello usato nel codice abrogato, «morale», di portata e valore semantico più generici. Quanto alla tutela del segreto di Stato, va detto che la sua operatività è condizionata a una richiesta, proveniente dall'Autorità competente, che va raccordata anche con il disposto dell'art. 202. Invero, l'opposizione del segreto di Stato può determinare anche l'improcedibilità, qualora il processo non possa essere deciso a causa di esso. Nei casi in cui non venga opposto (per cui il giudice può raccogliere la testimonianza del depositario di notizie riservate) si procederà a porte chiuse, se le circostanze sulle quali il teste è chiamato a deporre possano coinvolgere interessi statali coperti dal segreto. (5) Per la seconda serie di motivi che impongono la procedura a porte chiuse va notato anzitutto che la legge esige che vi sia una richiesta da parte dell'interessato (e nel caso che questi sia assente o estraneo al processo, dispone che sia il giudice a provvedere di ufficio). Non brilla certo per chiarezza il dettato normativo, perché non è di agevole comprensione in cosa possa consistere il «pregiudizio alla riservatezza dei testimoni ovvero delle altre parti private in ordine a fatti che non costituiscono oggetto dell'imputazione». Come viene osservato da parte della dottrina, «tali potrebbero essere le ragioni della presenza di un teste in un certo luogo o in compagnia di determinate persone (es.: con l'amante), ragioni a loro volta idonee a dar conoscenza di circostanze rilevanti per la valutazione di attendibilità della deposizione». (6) Ulteriori motivi prevede il comma 3, sintetizzandoli nel nocumento alla pubblica igiene; in manifestazioni del pubblico che turbano lo svolgimento del processo (quindi, non qualche persona, che verrebbe espulsa ex art. 471, ma una massa indistinta di persone); nel pericolo per la sicurezza di testimoni o imputati. La particolare natura di tali motivi induce il legislatore a prevedere (art. 473 2) che quando il processo si svolga a porte chiuse per queste ragioni, il giudice possa consentire la presenza dei giornalisti, al fine di garantire il diritto di cronaca. (7) I riferimenti agli artt. 600, 601, 602 sono stati inseriti ex art. 15, l. 11-8-2003, n. 228 (Misure contro la tratta di persone). Con il riferimento agli artt. 600, 601 e 602, si estende anche al dibattimento relativo ai delitti previsti da tali articoli, la possibilità che la persona offesa possa chiedere che si proceda a porte chiuse e la regola secondo cui si procede sempre a porte chiuse quando la parte offesa è minorenne. (8) Comma inserito dall'art. 15 della legge 15-2-1996, n. 66 (Norme contro la violenza sessuale) e così modificato dall'art. 13 della legge 3-8-1998, n. 269 (Norme contro la pedofilia). Quando l'oggetto della contestazione è costituito da siffatti reati, lesivi della sfera più intima e personale dell'individuo, il dibattimento si svolge a porte aperte, ma la persona offesa può chiedere che si proceda, in tutto o in parte, a porte chiuse. Qualora tuttavia, la persona offesa sia un minorenne, la regola, cui non sono ammesse deroghe, è quella del procedimento a porte chiuse. Ratio della disposizione in esame è, evidentemente, la tutela della riservatezza e della dignità personale della vittima del reato. (9) La norma, riformulata rispetto al progetto, consente al giudice, ogni volta che debba essere sentito un minore (non importa in quale veste), di adottare il rito non pubblico, limitatamente alla persona del minore. Non si tratta di un obbligo, ma solo di una facoltà, per altro esercitabile dal giudice ex officio. La deroga, in tal caso, tende ad adeguare il nostro ordinamento alla Convenzione europea per i diritti dell'uomo (art. 6 n. 1).

Fonte: http://www.brocardi.it/articoli/5725.html Chissà quale motivazione sarà stata addotta ?

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Author(s): Olodogma
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Published: 2013-03-29
First posted on CODOH: May 27, 2017, 4:43 p.m.
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